Lance da incursione, spari e abbordaggi. L’esercitazione israeliana per far paura alla Flotilla
Motovedette armate con mitragliatori. Lance veloci da incursione. Esercitazioni di tiro. Simulazioni di abbordaggi. Dopo aver annunciato per bocca del ministro Ben Gvir un trattamento da terroristi per gli equipaggi della Global Sumud Flotilla, il governo israeliano non ha più fatto alcun riferimento esplicito alla missione navale umanitaria che si prepara a fare rotta su Gaza. Ma un’esercitazione navale della Marina, del Gruppo d’assalto marittimo e delle truppe della Divisione Gaza, resa nota con tanto di video dall’Idf, sembra lanciare un messaggio molto preciso a chi vorrebbe raggiungere la Striscia per portare aiuti e aprire un canale umanitario permanente.
Abbordaggi, intercettazioni e mitragliatrici “per rafforzare la difesa”
Le manovre provate e riprovate per ore da navi e gommoni delle forze armate, si fa sapere con una nota ufficiale, serviranno a “rafforzare la difesa lungo la frontiera marittima”. Un’affermazione che fa storcere il naso ai giuristi internazionali, che da anni bollano come illegittimo il blocco navale imposto alla Striscia, mentre le immagini diffuse destano preoccupazione. Negli scenari previsti e testati nei giorni scorsi non si esclude l’uso di armi da fuoco, anche a lunga gittata.
Azione congiunta a terra e a mare
“Sono stati testati vari scenari di combattimento, nonché procedure di emergenza nei diversi posti di comando, al fine di mantenere e migliorare la prontezza delle truppe e la cooperazione tra unità navali e terrestri in tempo reale”, si legge nella nota ufficiale.
La Flotilla: “Non ci fermeranno”
“Minacce prive di fondamento giuridico, non ci fermeranno”, dicono dal ponte delle barche in navigazione verso la Striscia e da quelle che in porto attendono di unirsi alla spedizione. “Non siamo noi i criminali, lo è – sottolineano – chi affama e nega sistematicamente i diritti di base ai palestinesi”. Quella della Global Sumud Flotilla, rimane “un’iniziativa pacifica e non violenta”, commenta uno dei portavoce, Thiago Avila, che per tutta la flotta continua a chiedere “protezione diplomatica fattiva”.
Solo il premier spagnolo Sanchez ha garantito protezione diplomatica
Al momento, a garantirla sarebbe stata solo il governo spagnolo di Pedro Sanchez, che oggi contro Israele ha annunciato misure e sanzioni, mentre per l’Italia la premier Meloni, rispondendo a una formale richiesta arrivata per lettera dalla segretaria dem Elly Schlein, ha fatto sapere che agli italiani a bordo verrà fornita “assistenza consolare, come sempre in questi casi”. Nulla di più sembra aver intenzione di fare la Commissione europea, che pur definendo “non giustificabili” gli attacchi “contro tali flottiglie, come attacchi con droni, eccetera”, ha sostanzialmente preso le distanze dall’iniziativa.
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Gelo da Bruxelles
“Non incoraggiamo flottiglie come questa, perché – ha detto una portavoce durante il briefing giornalieri – fondamentalmente possono aggravare la situazione e mettono anche a rischio i loro partecipanti”. Per l’esecutivo Ue, “il modo migliore per fornire aiuti umanitari è tramite i nostri partner” e a Bruxelles si lavora a “persuadere le autorità israeliane a non imporre ostacoli e a non imporre problemi logistici o di registrazione ai nostri partner umanitari. Cerchiamo di aumentare il numero di camion che entrano a Gaza e fermare la sofferenza delle persone”.
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La delegazione spagnola arrivata a Tunisi
Ma nessuno fra chi è in porto o in navigazione si è fatto scoraggiare, soprattutto adesso che la flotta si va componendo e anche la partenza della delegazione italiana si avvicina. Dopo una serie di ritardi per guasti imprevisti e maltempo, le barche spagnole sono arrivate a Tunisi. Accolte da una gigantesca manifestazione, ieri attorno alle 16.30 hanno attraccato al molo di Sidi Bou Said, piccolo comune dell’hinterland. A scortarle in porto, le motovedette della Garde Nationale tunisina, per l’occasione ornate di bandiere palestinesi. Lo scalo tecnico non dovrebbe superare le 48 ore, dopo la flotilla, cui si uniranno circa 130 attivisti tunisini a bordo di 7- 8 barche, si muoverà verso il Mediterraneo centrale, dove a raggiungerla saranno anche le vele italiane, ferme in Sicilia in attesa delle altre delegazioni. “Soprattutto alla luce delle minacce ricevute – dice uno degli skipper che in Sicilia attende di partire- è estremamente importante muoversi insieme”. E non bisognerà attendere molto perché succeda.
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