Al papa che ama il tennis piacerà il Foro Italico extralarge

Non può che starmi già simpatico un papa che si chiama Prevost, come la mia mamma e la mia nonna chiamavano (ma con l’accento sulla o, “el prevòst”) l’arciprete del capoluogo del mio comune di nascita, Somma Lombardo. E, poi, l’americano Leone XIV ama il tennis: in un’intervista ha detto di considerarsi “un giocatore dilettante, ma ho avuto poche occasioni per praticarlo da quando ho lasciato il Perù”, dove ha vissuto a lungo. Bingo. Essendo stato eletto dai fratelli cardinali vescovo di Roma durante il torneo di Roma, magari vorrà vedere qualche match sotto Monte Mario, in futuro. Già ce lo immaginiamo assiso in tribuna centrale o in giro sulla papamobile tra i campi e gli stadi, benedicente. Il Foro Italico gli piacerebbe, ma forse l’ha già frequentato durante i suoi lunghi soggiorni romani.

Mi assicurano che, dopo i lavori di riqualificazione, l’area sia passata da 12 a 20 ettari. Il complesso tennistico sul Tevere ora dispone di nove campi da gara compresi gli stadi principali – Centrale, Grandstand, Pietrangeli e il nuovo SuperTennis da 3000 posti – e dodici di allenamento. Per capirci, il Roland Garros si estende su 13,5 ettari nel Bois de Boulogne, con venti campi, incluse le recentemente rinnovate arene Philippe Chatrier e Suzanne Lenglen e la Simonne Mathieu, l’ultima nata. Le strutture dell’All England Lawn Tennis and Croquet a Wimbledon occupano 17 ettari, ma è in corso un progetto di espansione che porterà l’area totale a circa 46,5 ettari, con l’aggiunta di 39 campi agli attuali 55 e un nuovo stadio da 8000 posti. Vi do questi raffronti dopo aver casualmente letto che secondo Massimiliano Fuksas, tuttora in attività di servizio, “le città, che erano per definizione il luogo della libertà, si sono rivelate grandi carceri“. È dunque è necessario, aggiunge l’architetto e urbanista, che “il cittadino riacquisti il senso di appartenenza alla città e la passione civile”.

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Nell’ambito sportivo, un’analoga riflessione potrebbe essere sviluppata così: spesso i luoghi dello sport, angusti o impersonali, inducono a comportamenti abnormi o sbagliati ma, quando progettati o recuperati con intelligenza e cura, migliorano il rapporto tra gli spettatori e i loro campioni e, in generale, tra chi li frequenta, magari su sponde opposte del tifo.

Se c’è interdipendenza tra qualità dei luoghi e qualità della vita, il nuovo bellissimo Foro Italico extralarge sta già facendo il suo. Mi sembra di poter dire che, in termini di educazione e attitudine, il pubblico degli Internazionali d’Italia 2025, un tempo noto per essere tra i più intemperanti del circuito, sia meno stressato degli anni scorsi. Lo conferma quanto accaduto dove oggi hanno giocato i dieci italiani, tra donne e uomini, in calendario: sugli spalti, solo fairplay e nessuna intemperanza. Il tifo più rumoroso e caciarone – pur nell’ambito della correttezza – l’ho scoperto a metà pomeriggio nella SuperTennis Arena dove si stavano affrontando la promessa brasiliana Joao Fonseca e l’ungherese Fabian Marozsan.

Il golden boy di Rio de Janeiro è stato eliminato a sorpresa in due set, 6-3 7-6, nonostante l’accompagnamento ininterrotto dei cori della torcida gialla e verde. Analogamente, i decibel prodotti dal pubblico della Grandstand, dov’era in corso il derby azzurro tra Flavio Cobolli e Luca Nardi, sono sembrati un fruscio rispetto a quelli che salivano dal Pietrangeli, sul cui rettangolo rosso si stavano affrontando l’istrionico Alexander Bublik e il coriaceo Roman Safiullin, entrambi russi di nascita. Il primo, naturalizzato kazako, ha divertito fino all’entusiasmo, grazie ai soliti numeri di prestidigitazione tennistica (6-3 7-6). Mentre alla delusione silenziosa dei molti amici venuti a dare man forte al romano Cobolli ha fatto da controcanto la contenutissima felicità dei tifosi di Nardi, che forse non s’aspettavano che il pesarese prevalesse in due set a senso unico (6-3 6-4).

Dagli altri otto italiani sono arrivate più sconfitte che successi. In ordine di apparizione, Matteo Arnaldi non ha saputo decrittare il tennis geometrico di Roberto Bautista Agut, 37 anni, uno degli spagnoli che più hanno sofferto il confronto con la classe incomparabile di Rafa Nadal. È finita 6-4 6-3, ed è un punteggio sincero. Elisabetta Cocciaretto non ha toccato palla (6-1 6-0) contro Iga Swiatek, che appare sulla via della piena forma in vista dello slam sull’amata terra rossa. Opposto all’argentino Mariano Navone, il giovanissimo Federico Cinà ha potuto solo mostrare alcune preview di quanto farà una volta accumulata qualche esperienza in più (6-3 6-3).

Deludente la prova di Mattia Bellucci, messo sotto a malo modo da Pedro Martinez (6-4 6-2), altro iberico di mestiere. Fabio Fognini, alla sua ultima partita sul Centrale, non ha sfigurato contro il convincente inglese Jacob Fearnley (6-2 6-3). In chiusura di giornata, Lucia Bronzetti ha oltremodo patito (6-2 6-2) l’aggressività della tedesca Laura Siegemund, classe 1988, entrata in tabellone da lucky loser per il ritiro di Karolina Muchova. Oltre alla buona prestazione di Jasmine Paolini che non ha lasciato spazi (6-4 6-3) alla neozelandese Lulu Sun, sono da segnalare i due ragazzi oltre quota 150 ATP che hanno passato il turno: Matteo Gigante ha regolato con un doppio tie break a 4 il francese Arthur Rinderknech, che di solito fa sfracelli al servizio; Francesco Passaro ha battuto il taiwanese Chun-Hsin Tseng (6-0 2-6 6-3) dopo quasi due ore sfinenti. Good job.

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