Il 25 Aprile di Livermore: “Difendiamolo da chi mistifica la storia, anche per colpa della sinistra”
«Oggi è la giornata di tutti: chi ci ha chiesto di celebrare con sobrietà il 25 Aprile ha cercato di abbassare le luci su una festa straordinaria, un’onda che sempre si alzerà». Davide Livermore lo inquadra a modo suo, lirico e lucidissimo, tutto il peso della celebrazione degli 80 anni della Liberazione. Una commemorazione che «vale la stessa esistenza di un Paese», che il regista oggi direttore del Nazionale di Genova ha portato fin sul palco del suo teatro. Ospitando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il lancio del progetto “D’Oro. Il sesto senso partigiano”, lo spettacolo tratto da un’idea di Gad Lerner e Laura Gnocchi, e il 25 Aprile più importante di tutti.
Un teatro, il suo teatro, ha ospitato la celebrazione degli 80 anni della Liberazione. È bastato, per silenziare le polemiche e le divisioni sui toni della festa?
«Mi viene da ridere, io non ho mai visto cinque giorni di lutto nazionale: pure Gesù Cristo è risorto dopo tre giorni, e neanche in maniera sobria. Eppure, c’è chi ha chiesto di celebrare con sobrietà una festa così importante, ci sono forze politiche che continuano a provare a mistificare. Senza capire davvero il valore del senso di profonda fratellanza che porta con sé il 25 Aprile, che rimane un giorno fondamentale anche per chi stava dalla parte sbagliata, e comunque ha beneficiato di 80 anni di democrazia».
Sono tempi di revisionismo più o meno strisciante, pensa sia un problema più politico, o culturale?
«Spuntano ogni giorno nuovi tentativi di manipolazione della storia, sono arrivato a leggere che noi italiani saremmo finiti in Russia per difenderci, invece che per invaderla. Il 25 Aprile non si celebra la fine della guerra civile, si celebra la vittoria dei partigiani, del popolo italiano che si è armato, e in questa città si è armato come in nessun’altra, l’unica in Europa ad essersi liberata da sola senza le forze alleate. Basterebbe ricordare questo dato, per far capire l’assurdità delle prove di mistificazione della memoria».
Ovvero?
«Se Genova si è liberata da sola, senza soldati alleati, è perché l’operaio comunista, l’insegnante socialista, il ricco notaio liberale, il monarchico, il repubblicano si sono messi tutti insieme per una causa comune: ecco perché è la giornata di tutti. Chi auspica un 25 Aprile di sobrietà, cerca solo di evitare un’onda che sempre lo travolgerà con la forza della verità e della storia».
Sono anni, però, che la memoria partigiana è sotto attacco. Quanto c’è, secondo lei, anche di responsabilità della politica, anche quella di sinistra?
«Sono trent’anni, che da destra si fa prova di mistificazione politica con menzogne e giochetti revisionisti di ogni tipo, ed è vero purtroppo le sinistre hanno avuto le loro responsabilità. Perché per anni si è lasciato libero Berlusconi di agitare lo spettro dei comunisti? Che pure, lo dico da non comunista, sono stati centrali nel ruolo di trasformazione democratica di questo Paese? Penso a Veltroni, che il giorno dopo della caduta del Muro di Berlino già diceva di non essere mai stato comunista. Penso a D’Alema. Personaggi di questo tipo hanno una grandissima responsabilità politica per quello che è successo»
Che fare, si direbbe a sinistra, per rimediare?
«Penso alla formula di consacrazione dei cavalieri templari, “Sorga un Cavaliere” e sorgano tanti cittadini che hanno voglia di non farsi prendere per il culo, e rispedire al mittente i giochini di chi in questi anni ha ridimensionato il peso del 25 Aprile. Ci si salva continuando a venire a teatro, stando insieme, nelle biblioteche, nelle piazze. Capisco l’idea possa spaventare: davanti al teatro nell’ultima manifestazione studentesca sono passati 80 ragazzi circondati da 300 poliziotti. Di cosa stiamo parlando?».
Mattarella ha ricordato i tanti lasciti della Resistenza, tra questi anche la pace. Un tema mai così divisivo come in questi ultimi tre anni. Che effetto le fa?
«È incredibile, a che livello sia finito il dibattito sul riarmo dei paesi europei, e sul significato della parola pace. L’Europa rischia di diventare terreno di guerra solo se si riarma, mi pare evidente. Il problema è che in questo momento storico siamo vittima della logica hooligan, siamo tutti tifosi. Porta voti ai politici, ma non fa il bene dei cittadini. L’unica cosa su cui dovremmo essere veramente tifosi è uno, ed è l’antifascismo».
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