La bolla di Sinner nella Parigi militarizzata per la Champions
A mezzogiorno Place de la République è già militarmente occupata dai giganteschi mezzi blindati della polizia. Come lungo gli Champs-Élysées, dove girano gruppetti di ragazzi con le maglie del Paris Saint-Germain che hanno il problema di tirare le 21, quando a Monaco di Baviera si comincerà a giocare.
Non si parla d’altro: la seconda finale dei parigini in Champions oscura qualsiasi altra notizia, anche Macron e Brigitte tirano meno di Luis Enrique. A trecento metri dall’entrata di Roland Garros lo schieramento di forze dell’ordine è impressionante, perché proprio lì, nel glorioso Parco dei Principi, ci sarà una diretta video alla quale sono attesi decine di migliaia di tifosi. In questo clima poco festoso, il tempio del tennis sulla terra rossa è una bolla che alle 19 comincia a svuotarsi. Ma prima di allora accadono fatti che meritano di essere raccontati.
Fosse per Jannik Sinner, Points For Change languirebbe. Il meccanismo del programma di solidarietà prevede che la banca BNP Paribas doni qualche euro per ogni punto giocato nei match del Roland Garros, non importa se nei tre grandi stadi o sui campi minori. Ecco, Sinner vs. Lehecka porta oggi poco o nulla nelle casse degli organizzatori dell’iniziativa perché si consuma in soli 94 minuti con 166 “quindici” complessivi, 91 appannaggio dell’italiano, 45 del ceco. Alle iniziative collegate a Points For Change (quest’anno tra i beneficiari c’è Fête le Mur di Yannick Noah, che si occupa dell’inclusione sociale dei giovani attraverso il tennis) portano infatti contributi significativi le partite lunghe e combattute, quelle di ieri risolte al quinto set da Holger Rune contro Quentin Halys (279 punti giocati) e da Tommy Paul contro Karen Khachanov (addirittura 324). Nemmeno Alexander Zverev vs. Flavio Cobolli dà oggi motivi di soddisfazione a Points For Change: i loro tre set (6-2 7-6 6-1 per il tedesco) consegnano un misero gruzzolo a fronte dei 188 punti assegnati nei 150 minuti del match.
Più del punteggio (6-0 6-1 6-2) e della messe di dati a disposizione sui siti ufficiali del torneo, il confronto tra Jannik e Jiri, entrambi classe 2001, si può raccontare con un episodio e qualche considerazione. Il primo. Alle 13.47 la Court Suzanne Lenglen esplode in un boato seguito da un minuto di applausi scroscianti quando il ceco, dopo undici game consecutivi ceduti, finalmente riesce a mettere un 1 a fianco del proprio nome sui tabelloni elettronici. Alza le braccia, fa l’inchino, ringrazia il pubblico che lo vorrebbe più combattivo e competitivo. Nelle dichiarazioni del dopo partita emerge il suo rispetto per Lehecka, che alla vigilia del match aveva definito un “ottimo test per capire come sto dopo Roma e i primi turni qui”.
La passeggiata con Jiri non cambia l’atteggiamento di Jannik, che continua a mantenere il profilo basso come impone lo stile della casa: “Partite come questa possono cambiare in fretta: se non inizi bene un set, la gara può allungarsi e sfuggire al controllo. Bisogna mantenere un livello di concentrazione molto alto, perché può succedere di tutto. Oggi sono contento, ma so che qualsiasi cosa può cambiare tutto, da un giorno all’altro”. La “qualsiasi cosa” potrebbe essere, lunedì, un’arma segreta del suo prossimo avversario, Andrey Rublev, che conosce perfettamente per averlo battuto in sei dei nove testa a testa che li hanno visti di fronte da Vienna 2020 a Cincinnati 2024? Difficile. Il russo ha passato il turno senza scendere in campo a seguito del ritiro per infortunio del giovane francese Arthur Fils, ma non è detto che questo l’avvantaggi.
Esattamente tre anni fa, sul Suzanne Lenglen come oggi, Jannik aveva gettato la spugna nel match contro Rublev sul punteggio di 1-6 6-4 2-0, a causa di un problema al ginocchio. Non la prese affatto bene. Scrissi allora su Monday’s Net: “Sconfortato, ora si sottoporrà a una serie di test e dovrà anche occuparsi dell’aspetto psicologico degli infortuni che stanno costellando la sua stagione. Riassume la sua situazione con una frase molto netta: tutti i tennisti hanno problemi, il mio è il fisico”. Vedeva solo buio dove oggi, dopo il travolgente calvario (i termini non sono in contraddizione) dello scorso anno, ha soltanto aspettative positive.
Deve essere altrettanto positivo Flavio Cobolli, che riesce per un’oretta a contenere il gioco di Alexander Zverev. Tarda a ingranare, forse intimidito dal pubblico tonitruante del Philippe Chatrier, ma quando lascia andare il braccio mette a segno colpi che incantano. Il romano avrebbe meritato di prendersi almeno il secondo set, mentre Zverev conferma di poter essere – come da ranking ATP – la terza forza di questa edizione dello slam sulla terra rossa.
Continuano ad abituarci bene i nostri doppisti, che soprattutto mantengono un livello di competitività costante, torneo dopo torneo. Nel maschile, Simone Bolelli e Andrea Vavassori hanno superato il secondo turno battendo l’indiano Sriram Balaji e il messicano Miguel Ángel Reyes Varela con il punteggio di 6-3, 6-4. Accedono così agli ottavi di finale come anche Sara Errani e Jasmine Paolini, seconde teste di serie, che hanno sconfitto la neozelandese Lulu Sun e la cinese Yuan Yue per 7-5 6-2. Torneremo presto a occuparci di loro.
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