Da Sinner a Gauff, perché i grandi del tennis parlano di rispetto reciproco
Il logo, enorme, sul dorso della t-shirt bianca è la doppia C incrociata dell’antica, gloriosa icona della moda francese Coco Chanel. La scritta, appena più piccola, si riferisce però a un’altra Coco: l’americana Cori Gauff, numero 2 al mondo, che tutti chiamano Coco. A indossare la maglietta è un afroamericano che, per due ore e 40 minuti – tanto dura la finale di singolare femminile del Roland Garros – urla senza sosta: “Here we go, let’s go Coco, go go!”.
Il tennis femminile nelle mani delle giovani
Parigi è la capitale europea che conta più residenti di nazionalità statunitense – ventimila – e che ospita ogni anno più turisti d’oltreoceano. Molti di loro sono qui, oggi, a sostenere a gran voce la giovane connazionale. Nella tribuna sotto quella della stampa, dove impazza il gigante Chanel-Gauff, gli americani sono la stragrande maggioranza, ma sembra che anche i francesi tifino perlopiù per Coco. È in occasioni come queste, eventi di massa, che si comprende meglio quant’è stretto il legame storico, culturale, emotivo tra gli Stati Uniti e la vecchia Europa occidentale: quella della Francia, della Gran Bretagna, della Germania, dell’Italia. Forse se ne renderebbe conto anche Donald Trump, se invece del golf guardasse in tv i tornei di tennis (e se sapesse cos’è il rispetto dei patti, delle tradizioni, delle differenze).Gauff è la meglio piazzata nel ranking Wta tra le ragazze nate nel nuovo millennio. Nelle prime dieci, oltre a lei – che ha 21 anni – le under 25 sono la cinese Qinwen Zheng, 22 anni, numero 5 mondiale, la russa Mirra Andreeva, 18, numero 6, la polacca Iga Swiatek, 24 anni, Wta 7 ma a lungo numero 1, infine, al posto 10, Emma Navarro, 24 anni, newyorkese cresciuta a Charleston.
La finale del Roland Garros
L’avversaria di Coco è la bielorussa Aryna Sabalenka, classe 1998, alla caccia del quarto slam dopo i due vinti in Australia (2023 e 2024) e quello negli Stati Uniti (2024). Il confronto ha un andamento altalenante, con cambi frequenti di preminenza dell’una o dell’altra. Nel primo set, Sabalenka parte aggressiva, portandosi avanti 4-1. La sua arma letale è, come al solito, la potenza. Gauff reagisce con determinazione, poco per volta intesse il suo gioco a maglie strette, recupera entrambi i break subiti in apertura e trascina il match al tie-break, durante il quale la bielorussa ritrova però la calma necessaria a chiudere il parziale a proprio favore. Nel secondo set è Gauff ad alzare il livello del gioco, approfittando anche dei numerosi errori non forzati di Sabalenka. Con tre break e un servizio solido, l’americana chiude 6-2 dopo soli 35 minuti, rimettendo in equilibrio la partita. Il set decisivo è combattuto e coinvolgente, nonostante diventino davvero troppi gli errori, sintetizzati dal numero esorbitante di break (saranno 15 alla fine). Coco ottiene il break decisivo nel settimo gioco, portandosi avanti 4-3. Nonostante i tentativi di rimonta di Sabalenka, l’americana mantiene la concentrazione e chiude con merito. Il punteggio è 6-7 6-2 6-4.
Le parole di Sinner per Djokovic
Prima di oggi, Coco aveva alzato la coppa soltanto a Flushing Meadows nel 2023. Fin qui, stringatissima, la cronaca della finale. Le parole pronunciate da entrambe sul campo e, più tardi, nelle conferenze stampa, sono improntate al rispetto reciproco, al riconoscimento delle qualità dell’avversaria, alla consapevolezza che le regole condivise sono l’unico antidoto alle prevaricazioni. Nello sport e nella vita. Pur per motivi evidentemente esogeni, il tema del rispetto è emerso spesso come centrale nel corso dello slam sulla terra rossa. Per esempio, ieri sera ne hanno parlato sia Jannik Sinner – domani in campo contro Carlos Alcaraz nell’ultimo atto del torneo maschile – sia Novak Djokovic, appena eliminato in tre set dall’italiano. Dopo aver raggiunto la sua prima finale al Roland Garros, il sudtirolese ha mostrato umiltà e attenzione parlando del campione serbo, sottolineandone le qualità personali oltre che tecniche. Emblematiche le sue parole quando ha appreso che Djokovic potrebbe aver disputato il suo ultimo match a Parigi: “Spero non sia così. Il tennis ha bisogno di lui. È un modello per tutti noi. Ho imparato tanto da Nole, anche fuori dal campo”. Un riconoscimento spontaneo, che va oltre l’agonismo e rivela la cifra di un atleta che mette prima di tutto il rispetto: per il gioco, per i rivali, per sé stesso.
Djokovic: “Sinner e Alcaraz i più forti del mondo”
Sinner non cerca protagonismo, ma riconosce il valore dell’altro, consapevole com’è che solo affrontando i migliori si può crescere davvero. Alla domanda sul rapporto competitivo con Alcaraz, per esempio, ha frenato e ragionato: “Solo il tempo potrà dirlo. Le grandi rivalità si costruiscono negli anni. Di certo Carlos mi spinge a migliorare ogni giorno”. Un’affermazione coerente con il suo approccio: non la ricerca del confronto come spettacolo, bensì come stimolo per l’evoluzione personale e sportiva. Anche Djokovic ha detto la sua sulla finale tra Sinner e Alcaraz di domani: “Sono i due migliori del momento, il nostro sport ha bisogno di coltivare queste sane rivalità. Certo, per arrivare al livello di quella che ho avuto io con Federer o Nadal, serviranno dieci anni di sfide – ha scherzato – ma sono sulla buona strada. E sono un esempio per come vivono il tennis”. Da sempre Nole è leale e corretto, riconoscendo il valore altrui sia quando era solito prevalere, sia nei momenti (rari) delle sconfitte: “Jannik ha tirato fuori i colpi giusti. E quando succede, ad avversari così bisogna solo stringere la mano e andare avanti”.
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