Giubilei: “La conferenza della destra conservatrice a Roma nel 2025. Trump? Un modello per la politica estera”

Francesco Giubilei, 32 anni, uno degli attivisti culturali più in ascesa della destra italiana, è appena rientrato dagli Stati Uniti: con la delegazione di Nazione futura (composta da nove persone) è stato ospite della Conservative Political Action Conference (Cpac) a Washington, una specie di internazionale conservatrice.

È davvero possibile che la Conferenza arrivi anche in Italia?

“Abbiamo lanciato la proposta al presidente dell’American Conservative Union Matt Schlapp, che gestisce la Cpac, c’è molto interesse di quel che accade nel nostro Paese. Il vero tema è quello finanziario, sarebbe un evento in grande stile che ha un costo elevato, insomma vanno reperiti i finanziamenti. Il know how per realizzarlo comunque c’è, in Europa l’altra Cpac la si organizza in Ungheria e ne sono stato ospite. Comunque se ne parlerebbe per il 2025″.

State prendendo lezioni dalla sinistra? Cioè la necessità di creare un vostro ‘internazionalismo’?

“Questo è un punto interessante: noi vorremmo abbattere alcuni stereotipi del mondo della destra, ad esempio su cultura e ambiente, o rispetto al fatto che la destra sia anti-europea. L’errore da non fare è andare da soli, noi da anni lavoriamo a livello europeo e americano per creare una rete che esista ed è strutturata per portare avanti temi comuni. Lavoriamo con fondazioni vicine a Vox, al mondo britannico legato all’esperienza di Margaret Thatchter e siamo partner della rivista “The European Conservative”: ci riuniamo ogni mese e mezzo, in paesi diversi, e poi abbiamo accordi con altri think tank in Ungheria e con il movimento conservatore in Francia”.

Che aggettivi ha questa destra? Conservatrice, sovranista, nazionalista o che altro?

“Il termine più corretto è una destra conservatrice, se vogliamo declinare su temi e valori sono quelli dell’identità nazionale ed europea, della libertà intesa come di parola e di espressione, di contrasto alla cosiddetta cultura woke. Poi è sbagliato solo un approccio contrario, ci sono dei temi in cui essere propositivi: l’ambiente è cruciale, la destra non può lasciare agli avversari questo argomento”.

Ed è una destra liberista in campo economico?

“Direi di no, liberale invece sì, con uno Stato forte nei settori strategici ma debole nella vita privata dei cittadini. Una destra conservatrice sui valori, liberale nei temi economici, garantista nella giustizia. Il conservatorismo di matrice latina, che ha dei punti in contatto con quello anglosassone, ha delle caratteristiche proprie: risente della dottrina sociale della Chiesa, ha una attenzione maggiore nei confronti dei ceti più deboli”.

Il vostro partito di riferimento è comunque Fratelli d’Italia?

“Con FdI c’è un buon rapporto, la nostra area di riferimento è sempre stata il centrodestra e cerchiamo di avere relazioni con tutte le anime della coalizione. Al momento non abbiamo accordi formali con alcun partito, negli ultimi anni siamo cresciuti molto sia come think tank sia come presenza sui territori di Nazione Futura, vedremo il da farsi anche in vista delle elezioni europee”.

Steve Bannon alla Cpac ha detto cose molto dure contro l’Ucraina e favorevoli alla Russia. Cosa ne pensa?

“Il suo discorso ci ha sorpreso, ha utilizzato dei toni molto accesi, è stato un discorso duro e radicale, ha riparlato dei brogli di quattro anni fa”.

E non condivide le sue posizioni?

“Il vero tema è che il mondo repubblicano americano è eterogeneo, questo avviene anche nel mondo trumpiano dove ci sono anime istituzionali e altre più radicali. Bannon non a caso non si definisce un conservatore, è più un sovranista. Mentre Trump nel suo intervento invece è stato più equilibrato”.

Questa destra conservatrice che rapporti ha con l’eredità storica dell’estrema destra e del fascismo?

“Il conservatore per definizione non ha niente a che fare con il neofascismo, il mio bisnonno fu tra i fondatori del Partito popolare di don Luigi Sturzo in Umbria. La realtà del nostro think tank considera quel fenomeno come qualcosa da storicizzare che non ha nulla a che fare con la nostra area”.

Ma una nuova vittoria di Trump negli Usa può essere positiva per Meloni? La premier si sta impegnando molto per incarnare una linea filo-atlantista netta contro la Russia, ad esempio.

“Sulla politica interna, a partire dai fatti di Capitol Hill, Trump ha compiuto degli errori e non riconoscerlo sarebbe poco onesto intellettualmente. Ma sulla politica estera aveva una linea corretta. In Medioriente ha realizzato i Patti di Abramo tra Israele e parte del mondo arabo, ha un approccio netto con la Cina, considerata una minaccia, ed è vero quel che dice che sotto di lui non ci sono state guerre. Se dovesse tornare a essere presidente ne gioverebbe il contesto globale e avrebbe ottime relazioni con il centrodestra italiano”.

Ma rispetto alla Russia?

“Alla Cpac abbiamo sentito pareri contrastanti, alcune anime del mondo repubblicano percepiscono la Russia come un pericolo, un’altra componente invece è più che altro critica sulla gestione di Biden della guerra. Si sindaca non tanto l’aiuto all’Ucraina ma il fatto che non si veda una soluzione: qual è lo sbocco? Il timore è quello di uno scenario come l’Afghanistan. Dopodiché più che di politica estera si è parlato molto di economia, immigrazione, pericoli dell’Intelligenza artificiale, della cultura woke”.

Condividi questo contenuto: