Caso Almasri-Bartolozzi, il Csm difende Lo Voi dalle accuse della maggioranza
ROMA – Il Csm si muove a tutela del procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, sul caso Bartolozzi-Almasri. Ieri il consigliere laico Ernesto Carbone, come primo firmatario, insieme con i togati Roberto Fontana e Domenico Miele, ha depositato al comitato di presidenza una richiesta di apertura pratica a tutela di Lo Voi e dell’intera magistratura per i «ripetuti, illeciti attacchi delegittimanti e pericolosi per l’equilibrio fra i poteri dello Stato».
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Tutto parte dall’accusa dei capigruppo di maggioranza alla Camera (Galeazzo Bignami, Paolo Barelli, Riccardo Molinari e Maurizio Lupi) dell’uso «distorto del potere di qualificazione dei reati» che, secondo loro, avrebbe commesso Lo Voi nell’iscrivere nel registro degli indagati la capo di Gabinetto del ministero della Giustizia, Giusi Bartolozzi. «Un’azione» si legge nei documenti del Csm, però, «stando ai fatti è avvenuta su esplicita richiesta del tribunale dei ministri e dunque nel rispetto della legge».
«È quanto mai urgente e indifferibile» scrivono Carbone, Fontana e Miele, «una presa di posizione netta, solida, compatta da parte del Csm. La magistratura – continuano – deve essere rispettata dagli altri poteri dello Stato e deve essere protetta e tutelata da questo Consiglio, che oggi come non mai è chiamato a intervenire in rappresentanza e protezione della magistratura e del sistema costituzionale».
La storia si muove attorno all’iscrizione nel registro degli indagati di Bartolozzi per false dichiarazioni davanti ai pm: la dirigente di via Arenula (tra l’altro anche lei magistrata) aveva, secondo il tribunale dei ministri, mentito ricostruendo il ruolo del ministro con dichiarazioni «inattendibili e mendaci».
La sua posizione – scrivevano le tre giudici che compongono il tribunale speciale che indaga sui reati ministeriali – «è intrinsecamente contraddittoria, laddove affermava, da un lato, che, non appena avuto notizia dell’arresto, ne aveva informato il ministro. Parimenti, subito dopo la prima riunione su Signal del 19 gennaio, lo aveva richiamato; che, in generale, si sentiva con lui quaranta volte al giorno (…) tuttavia, non aveva ritenuto opportuno sottoporgli la bozza predisposta dall’ufficio», proposta dai tecnici per rispondere alle richieste giunte in merito al fermo di Almasri. Si trattava di una bozza di un nuovo provvedimento di arresto che non avrebbe consentito la liberazione del criminale libico.
Secondo i magistrati «è logicamente insostenibile che (Bartolozzi, ndr) si sia arrogata il diritto (…) di sottrarre al ministro – che le aveva prospettato la necessità di studiare le carte – un elemento tecnico da valutare e tenere in considerazione ai fini della decisione da assumere; perché, così facendo, sarebbe venuta meno agli obblighi inerenti l’incarico assunto, avrebbe derogato alla prassi costantemente seguita di informare il ministro di ogni cosa e, ancora, perché la bozza era stata redatta da Lucchini (funzionaria del ministero, ndr), collega di cui riconosceva l’alta professionalità e di cui dichiarava, peraltro, di aver condiviso l’interpretazione giuridica offerta. In terzo luogo, le sue dichiarazioni risultano smentite da quelle di Guerra (funzionaria del ministero, ndr) che ricordava espressamente di aver parlato del problema dei termini da rispettare». Inoltre, dalle testimonianze degli altri partecipanti alle riunioni con gli altri vertici istituzionali – a cui lei aveva partecipato – è emerso che si sarebbe parlato anche dell’eventualità in cui la Corte d’Appello avesse disposto la scarcerazione dell’Almasri, convenendo «sulla necessità e opportunità di espellerlo e rimpatriarlo con un volo di Stato»
.Sulla base di questo il tribunale dei ministri aveva deciso di non «scudare» anche Bartolozzi come i ministri, perché ha ritenuto che il reato, quello delle dichiarazioni mendaci, non fosse legato a quelli (favoreggiamento, peculato, omissione di atti d’ufficio) contestati ai ministri. E per i quali la Camera ha rigettato l’autorizzazione a procedere, evitando così il processo a Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano.
Il centrodestra ritiene però che anche sulla Bartolozzi si sarebbe dovuto votare. Da qui la richiesta dei tre capigruppo di maggioranza alla Giunta per le autorizzazioni di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale, sulla scelta del tribunale dei ministri di non «scudare» anche la capa di gabinetto.
Il punto, però, sono state le parole usate contro Lo Voi. Tanto violente da spingere il procuratore di Roma a una risposta. «Sono sconcertato» aveva detto a Repubblica, «dall’accusa di aver fatto un uso distorto del potere per avere semplicemente eseguito una disposizione del tribunale dei ministri. E ho comunicato al Parlamento tutti gli atti affinché lo stesso potesse esercitare le proprie prerogative. Evidentemente – aveva aggiunto – per fini che mi sfuggono ma neanche tanto, un incomprensibile attacco personale che mi pare fondato su una scarsa comprensione delle disposizioni di legge».
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