Flotilla, Fullone ultimo italiano liberato: “Calci, strattoni e botte. Dalla nave rubati gli aiuti”

Calci, pugni, strattoni. Pressioni psicologiche. E poi gli insulti: “Vieni qui Vincenzo, vieni qui troia di Hamas”. Vincenzo Fullone, portavoce per l’Italia della Freedom Flotilla a bordo della Conscience, la barca piena di medici e infermieri intercettata dall’Idf in acque internazionali davanti all’Egitto proprio nei giorni in cui si definiva l’accordo di pace e la riapertura dei canali umanitari, parla dalla Giordania dopo le visite, la Tac e gli esami necessari per capire se i colpi ricevuti nei giorni in cui è stato ostaggio del supercarcere israeliano di Ketziot abbiano lasciato strascichi. Sul sopracciglio c’è il segno lasciato dal calcio di una pistola, tra le mani una sigaretta, nella testa una convinzione ripetuta più e più volte. “Se hanno fatto questo a noi, che siamo occidentali, pensa cosa succede ai palestinesi”. Secondo le associazioni di difensori dei diritti umani e avvocati, più di diecimila, inclusi minori, sono trattenuti da anni senza accuse, né processo, né possibilità di assistenza legale. Diversi report hanno documentato botte, torture e vessazioni, molti sono morti durante la detenzione. “Noi non li abbiamo visti, ma nei cellulari con cui ci hanno portato in carcere, nelle celle c’era puzza di urina, di paura. È difficile non averne quando sei in mano loro”.

Cos’è successo la notte dell’intercettazione?

“Abbiamo sentito tre elicotteri arrivare sopra la nave. Il rumore era fortissimo, lo spostamento d’aria provocato dalle pale ti faceva sbandare. Si sono calati giù con le corte e mi hanno preso subito, mi hanno isolato dagli altri. Mi hanno preso e mi hanno detto: ‘Vieni qua, troia di Hamas’. Mi hanno legato le mani con le mani con le fascette e mi hanno trascinato via”

La conoscevano?

“Sapevano tutto di me, così come lo sapeva il tizio, presumo del Mossad, che mi ha interrogato dopo. Parlava un italiano perfetto, con accento romano. Conosceva tutta la mia vita: che ho vissuto a Gaza, cosa abbia fatto. Mi ha detto: ‘Se ti considerassimo pericoloso ti avremmo già eliminato da tempo’”.

L’ha spaventata questo?

“Sapevo di essere un obiettivo già quando sono partito. La cosa che mi ha fatto arrabbiare è quello che si è azzardato a dire dei miei amici palestinesi, di chi mi è stato vicino. ‘Ti hanno ingannato, erano di Hamas’. Gli ho risposto che li hanno ammazzati quindi la loro versione non la sapremo mai, non hanno permesso loro di parlare o difendersi, come fanno regolarmente con i palestinesi”.

Flotilla, i cartelli per Gaza mostrati da un attivista prima dell’arrivo della marina israeliana

Ha visto o subito violenza?

“Quando siamo arrivati al supercarcere di Ketziot mi hanno sbattuto in isolamento: entravano in assetto antisommossa, con i fucili spianati: un paio di volte ho pensato: ‘È finita’. Ma i militari sono stati brutali fin dall’inizio – calci, pugni, strattoni, capelli quasi strappati – ma non solo con me. Una ragazza, Noa, con doppia nazionalità, israeliana e statunitense, ha provato a difendermi quando sulla Conscience mi hanno portato via, e l’hanno massacrata di botte. È stata liberata anche lei insieme a me, ha ancora il volto tumefatto. Adnan, un attivista turco, ha provato a mettersi in mezzo, gli sono saltati di sopra in venti. Avevo le mani legate strette con le fascette non potevo fare niente”.

C’è un’immagine o un episodio che l’abbia impressionata di più?

“Quando siamo stati portati a Ketziot ci hanno messi in un pullman di acciaio con dentro delle cellette microscopiche in cui stavamo in tre. Sembrano i vagoni piombati dei nazisti. In carcere venivano mandate a ripetizione le immagini del 7 ottobre. A tanti hanno tolto le medicine salvavita, molte ragazze sono svenute e nessuno le ha assistite. Ripeto, se succede questo agli occidentali, pensiamo a cosa possa succedere ai palestinesi”.

Avete ricevuto assistenza consolare?

“Ad Ashdod non c’era nessuno, nessun rappresentante dell’ambasciata. Quando si è presentato in carcere, accompagnato da gente dell’esercito o del Mossad, non so, non l’ho voluto incontrare. Mi rifiuto di parlare con chi tace su tutto questo”.

Quando ha saputo del cessate il fuoco a Gaza?

“Solo quando sono arrivato in Giordania. Non è un accordo di pace, è un ricatto nei confronti di una popolazione che è stata massacrata per due anni, spero che almeno serve per fermare il genocidio in corso. Ma anche mentre si trattava sono stati rubati gli aiuti dalla Conscience, li abbiamo visti mentre li portavano via con i gommoni, sono stati arrestati medici che chiedevano solo di poter soccorrere. Quindi non so che futuro possa avere”.

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