Jas deve ritrovare la felicità in campo
Jas non sorride più. Vederla felice per il solo fatto d’essere in campo in uno slam o un WTA 1000 era un piacere che regalava spesso a noi e l’aiutava nei momenti difficili. Adesso, e non da oggi, dal suo linguaggio del corpo traspare fin dai primi scambi una tensione di fondo che, dopo un po’, si trasforma in incertezze che via via diventano più frequenti dei vincenti. Eppure Marketa Vondrousova ha solo una cosa che Jasmine Paolini può invidiarle: il titolo a Wimbledon conquistato a sorpresa nel 2023. Per il resto, come mostra alle prime battute del suo terzo turno agli Us Open 2025, la numero 1 d’Italia ha più fantasia, è tatticamente più intelligente, trova soluzioni che fanno spellare le mani al pubblico del Grandstand. Ha occasioni di break nel secondo e nel quarto game e arriva a un passo dall’incassare il primo set, sprecando ottime chance di andare in fuga. Poi nel tie break affonda (7-2) e nel secondo parziale si mette, a furia di errori, in balìa dell’avversaria, assai regolare e in grado di fare tesoro del pur minimo vantaggio di essere mancina. Jasmine ha un sussulto d’orgoglio quando, al servizio sotto 4-1 40-15, riesce a recuperare, ma poi non ce la fa a risultare efficace nelle quattro occasioni per prendersi il game e rimettersi sulla scia di Marketa. Finisce 7-6 6-1, con Jas che avrà molti episodi e situazioni da rivedere e discutere con proprio il team, ormai di fatto guidato da Sara Errani.
Il nodo non è però tecnico, tattico o fisico. È questione, appunto, di felicità. Se è vero quanto ebbe a dire Rafa Nadal – “…la felicità nel tennis deriva dal dare il massimo, non solo dai risultati” – Paolini deve tornare a credere pienamente nelle proprie qualità. Deve godere del proprio gioco per riuscire a esprimersi al meglio: vincere o perdere non fa differenza se non c’è alcunché su cui recriminare.
La puntuale risposta di Carlos Alcaraz ai 123 minuti e 25 game (6-2 6-3 6-2) bastati ieri a Jannik Sinner per liquidare Alexei Popyrin è tutta nei 102 minuti e 24 game (6-2 6-4 6-0) che oggi gli servono per liquidare Luciano Darderi. Il confronto a distanza in corso a Flushing Meadows sembra solo una lunga preparazione allo showdown finale, tant’è ampio il divario tra i primi due del ranking mondiale – che si sono spartiti gli ultimi sette slam – e gli altri giocatori del circuito ATP.
Non è una situazione inedita. Per vent’anni, dal primo Wimbledon di Roger Federer nel 2003 all’ultimo Us Open di Novak Djokovic nel 2023, il tennis maschile è stato dominato dallo svizzero, dal serbo e dal loro sodale spagnolo Rafael Nadal. In questo lasso di tempo, i Big Three hanno vinto 66 degli 81 slam disputati (Federer 20, Nadal 22, Djokovic 24).
I 15 slam “concessi” ad altri sono andati a Andy Murray e Stan Wawrinka (3 titoli ciascuno) Carlos Alcaraz (2), Andy Roddick, Gaston Gaudio, Marat Safin, Juan Martin Del Potro, Marin Cilic, Dominic Thiem e Daniil Medvedev, con un major a testa. Ma, come ripete in ogni conferenza stampa Jannik, “il tennis è imprevedibile, basta un niente, magari una notte passata male, e il giorno dopo non riesci a stare in campo come vorresti”. Dunque bisogna essere cauti. Domani, per dire, nel suo terzo turno l’italiano se la vedrà con Denis Shapovalov, ex enfant prodige che ha tradito le molte speranze suscitate quand’era un under 21 (è del 1999) e proprio a New York nel 2020 raggiunse i quarti di finale suscitando grandi entusiasmi. Come sempre, Jannik sta studiando con Vagnozzi e Cahill tutte le contromisure.
Rewind. Qualche riga su Darderi. L’italoargentino ha provato a tenere il passo di Alcaraz solo nel secondo set. Nel primo era troppo emozionato. Ha strappato un break che avrebbe riaperto i giochi se il fastidio al ginocchio destro dello spagnolo, trattato con un medical timeout, fosse risultato un malanno serio. La parentesi è durata poco: Carlitos ha ripreso il controllo e chiuso il parziale di misura. Nel terzo set non c’è stata storia: una sequenza di vincenti del murciano e le difficoltà fisiche di Darderi hanno determinato il brutto 6-0. Per lui restano l’esperienza di un terzo turno a New York e il merito di averci provato contro uno dei dominatori del tennis mondiale.
Continua intanto, lontano dai riflettori mediatici italiani, il torneo di Novak Djokovic, 38 anni compiuti in maggio, e di Adrian Mannarino, nato il 29 giugno 1988. L’ex numero 1 ha eliminato in quattro set il britannico Cameron Norrie (6-4 6-7 6-2 6-3), mentre il francese ha passato il turno grazie al ritiro di Ben Shelton, che peraltro stava rincitrullendo con il suo tennis di variazioni sostenuto da un servizio anomalo assai efficace (3-6 6-3 4-6 6-4). Nole – che è anche il giocatore più anziano a raggiungere gli ottavi a New York dal 1991 – diventa l’unico forse in grado di fermare la corsa di Alcaraz verso la finale nella parte bassa del tabellone.
Nel torneo femminile va segnalata d’obbligo l’eliminazione della giovane russa Mirra Andreeva, testa di serie numero 5, per mano di Taylor Townsend (7-5 6-2). Chi segue Monday’s Net sa che l’ottima doppista di Chicago è la giocatrice che, per ragioni che non vanno per la maggiore nel regime trumpiano – di colore, mamma, bullizzata perché giudicata sovrappeso, tanto tosta da superare ogni discrimazione -, merita un grande risultato nel torneo di singolare dello slam d’America.
Condividi questo contenuto: