Trump annuncia il taglio alle sovvenzioni di Harvard
Nella crociata del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, contro le università americane – che accusa di diffondere l’antisemitismo e l’ideologia woke – nessuna istituzione ha opposto più resistenza di Harvard. L’ateneo ha rifiutato di piegarsi alle condizioni imposte dalla Casa Bianca per mantenere i 2,2 miliardi di dollari in finanziamenti federali, arrivando persino a citare in giudizio il governo. Di fronte a questo rifiuto, l’amministrazione Trump ha cambiato strategia, alzando la posta: per riportare Harvard al tavolo delle trattative ha tagliato le sovvenzioni federali.
Trump annuncia il taglio alle sovvenzioni di Harvard
Il podcast di Stefano Massini
“Questa lettera è per informarvi che Harvard non deve più chiedere SOVVENZIONI al governo federale, perché non ne riceverà nessuna”, si legge nel documento indirizzato al rettore dell’università, Alan M. Garber, dalla segretaria all’Istruzione Linda McMahon. Una lettera di tre pagine, in cui diverse parole sono scritte in lettere maiuscole, pubblicata su X da McMahon in cui viene criticata la “gestione disastrosa” dell’ateneo che ha “messo in ridicolo il sistema di istruzione superiore di questo Paese”.
Dear @Harvard: pic.twitter.com/XmMimXfkX0— Secretary Linda McMahon (@EDSecMcMahon) May 5, 2025
In realtà, la prestigiosa e storica università americana ha dato l’esempio alle altre istruzioni superiori del Paese opponendosi alle ritorsioni annunciate da Trump verso chi “ha favorito nei campus le proteste pro Hamas e l’antisemitismo”. Il rettore Gaber ha annunciato lo scorso mese che avrebbe fatto causa all’amministrazione Trump dopo il congelamento di 2,2 miliardi di dollari di finanziamenti, le indagini sulle attività dell’ateneo, le minacce agli studenti internazionali e la possibile revoca dello status di esenzione fiscale.
“Le richieste radicali e invasive del governo imporrebbero un controllo inappropriato e senza precedenti sull’università”, aveva scritto Garber e i tagli ai finanziamenti del governo avrebbero avuto “conseguenze concrete per pazienti, studenti, docenti, personale e ricercatori”, ponendo fine a ricerche mediche e scientifiche cruciali.
McMahon ha sottolineato che la sua lettera “segna la fine dei nuovi finanziamenti per l’Università” per la ricerca e non, almeno per il momento, delle borse di studio per gli studenti. Harvard è l’università statunitense più ricca, con un patrimonio stimato in 53,2 miliardi di dollari nel 2024″. “Gran parte di questa dotazione è stata resa possibile dal fatto che vivete tra le mura degli Stati Uniti d’America e del loro sistema di libero mercato che insegnate ai vostri studenti a disprezzare, e ne traete beneficio”, si legge nella lettera che sottolinea come la dotazione finanziaria sia un “vantaggio” per un’epoca senza finanziamenti federali e un ottimo punto di partenza da ora in avanti.
La risposta di Harvard
Un comunicato di Harvard ieri ha ribadito la sua posizione e ha denunciato la vendetta del governo americano alla causa contro Trump. “Oggi abbiamo ricevuto un’altra lettera dell’amministrazione che raddoppia le richieste che imporrebbero un controllo senza precedenti e improprio sull’Università di Harvard e che avrebbero implicazioni agghiaccianti per l’istruzione superiore”, ha dichiarato Harvard. L’università ha dichiarato che “continuerà a difendersi contro l’illegale ingerenza del governo che mira a soffocare la ricerca e l’innovazione che rendono gli americani più sicuri e protetti”.
In una conversazione con gli ex alunni la scorsa settimana, il rettore Garber ha riconosciuto che c’è un “fondo di verità” nelle critiche sull’antisemitismo, la libertà di parola e i punti di vista ampi ad Harvard. A fine aprile, l’università ha pubblicato due rapporti sulla lotta contro l’antisemitismo e i pregiudizi anti-israeliani e contro l’islamofobia e le discriminazioni verso musulmani, arabi e palestinesi. Ma, secondo Garber, il conflitto con il governo federale è diventato ormai molto più ampio e una minaccia per l’autonomia della scuola.
“Ci siamo trovati di fronte a una recente richiesta del governo federale che, con il pretesto di combattere l’antisemitismo, ha sollevato nuove questioni di controllo che francamente non avevamo previsto, andando al cuore della governance”, ha detto Garber. “Abbiamo sentito che dovevamo prendere posizione”.
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