La corsa alle Olimpiadi 2036 (e Seul tenta il bis…)
Una corsa mai vista, almeno negli ultimi anni: tantissimi Paesi si stanno candidando per ospitare le Olimpiadi estive del 2036, quelle che seguiranno Los Angeles 2028 e Brisbane 2032. All’elenco assai corposo, adesso si è aggiunta anche Seul: la capitale sudcoreana ha già organizzato i Giochi nel 1988 e ora cerca di ripetere l’impresa grazie al suo piano economico e un approccio sostenibile, molto di moda di questi tempi (almeno a parole). Il sindaco di Seul, Oh Se-hoon, ha recentemente sottolineato in un post su Facebook come i Giochi olimpici rappresenterebbero “una pietra miliare storica per mostrare il soft power e la visione della Corea”. Ha anche evidenziato che la città ha già confermato la fattibilità economica dell’evento attraverso uno studio condotto dal Korean Institute of Sport Science (KISS). Secondo l’analisi il rapporto costi-benefici ha raggiunto 1,03, il che indica la fattibilità economica, poiché tale valore si ottiene superando la soglia di 1.
Seul non è l’unica Regione interessata a ospitare i Giochi del 2036. Anche la provincia di Jeolla Settentrionale, situata nel sud-ovest del Paese, ha presentato la sua candidatura e il KSOC (comitato olimpico della Sud Corea) deciderà a febbraio quale candidato rappresenterà il Paese nella corsa olimpica. Uno dei punti salienti della proposta di Seul è il suo budget modesto, molto meno di Parigi 2024. E il beneficio economico sarebbe altissimo. Per minimizzare le spese e ridurre l’impatto ambientale, Seul ha in programma di utilizzare strutture esistenti invece di costruirne di nuove. Le sedi proposte includono Gwanghwamun Square per le gare di tiro con l’arco e Han River Park per il beach volley. La città ha anche ottenuto la cooperazione delle Regioni vicine come Gyeonggi e Incheon per l’uso delle loro infrastrutture sportive durante l’evento. Il sostegno pubblico è un altro punto forte della candidatura di Seul. Secondo un sondaggio l’82% dei 1.000 sudcoreani intervistati ha sostenuto l’idea che Seul ospitasse le Olimpiadi nel 2036. Inoltre, il 90% ha espresso fiducia che l’evento potrebbe essere un successo. Sono dati importanti per il Cio. Inoltre, le autorità municipali hanno anche evidenziato il significato particolare della candidatura, a quasi 50 anni da quando la città ha ospitato i Giochi 1988. Ad oggi, solo sei Paesi hanno ospitato le Olimpiadi estive più di una volta: Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Australia, Grecia e Giappone. Seul aspira a rientrare in questa lista. Pechino invece è l’unica città che ha ospitato sia i Giochi estivi che quelli invernali. A Seul hanno le idee chiare e una forte determinazione, ma non sarà per niente facile battere gli altri Paesi e città che hanno intenzione di candidarsi per l’edizione 2036: per ora sono Sudafrica, Indonesia, India, Qatar (Doha), Santiago del Cile, Turchia (Istanbul) e Ungheria (Budapest). C’è tempo per decidere: il Cio ha istituito una commissione di valutazione molto ascoltata sia dal Comitato esecutivo e dai membri del Comitato Olimpico internazionale. Ma il compito di aprire il busta, con il nome di chi organizzerà i Giochi 2036, non toccherà a Thomas Bach. L’ex campione tedesco di scherma è a fine mandato: si sono candidati addirittura in sette per prendere il suo posto. Il 30 gennaio, in una seduta a porte chiuse, si presenteranno ai membri del Cio con i loro programmi: non è escluso che ci possa essere qualche passo indietro. Ma tutto dipenderà da quello che deciderà di fare Bach: se davvero, come pare, appoggerà l’ex campionessa di nuoto dello Zimbabwe, allora Kirsty Coventry, diventerà la prima donna (africana per di più) presidente del Cio. Fra l’altro è giovanissima, 41 anni. Un fatto storico.
Ma è positivo per il Comitato olimpico mondiale che tanti Paesi, adesso, pensino ai Giochi che danno prestigio, visibilità, anche se a volte lasciano uno strascico di debiti e polemiche (ne sanno qualcosa ad Atene…).
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