La saggezza di Berrettini, la grinta sfrontata di Grant
Con circa quattro miliardi tra praticanti e spettatori, il calcio è lo sport più popolare del mondo. Se pensate che a tallonarlo da vicino sia il tennis, chiedete lumi a ChatGPT: scoprirete con stupore che il cricket (due miliardi e mezzo) e l’hockey su prato (due miliardi) lo sopravanzano di parecchio: alla disciplina dei gesti bianchi, copyright Gianni Clerici, viene attribuito “solo” un miliardo di appassionati. I due sport di squadra sull’erba, ereditati dall’impero vittoriano, spopolano nella sovraffollata Asia meridionale mentre sono di fatto sconosciuti nelle Americhe e in Europa, Regno Unito escluso. Sono dunque fenomeni geosportivi con scarso impatto globale.
Internazionali Roma, diretta: Arnaldi battuto da Bautista Agut
L’effetto Sinner
Tuttavia, nell’occidente culturalmente sempre più frantumato e sotto tiro, mentre il calcio patisce un po’ ovunque gli effetti di un generalizzato calo d’interesse, in termini di audience e di fatturato il tennis risulta in costante crescita da venticinque anni in qua. Empiricamente, proprio in questi giorni noi italiani abbiamo potuto constatare come il clamoroso 4-3 inflitto dall’Inter al Barcellona a San Siro abbia trovato sui media un’eco inferiore a quella suscitata dal ritorno di Jannik Sinner nel circuito professionistico dopo i tre mesi di forzato stop. Il numero 1 del mondo ha un seguito senza precedenti recenti nello sport italiano: forse soltanto il Campionissimo, Fausto Coppi, poteva contare su legioni più folte di fedelissimi negli anni cinquanta. Merito dei tre slam, delle due Davis, dei quattro Masters 1000 e di una Atp Finals vinti in rapida successione dall’altoatesino ma anche dell’entusiasmo creato in anni non troppo lontani da una manciata di ragazze e da un paio di ragazzi: perché – lo diciamo ai più giovani – il tennis azzurro contava qualcosa anche prima dell’avvento di Jannik e di Jasmine Paolini e dei loro epigoni nati in questo secolo, da Musetti a Cobolli, da Arnaldi a Darderi, da Nardi a Passaro, da Bellucci a Cinà.
Il momento d’oro del tennis italiano
Monday’s Net, adesso più che maggiorenne, mosse i primi passi resocontando proprio delle imprese di Francesca Schiavone, Flavia Pennetta, Roberta Vinci, Fabio Fognini, Andreas Seppi e pochi altri, tutti usciti di scena fuorché il ligure a lungo numero 1 d’Italia, che ha annunciato oggi che non sarà in campo agli Internazionali d’Italia 2026. Il terreno già fertile è stato poi arato e seminato dai giocatori dell’era di mezzo come Lorenzo Sonego, classe 1995, e, soprattutto, Matteo Berrettini, 1996, quattordici titoli Atp in due. Il romano tornerà sabato a giocare al Foro Italico dopo tre edizioni consecutive disertate a causa degli infortuni che hanno più volte interrotto la sua continuità agonistica. Il ritiro a Madrid di una settimana fa contro Jack Draper aveva fatto temere un forfait anticipato a Roma. “Ho fatto il possibile e l’impossibile per arrivare qui nelle migliori condizioni”, ha invece detto oggi in conferenza stampa. Ha anche spiegato che il suo punto debole, i muscoli addominali, è condizionante perché “è una parte del corpo molto sensibile, se fosse una gamba sarebbe magari più semplice”. Acuto come sempre, ha infine confessato che “a un certo punto della carriera le vittorie contano meno delle emozioni”. Matteo sembra avviarsi lungo un percorso di saggezza, come peraltro gli suggerisce l’omonimo evangelista (7, 24-27): “È saggio l’uomo che ha costruito la sua casa sulla roccia”.
Grant, primo match a Roma
Con le eccezioni di Matteo e Jasmine, il tennis italiano sembra ormai una faccenda per soli under 25, teenager compresi. Infatti, la seconda giornata degli IBI s’accende alle 19 quando scende in campo una ragazza nata a Roma nel 2008, Tyra Caterina Grant. Fino a poco fa tennista americana, pur essendo cresciuta a Vigevano, per via del padre newyorkese Tyrone Jeremy, giramondo del basket, e per il tentativo di sfruttare l’ottima scuola femminile in Florida dell’United States Tennis Association dopo gli anni passati a Bordighera con Riccardo Piatti. Qualche giorno fa Caterina ha invece optato per la cittadinanza italiana, così da completare la propria crescita sotto l’occhio vigile di Tathiana Garbin e dei tecnici della Federazione. Numero 335 del ranking Wta, dà subito del filo da torcere alla croata Antonia Ruzic, 22 anni, numero 117 della classifica mondiale, proveniente dalle qualificazioni. Gioco moderno con molta varietà di colpi, propensione al gioco d’attacco, eccellente nella difesa pur con qualche eccesso di ricorso ai lob, servizio efficace ma da potenziare, mobilità che talvolta la porta a esagerare, Grant non ha paura di rischiare, e in questo sembra già matura.
La sconfitta di Grant contro Ruzic
Si prende il primo set di forza (6-3), cede il secondo per colpa di qualche ingenuità (3-6), ingaggia poi un testa a testa con l’avversaria basato su una serie di break e controbreak, favorita da scambi ad alto tasso di spettacolarità. Ha due occasioni per prendersi il match nel nono game, che si fa annullare. I cinque anni di minore esperienza emergono quando il gioco si fa durissimo. Ruzic sfrutta ogni occasione, si prende quattro game consecutivi e chiude sul 5-7. Ma per Tyra Caterina l’esordio da italiana nel circuito è da futura primadonna. Intanto, dopo la sconfitta parla come una consumata frequentatrice dei tornei maggiori e rivela: “Non ho mai dormito meglio di ieri notte”. Beati 17 anni.
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