Giovanni Morsiani (nuovo n.1 Fijlkam), l’intervista: “Ripartiamo dalle periferie”
La voce di Giovanni Morsiani arriva dalla storica palestra Lucchesi, sede della centenaria società di lotta Club Atletico Faenza, alle prese con i danni dell’alluvione di settembre, la terza in sedici mesi. L’impegno sul territorio del nuovo presidente della Fijlkam (Federazione Italiana judo, lotta, karate e arti marziali), eletto lo scorso 21 dicembre, rende l’idea del suo programma: “Non lasciare indietro nessuno, ripartire dalle periferie”. Un impegno da tradurre nelle scuole, con l’introduzione dell’autodifesa come strumento di contrasto al bullismo e alla violenza di genere.
Presidente Morsiani, le sue sensazioni dopo l’elezione?
“Volevamo ottenere questo risultato a tutti i costi. Sono molto contento della grande partecipazione in seno all’Assemblea, una delle più sentite”.
Ha ottenuto il 54,84 per cento dei voti validi contro il 44,61 di Ezio Gamba.
“C’erano due visioni completamente diverse. Noi vogliamo gestire la Federazione come un’azienda, puntando a essere virtuosi e autosufficienti”.
Cosa rappresenta per lei questo traguardo?
“Mai avrei pensato di candidarmi. L’illuminazione era arrivata da Matteo Pellicone, che mi ha voluto nel Consiglio. Poi ci siamo accorti che avevamo come requisito le famose 4 C: conoscenza, competenza, consenso e… fortuna (ride, ndr). Il mio caro amico Lucio Caneva, scomparso due anni fa, mi ha convinto definitivamente”.
Tutto comincia all’età di 12 anni, quando inizia a praticare la lotta.
“Da ragazzino frequentavo il Club Atletico Faenza, una città dove questo sport è molto radicato. Sono entrato nel Comitato regionale e da lì è cominciata la scalata. Ho trasformato la passione adolescenziale in un impegno sociale”.
Dove nasce la sua passione per queste discipline?
“A Faenza tutti sono passati per la palestra di lotta. È una delle tre eccellenze della nostra città”.
E le altre due?
“La ceramica e la Formula Uno, grazie al mio amico Gian Carlo Minardi”.
Cosa le ha detto il presidente uscente Mimmo Falcone?
“Era molto emozionato, visti i 40 anni di attività. Lo ringrazio molto, perché mi ha supportato e anche sopportato (sorride, ndr)”.
Quali sono i pilastri del suo programma per il quadriennio olimpico?
“Trattare la Federazione come un’azienda, rimodulando i costi e l’attività del Centro olimpico Matteo Pellicone. E attivare il Progetto scuola, mettendo al centro i Comitati regionali e valorizzando le ragazze e i ragazzi con disabilità. Insomma, non voglio lasciare indietro nessuno. Sarò il presidente di tutti”.
Cosa prevede il Progetto scuola?
“Rafforzeremo la collaborazione con i Ministeri dello Sport e dell’Istruzione per introdurre negli istituti l’insegnamento del Mga (Metodo globale di autodifesa), uno strumento utile nella lotta al bullismo e alle aggressioni”.
La deputata Matilde Siracusano vorrebbe l’insegnamento del karate a scuola per contrastare la violenza di genere e il bullismo.
“Sono favorevole a questa proposta. L’autodifesa è molto importante. Il Mga racchiude tutti gli aspetti delle nostre discipline e può dare una mano in questo senso”.
Oltre a scuola, il karate tornerà anche alle Olimpiadi?
“L’obiettivo è quello, ma abbiamo bisogno dell’aiuto del Coni, del Cio e anche della politica. È paradossale che il karate, con un tasso di partecipazione così alto, sia escluso dalle Olimpiadi. Anche perché agli ultimi Giochi c’erano sport molto meno praticati”.
Quando lo rivedremo ai Giochi?
“Il progetto prevede il ritorno del karate a Brisbane 2032”.
A proposito di costi, Sport e Salute ha stilato la tabella con i contributi alle Federazioni italiane. È soddisfatto delle risorse stanziate alla Fijlkam?
“Abbiamo bisogno di più soldi. Se non c’è la possibilità di averli a livello ufficiale, dovremo aumentare i tesserati, investire in marketing e comunicazione. I prezzi sono aumentati moltissimo negli ultimi anni, sulla scia del Covid. I costi per il Centro olimpico – 900 mila euro nel 2017 – sono raddoppiati”.
Pensa che il divario con gli sport popolari sia spiegabile solo in termini economici o esiste un problema culturale?
“Sicuramente esiste una questione culturale. Per questo bisogna ripartire dalle scuole e dalle periferie, allargando la nostra base”.
Come vuole colmare questo gap?
“Dobbiamo lavorare per creare dei campioni come Jannik Sinner nel tennis, perché loro trascinano. I presupposti per il successo di questi sport sono anche la comunicazione e il marketing, che rendono interessante il nostro mondo”.
Chi è oggi il vostro Sinner?
“La medaglia d’oro di Alice Bellandi a Parigi 2024 ha avuto un po’ un effetto Sinner. Ad esempio abbiamo organizzato il ‘Bellandi Tour’ in giro per i Centri federali italiani, dove centinaia di bambini hanno sperimentato questo grande entusiasmo. Il mito del campione resta, serve per sognare”.
Sulla portata mediatica di queste discipline, le vecchie generazioni sono cresciute con Chuck Norris e Bruce Lee. Le nuove hanno ancora bisogno di questi modelli?
“Il cinema può essere utile per rilanciare le nostre attività. Non dimentichiamo la portata mitica di questi sport. Penso all’antica lotta greco romana con Milone. A questo si aggiunge il tema del rispetto per l’avversario, mutuato dall’Oriente”.
Le sue sensazioni verso Los Angeles 2028?
“Abbiamo squadre molto forti nel judo e nella lotta, soprattutto a livello giovanile. Dobbiamo continuare a investire in questo senso e arriveranno grandi soddisfazioni”.
Meglio di Parigi 2024, dove gli arbitri hanno fatto discutere.
“Vero, il judo è stato penalizzato ai Giochi, la lotta durante le qualificazioni. Per i prossimi eventi qualcosa deve cambiare. Dovremo attivare tutti i canali e consolidare la presenza dell’Italia a livello internazionale. Non è accettabile disperdere in una settimana il lavoro di quattro anni”.
Serve un cambio di regolamento?
“La direzione è questa. Serve più certezza e meno interpretazione da parte dell’arbitro, che non dovrebbe vedersi”.
Riassuma la sua presidenza in tre parole.
“Gestione, attività sportiva e attività promozionale”.
Condividi questo contenuto: