L’allarme Unhcr: “Con il taglio degli aiuti, 11,6 milioni di persone senza assistenza nel 2025”

Meno fondi uguale meno assistenza, che equivale a undici milioni e seicentomila persone che quest’anno rischiano di rimanere senza alcun tipo di aiuto e supporto. L’equazione la fa Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, ed è il risultato dei tagli verticali agli aiuti internazionali, a partire dalla cancellazione di Usaid e dei suoi programmi di finanziamento, sommati all’aumento dei rifugiati globali, spinti lontano da casa da conflitti e crisi climatiche, oggi arrivati a quota 122 milioni.

Nel 2025 deficit previsto di 8,1 miliardi di dollari

“Nonostante i generosi e tempestivi contributi di 2,5 miliardi di dollari entro giugno 2025, che coprono il 23% del fabbisogno globale dell’Unhcr, il deficit previsto di 8,1 miliardi di dollari a fronte di un budget di 10,6 miliardi di dollari – fanno sapere da Unhcr con un rapporto shock – rende la situazione ancora insostenibile”. Allo stato, l’agenzia prevede di raccogliere non più di 3,5 miliardi, “all’incirca lo stesso livello di dieci anni fa”.

Significa che mancheranno due terzi dei fondi necessari per coprire i progetti essenziali. E in un mondo in cui nuove guerre, emergenze umanitarie, sociali e ambientali si sommano a strutturali situazioni di difficoltà significa dover scegliere dove intervenire, come, quando, con che tempestività.

Tagli verticali in tutti i settori, crolla l’assistenza sanitaria

Significa tagli: il 50 per cento degli aiuti non alimentari e per rifugi e protezione, il 35 per cento dei programmi sanitari, il 34 per cento di quelli educativi, il 25 per cento dell’assistenza legale, il 23 per cento di quelli contro la violenza di genere e per il supporto delle vittime, il 7 per cento di quelli di rimpatrio volontario. “Parliamo di persone, non di numeri su una tabella”, sottolineano da Unhcr.

Al momento, non c’è area del globo che non sia interessata da tagli di budget e contrazione degli interventi, con l’inevitabile corollario di migliaia di persone rimaste senza assistenza. Al mondo, non c’è area di intervento che possa contare su un budget completamente coperto da finanziamenti e donazioni e più ci si allontana dall’Europa (34%) più lo scoperto sale (Medio Oriente e Nord Africa 20 %).

La mappa dei tagli è quella dei futuri esodi

Ma il disimpegno internazionale che ha lasciato l’agenzia con le casse vuote mentre si moltiplicano i focolai di crisi non è esente da conseguenze. L’istinto di sopravvivenza è più forte dei muri e la mappa dei tagli rischia di essere quella di future emergenze e nuovi esodi. A partire da Libano e Afghanistan, dove rispettivamente 433mila persone e 251mila persone rischiano di dover spostarsi nuovamente alla ricerca di supporto che lì non ricevono più.

Il bubbone Libano

Rifugio per decine di migliaia di siriani negli anni della guerra civile, poi dal regime, infine dalla guerra lampo che l’ha abbattuto, il Libano – da anni avvitato in una perdurante crisi economica e sociale, aggravata dalle devastazioni dovute all’attacco israeliano – è un bubbone pronto a esplodere.

Nel Paese si stima ci siano circa 1,4 milioni di rifugiati siriani, di cui almeno la metà registrati nelle liste Unhcr, e almeno 400mila palestinesi, ma l’agenzia ha già dovuto tagliare del 47 per cento i programmi di assistenza.

Solo negli ultimi mesi, più di centomila persone sono fuggite dalla nuova Siria di Al Sharaa ma mancano i fondi per “fornire a questi nuovi arrivati anche l’alloggio basico, protezione e beni di prima necessità”, come per supportare chi vuole tornare indietro, o le stesse istituzioni libanesi.

I progetti di supporto comunitario immaginati per promuovere la coesione sociale, sono stati interrotti “minando la fragile stabilità delle comunità ospitanti, mentre il Libano continua a fare i conti con gli effetti duraturi del recente conflitto”.

Allarme Afghanistan

Nell’Afghanistan dei talebani la situazione è ancora più complessa. L’emergenza sociale da decenni strutturale e aggravata dal ritorno degli islamisti al potere rischia di toccare nuove livelli mai raggiunti prima a causa del rimpatrio forzato di più di 1.5 milioni di afghani da Iran e Pakistan.

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Cifre approssimate per difetto e destinate a salire se è vero che Teheran ha già annunciato di volere fuori dai propri confini più di 4milioni di quelli che definisce o ha reso “irregolari”. E molti fra loro sono tecnicamente vulnerabili: minori e donne sole, condizione che in Afghanistan oggi non permette neanche di viaggiare e sta precipitando migliaia di persone in un limbo.

“Le attività di protezione – spiegano da Unhcr – sono state ridotte di oltre il 50%, indebolendo i programmi per l’emancipazione femminile, la salute mentale e la prevenzione e la risposta alla violenza di genere”. Un taglio che arriva proprio mentre le capacità di intervento si sono drasticamente contratte: nel 2025 l’agenzia riuscirà a raggiungere non più di 45.000 donne, meno della metà delle 108.000 del 2024. “Anche gli aiuti finanziari per i rifugiati rimpatriati sono stati tagliati, ora a soli 156 dollari per nucleo familiare e 40 dollari a persona per il trasporto, appena sufficienti per il cibo, per non parlare dell’affitto”.

Il risultato è una maggiore esposizione a piaghe endemiche nel Paese come matrimonio precoce, lavoro minorile e sfruttamento.

Le guerre dimenticate

Un quadro che promette nuovi esodi legali e illegali, come quelli che in silenzio maturano in quadranti dimenticati: Sud Sudan, Uganda, Ciad. “L’impegno di Unhcr rimane saldo. Abbiamo competenze, strutture e raggio d’azione consolidato per fornire protezione e assistenza dove ce n’è più bisogno. Ma senza un’ondata di solidarietà internazionale urgente e nuovi finanziamenti – avverte l’agenzia – decenni di successi potrebbero svanire”.

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