Lite tra Salvini e Meloni. Il ministro: “Non passo per chi aumenta le tasse”
L’irritazione monta quando sulle agenzie rimbalzano le parole dei leader delle opposizioni sulla tassa dell’estate. È a quel punto che Giorgia Meloni decide di intervenire per fermare l’emendamento che aumenta i pedaggi autostradali. Un errore assurdo, confida ai suoi collaboratori. L’accusa è rivolta al ministro Matteo Salvini. La premier prende il telefonino in mano e scrive al suo vice. Chiede spiegazioni. ll leader della Lega risponde nel merito. Chiarisce che l’incasso extra al casello serve per garantire la sicurezza della rete autostradale. In ballo — spiega — ci sono più di trentaduemila chilometri di ex strade provinciali, ora statali, che necessitano di una manutenzione urgente da parte dell’Anas. È il prezzo da pagare — aggiunge — per la riforma che ha svuotato le province, caricando lo Stato di «problemi economici». Servono soldi, è la postilla.
Lo scambio di messaggi avviene ad alta quota. Quando riceve il primo sms, il leader del Lega è a diecimila metri sopra l’Azerbaijan, in volo verso il Giappone per una missione internazionale. Irritato per la reazione di Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio, contro una misura che — rivendica in un altro messaggio — è stata condivisa da tutta la maggioranza, come attestano le firme dei relatori di FdI, Lega e FI in fondo all’emendamento. ll wi-fi dell’aereo è stabile, lo scambio con la premier va avanti. I due discutono dell’opportunità di introdurre un balzello nel pieno delle vacanze estive, con milioni di italiani in viaggio. Tocca ancora a Salvini parare i colpi. L’aumento — scrive alla premier — è contenuto, appena una decina di centesimi per andare dal Centro al Nord. Ma la difesa più forte è sulla condivisione preventiva della misura con gli alleati. «Non passo per quello che aumenta le tasse», sbotta. Ai suoi affida una ricostruzione che attesterebbe la veridicità della sua tesi. Luogo e data: Montecitorio, 25 giugno. Alla Camera si tiene una riunione di maggioranza sugli emendamenti al decreto Infrastrutture, il veicolo della misura sui pedaggi.
È il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi, a illustrarli. Il numero due di Salvini al Mit parla anche di autostrade. Il testo dell’emendamento è stato scritto dai funzionari del ministero, ma quel giorno non compare sul tavolo della riunione. Arriva, però — nella ricostruzione dei parlamentari leghisti — una spiegazione a voce da parte di Rixi. Nessuno fa obiezioni. Neppure i rappresentanti di FdI. La tesi di Salvini, però, non viene confermata dal partito della presidente del Consiglio. «Noi quel giorno non abbiamo sentito parlare di pedaggi», dice una fonte di FdI di primo livello. Ma al netto della riunione, Salvini punta sulle firme degli alleati in fondo all’emendamento. Per questo quando la premier lo incalza, ribatte citando proprio i nomi e i cognomi dei relatori. Si dice esterrefatto per come Fratelli d’Italia si è smarcato.
Ma la premier insiste: l’emendamento va ritirato. E l’annuncio spetta al suo interlocutore. «Va bene», chiude Salvini. Poi il segretario del Carroccio invia un messaggio ai suoi: «O siamo una maggioranza o non lo siamo».
Dalla promessa alla premier ai fatti. A Roma è la relatrice leghista, Elisa Montemagni, a farsi esecutrice del ritiro della firma dall’emendamento. Ma gli screzi tra gli alleati non si spengono. In casa Lega a finire sotto accusa è Galeazzo Bignami, capogruppo di FdI alla Camera. Per i leghisti è lui «la manina dietro le fonti di FdI che hanno rinnegato l’emendamento». L’ultima stoccata è di Salvini: «Ora saranno altri a dover recuperare i fondi» per la manutenzione delle autostrade. Palla agli alleati.
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