Ponte, il ministero dei Trasporti: “Già finanziato, non previsti fondi Nato”. Cosa succede ora dopo la frenata Usa

Adesso il nodo dei fondi destinati al Ponte sullo Stretto diventa l’ennesima grana da risolvere per il governo Meloni. Nello specifico per determinati ministri, dell’Economia Giancarlo Giorgetti e quello della Difesa, Guido Crosetto. E Matteo Salvini stesso. Anche se il vicepremier leghista fa sapere tramite il suo ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture che “l’opera è già interamente finanziata con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa” e quindi “non è in discussione”, le parole dell’ambasciatore Usa alla Nato, Matthew Whitaker, gettano un’ombra pesante sui fondi per il riarmo.

Il vincolo del 5%

L’accordo siglato con la Nato, infatti, prevede che gli Stati membri dell’Unione europea accantonino il 5% per cento del Pil per le spese militari. Per l’Italia la stima è di 113 miliardi di euro, all’interno dei quali il governo guidato da Giorgia Meloni aveva inserito anche i 13,5 miliardi destinati all’infrastruttura di collegamento tra Sicilia e Calabria, motivandola come opera d’interesse pubblico e militare. Adesso che la Nato dice, sostanzialmente, che – no – quella non può essere considerata tra le spese militari, il Mef di Giorgetti e la Difesa di Crosetto dovranno trovare un piano B per raggiungere la soglia del 5%. Lo ha fatto capire l’ambasciatore Usa alla Nato Matthew Whitaker, intervistato dall’agenzia Bloomberg: il governo Trump non intende avallare operazioni di maquillage ragionieristico, per giustificare l’aumento delle spese di difesa. “Ho avuto conversazioni con alcuni Paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa ed è molto importante”, che l’obiettivo del 5% si riferisca specificamente alla difesa e alle spese correlate e che l’impegno sia “assunto con fermezza”, le parole di Whiteker.

La nota del Mit

“Il Ponte sullo Stretto – precisa già in mattinata il ministero guidato da Matteo Salvini – è già interamente finanziato con risorse statali e non sono previsti fondi destinati alla Difesa. Al momento, l’eventuale utilizzo di risorse Nato non è all’ordine del giorno e, soprattutto, non è una necessità irrinunciabile. L’opera non è in discussione”. Ad essere in discussione sono invece le somme per il riarmo. Su quello il governo dovrà ragionare su un’alternativa contabile che possa essere sostenibile per i conti pubblici.

La scure della Corte dei Conti

In questo quadro, il via libera al Ponte non è ancora definitivo: a dover apporre il sigillo sull’operazione è la magistratura contabile, che deve pronunciarsi sulla delibera Cipess che ha dato l’ok all’infrastruttura. Alla luce dei malumori che arrivano dagli States e delle nuove somme che Mef e Difesa saranno chiamati a dover recuperare, è tutt’altro che scontata la direzione che potrebbero decidere di imboccare i giudici contabili. Non si tratta di un passaggio secondario: i cantieri minori e le opere collaterali non potranno partire prima dell’ok dei giudici alla spesa.

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