Giovani, famiglie e vip tra kefiah e bandiere: “Un dovere essere qui”

Quando la testa del corteo arriva in piazza San Giovanni, la coda è ancora ferma a piazza Vittorio. Gli organizzatori della manifestazione per Gaza avevano scommesso su 50mila presenze. Ieri in piazza ce n’erano molte di più, una folla di cui non si vedeva la fine. Tante bandiere di partito, sì, ma anche, e soprattutto, tante persone comuni di ogni età, giovani dalle scuole e dalle università, coppie, famiglie, lavoratori, pensionati. Senza spezzoni, un unico magma, pochi striscioni, decine di cartelli fai-da-te. Un popolo di sinistra che si ritrova, si riconosce: «Ma quanti siamo? Siamo tantissimi», dicono tutti lungo il percorso, sopra i tamburi itineranti, sopra i cori che rimbombano in via Emanuele Filiberto: «Free, free, Palestine».

Roma per un pomeriggio ha il cielo dei colori della Palestina, sfila sotto la bandiera di decine di metri srotolata lungo il percorso insieme a quella della pace e a una stampa di Guernica per dire «basta al genocidio». Il sole picchia ma non scoraggia il popolo pro-Pal: «Finalmente, meglio tardi che mai», urla Edoardo, arrivato da Napoli rivolgendosi ai politici che guidano il corteo.

Un po’ in disparte, alla sinistra geografica del serpentone, appare il regista Nanni Moretti. Due settimane fa aveva pubblicato un post con la faccia di Benjamin Netanyahu con scritto: «Ma quanti palestinesi devono ancora morire perché tu sia soddisfatto e finalmente la smetta?». E quindi eccolo qui, camicia azzurra e sguardo rivolto in avanti, nella sua marcia silenziosa.

“In piazza per Gaza”, la folla vista dall’alto. Gli organizzatori: “Più di 300mila persone”

Tra la folla c’è anche il cantautore e musicista Toni Esposito. «Il dovere di ogni cittadino è protestare contro questa mattanza che il mondo sta a guardare con indifferenza», dice. E poi Paolo Calabresi e Pif, Vauro e Paola Michelini, Gianrico Carofiglio e Anna Foglietta, Marco Bonini e Paola Minaccioni dietro lo striscione «Every child is my child». Fiorella Mannoia e Paola Turci camminano insieme con la kefiah legata alla borsa e la bandiera della Palestina: «È un dovere civile esserci — ripetono in coro — Noi non siamo mai state zitte, ma c’è chi lo ha fatto per troppo tempo, chi come Meloni tace ancora, una parte di informazione che resta complice. In Italia stiamo qui a dividerci sulle parole, a Gaza bombardano: una strage di innocenti, un genocidio vergognoso. Non c’entrano i partiti, è una questione di umanità. L’opinione pubblica, questa piazza qui, di gente comune, normale, si è stancata di questo massacro. Ora basta».

Cinque donne stringono a loro dei fagotti insanguinati, c’è un cartello con Hitler che bacia Netanyahu, i cartelli che gridano «stop arming Israel», le foto dei bambini massacrati, chi indossa magliette con su scritto «possiamo combattere il genocidio palestinese e l’antisemitismo allo stesso tempo».

E poi Klaus Davi con la kippah arcobaleno in testa e la bandiera d’Israele, che «è una grande democrazia con un premier liberamente eletto. Io sono qui in piazza per chiedere la liberazione della Palestina da Hamas». Qualcuno non apprezza e gli ruba la bandiera, ci penserà la Digos. Ce ne sono altri due, in tutto, di vessilli con la stella di David. Matteo Hallissey, presidente di +Europa, la bandiera israeliana l’ha legata a quella palestinese in un «gesto simbolico di dialogo e riconciliazione». C’è chi gli passa accanto e applaude, «per due popoli e due Stati», chi critica ferocemente, «perché ora quella bandiera rappresenta uno sterminio». Qualche fischio, prima di molti applausi, se lo prende anche Gad Lerner quando dal palco si definisce sionista.

I cori sono tutti per Netanyahu e il governo italiano «complice». Ci sono spillette e cartelli contro la premier. «Sono padre, sono cristiano, sono nonno, sono italiano, non sono assassino», si legge parafrasando le dichiarazioni della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Poi, dopo quattro ore e mezzo, la manifestazione si chiude sulle note di Bella ciao, la piazza unita la canta, Paolo Fresu la suona alla tromba, allunga la nota finale, ora sembra una sirena antiaereo.

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