Musetti e Bronzetti, consigli contro la solitudine
Andre Agassi diceva che “soltanto i pugili possono capire la solitudine dei tennisti”. Poi si corresse: “L’avversario fornisce al pugile una sorta di compagnia, qualcuno a cui può avvinghiarsi e contro cui grugnire. Nel tennis sei faccia a faccia con il nemico, scambi colpi con lui, ma non lo tocchi mai”. Le cose sono cambiate parecchio da quando tra il tennista e il suo angolo s’intessono dialoghi ininterrotti nel corso delle partite. Tuttavia, penso che la solitudine resti una caratteristica imprescindibile del tennis. Quella dei grandi tennisti, poi, è esistenziale e con rare interruzioni, costretti come sono ad adattarsi a vivere in una perenne bolla, con scarsi contatti con l’esterno del circuito. Se possibile, immagino che la solitudine s’incarognisca contro i numeri 2 quando i numeri 1 sono fuoriclasse del livello di Jannik Sinner, capofila ATP, e di Jasmine Paolini, che è la quinta del ranking WTA.
Pochi tifosi per il debutto di Lucia Bronzetti…
Poi, un conto è ritrovarsi 2 d’Italia da numero 8 al mondo come accade a Lorenzo Musetti, un conto da numero 58 come nel caso di Lucia Bronzetti. Così accade che oggi pomeriggio a seguire l’esordio della riminese, 26 anni, ci siano sì e no quattrocento persone sulle tribune, mentre per quello previsto per giovedì della lucchese, 29 anni, contro la neozelandese Lulu Sun ci sarà di sicuro il pienone. La folla delle grandi occasioni attenderà ansiosa anche il carrarino sabato sul Centrale (a meno che gli organizzatori non dirottino il suo match nella spettacolare neonata Supertennis Arena, nella Grandstand o addirittura sul Pietrangeli con le nuove alte tribune, bianche come il marmo, appunto, di Carrara).
…che però dà spettacolo
Il mio piccolo contributo è dunque scrivere su Monday’s Net di Lucia, che ha sconfitto con merito al primo turno Anastasija Sevastova. La lettone, 35 anni, due settimane fa è tornata nel circuito a Madrid dopo una sosta di oltre un anno, mettendo clamorosamente subito sotto la russa Anastasia Pavlyuchenkova e la connazionale Jelena Ostapenko, entrambe assai più titolate di lei. I due set di oggi nella Grandstand Arena hanno invece poca storia da raccontare, 6-1 6-3, tanto sono risultate efficaci le variazioni di forza e ritmo di Lucia, che sembra seguire, passo dopo passo, il percorso lungo e tortuoso che ha portato Paolini nel Gotha della WTA quando ormai era alla soglia dei 28 anni.
Ora l’importante test con Muchova
Il salto di qualità di Bronzetti, lo scatto che potrebbe cambiarne la carriera, va probabilmente individuato nella sua prestazione nella Billie Jean King Cup a Malaga in novembre, quando conquistò i punti decisivi contro la polacca Magda Linette in semifinale e la slovacca Viktoria Hruncakova in finale. Il coach Francesco Piccari sostiene che da allora sa gestire meglio l’emotività, che era il suo evidente punto debole. Nel secondo turno Lucia affronterà la testa di serie numero 12 del torneo, la ceca Karolina Muchova: un probante test di maturità da superare insieme al pubblico, che stavolta avrà il dovere di non lasciarla sola.
Musetti ama circondarsi di gente
Musetti non ne vuole sapere di vivere in solitudine: ha lo stesso coach, Simone Tartarini, da quand’era bambino, a 22 anni ha voluto con la compagna Veronica un figlio che ora ha 14 mesi, reclama costantemente la presenza di parenti e amici, peraltro tutti così discreti da non comparire mai. “Il mio consiglio ai colleghi più giovani – dice – è quello di circondarsi di uomini e donne che ti sostengono comunque vada. Considero il team la mia seconda famiglia. Quello che mi ha sempre salvato, anche nei momenti di fragilità e debolezza specialmente quando da teenager faticavo a diventare un uomo, è la vicinanza di persone fidate”. Lorenzo ha una curiosa predisposizione per l’analisi e l’introspezione, come ha confermato nel lungo incontro del pomeriggio con i giornalisti. Ha detto parecchie cose interessanti sul livello medio del tennis attuale (“… è talmente alto che i primi turni sono veramente difficili, si rischia di uscire subito dal tabellone e poi andare a vincere il torneo”), sulla sconfitta subita in semifinale venerdì alla Caja Magica, 6-3 7-6, per mano di Jack Draper (“…è stata una partita molto intensa, me la sono giocata fino alla fine, nel secondo set mi sentivo più padrone degli scambi, se fossimo andati al terzo l’esito sarebbe potuto risultare diverso”), sui passi avanti fatti nell’ultimo anno e culminati ieri con l’ingresso ufficiale tra i Top Ten (nonostante ami la terra battuta, parla di “…una bellissima stagione sull’erba con la sorprendente semifinale a Wimbledon”).
La crescita anche grazie alle sconfitte
Ma è quando descrive il proprio atteggiamento rispetto al lavoro e alla vita a stupire per la lucidità: “A me è capitato di conoscere da giovanissimo il tennis che conta, ti affacci al circuito in maniera abbastanza aggressiva e prepotente e finisci per prenderti delle belle sveglie, che secondo me fanno fanno anche bene. Io le ho prese e ora sono qua”. Poi c’è la teoria dello “sporcarsi le mani”, cioè di avere l’umiltà di ricominciare dal basso: “L’anno scorso non ero partito con il piede giusto. Allora abbiamo deciso che era il caso di sporcarci le mani giocando i due Challenger di Cagliari e Torino. È stato un passaggio importante per ripartire. Aver abbassato il livello ed essermi messo alla prova mi ha permesso di ritrovare me stesso anche sul campo”. Da uno così è normale attendersi parecchie sorprese nei molti anni che lo vedranno in campo da protagonista.
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