Insulti, minacce, gole tagliate, cuori mangiati e gambe spezzate: quando il campo diventa Far West

Serie A Grand Guignol. Ma no che non voleva dire quella cosa lì, altrimenti avrebbe immaginato l’orribile squarcio nel tessuto della pelle, la trachea recisa, il sangue a fiotti e l’altro che schiatta annaspando. Non voleva mica dire “Ti taglio la gola”, quella è roba da Gomorra (“Sta’ senza pensier, sto mirando alla gola”) o da Jack lo Squartatore (era la specialità della casa), non da un anticipo del sabato sera, in uno stadio – Grande Torino – che evoca tempi antichi e forse più educati.

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E dire che il sospetto carotiere, Juric, e il suo collega Italiano – quello che ha rischiato di dire addio le sue corde vocali – prima della partita si sono pure abbracciati e accoccolati, come in una canzone di Baglioni. Poi c’è stata la rissa, la minaccia, le scuse, la riappacificazione. Sono cose di campo, come no. Però in campo si fanno cose di cui poi ci si vergogna.

Landucci a Spalletti: “Ti mangio il cuore”

A proposito di gole: Vucinic, ex Lecce e Roma, una volta dopo un gol mimò uno sgozzamento, ma scherzava, che avete capito? Era un omaggio al suo idolo, il wrestler Chris Benoit, simpaticamente detto “Il Tagliagole”. Gesti inopportuni, parole pure. Il sangue che cola è nell’immaginario di molti: Landucci – vice di Allegri alla Juve – se ne uscì – aprile 2023 – con un terrificante “Ti mangio il cuore pelato di me***” rivolto a Spalletti. Ed è rimasto nella storia dell’intimidazione con modalità criminali il “Ti faccio sparare” che Schillaci sibilò a Poli dopo un Bologna-Juventus del 1990. Si erano beccati per tutta la partita, Totò raccontò che Poli gli aveva sputato in faccia, il bolognese negò. Bizzarra la Giustizia sportiva: due giornate di squalifica a Poli, una a Schillaci.

Lo scontro Ibra-Lukaku

Di recente, derby di Milano, scontro fra titani, Ibra a Lukaku: “Chiama tua mamma, vai a fare i tuoi riti voodoo di me***, piccolo asino”. Lukaku a Ibra: “Fottiti, tu e tua madre. Parliamo della tua, di mamma: è una pu*****”. Finale con il belga che, nel sottopassaggio di San Siro, si lascia scappare – così pare – un clamoroso: “Ti sparo in testa”.

Ma la frase che ha scatenato più interpretazioni nel pianeta pallonaro è certamente quella con cui Materazzi- sì, nella notte di Berlino – incrinò l’equilibrio emotivo di Zidane, forzandolo ad una sconsiderata reazione: la capocciata del francese sul petto dell’azzurro – lo ricorderete – era nata da una provocazione di Matrix, con Zizou che si lamentava per il contatto ravvicinato. Testualmente: “Non voglio la tua maglia, preferisco la putt*** di tua sorella”. Roba da fascia protetta, così come il “Finocchio” con cui Sarri apostrofò Mancini – gennaio 2016, Napoli-Inter – e rimarcò l’argomentazione con un altro epiteto: “Frocio”.

Brutte cose, che possono capitare anche in famiglia. In casa Juve, per esempio. Con Ravanelli – anni 90 – che dopo un gol urlò “E’ per te pezzo di me***” al suo allenatore Lippi e con Dybala che – sostituito da Allegri – gli rovesciò addosso un sibillino “La concha de tu madre…”. Ma anche in casa Inter: trent’anni fa Cicciobello Desideri, esultando dopo un gol, lanciò innumerevoli improperi a Suarez, puntandolo con il dito da almeno cinquanta metri. E infine: Pasquale Bruno, tenendo fede al suo soprannome di “O’ Animale”, una volta affrontò Baggio così: “Ti spezzo le gambe”, concedendogli il lusso di un po’ di vita da vivere – seppure con le gambe rotte.

Privilegio che non venne riservato a Hubert Pircher, attaccante bolzanino che al debutto in Serie A con l’Atalanta – erano i ruvidi anni 70 – al pronti-via incrociò il più pericoloso degli sgherri avversari, il tenero Benetti che senza star lì a questionare su gambe da spezzare o gole da tagliare, lo terrorizzò con un definitivo: “Hai finito di vivere”. Ma Romeo scherzava, suvvia. Pircher sopravvisse a quella partita, ma per precauzione mantenne per 90 minuti una distanza di sicurezza dall’avversario.

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