Boom di anziani, come dobbiamo proteggerli

Nel 2050, in Italia, una persona su tre avrà più di 65 anni. Parafrasando il titolo di un film, l’Italia, come confermano tutte le cifre demografiche, è un Paese per vecchi: siamo la seconda nazione al mondo, e la prima in Europa, per percentuale più alta di cittadini over 65 e più bassa di giovani. Il basso indice di natalità, inoltre, lascia prevedere una prospettiva di ulteriore crescita della parte più anziana della popolazione.

E’ uno scenario che comporta sfide importanti, soprattutto in ambito di welfare e sanitario, e richiede più urgentemente che mai un impegno tempestivo per trasformare questa potenziale critica in un’opportunità. Più anziani vuol dire più pensioni da pagare, meno persone in età lavorativa, più malattie croniche, più persone da assistere, più spesa per il Sistema sanitario.

È a questi temi che è dedicato il primo incontro del ciclo “Apco Health Talks: esplorando il sistema salute”, incentrato per l’appunto sul ruolo della prevenzione per la protezione degli anziani, che si è svolto oggi a Roma: l’iniziativa è stata l’occasione per fare un punto su una delle sfide più complesse e strategiche, con un focus particolare sul valore socioeconomico della vaccinazione nella popolazione anziana, le politiche sanitarie attualmente in atto in questo ambito e la centralità dell’accesso tempestivo alla prevenzione.

Troppa poca prevenzione

Partiamo dai numeri, che difficilmente mentono o indorano la pillola. A fronte del trend demografico in discesa in Italia si osserva un significativo calo della spesa destinata alla prevenzione (-18,6% tra il 2024 e il 2023, secondo la fondazione Gimbe) e un trend allarmante rispetto alle coperture vaccinali tra gli over 65, ben lontane dagli obiettivi raccomandati. Secondo i dati del Ministero della Salute, la copertura antinfluenzale, per esempio, nella stagione 2023-2024 ha attestato un calo di 3,4 punti percentuali rispetto alla stagione precedente (la copertura è stata di appena il 53,3% a fronte di un target minimo dell’85%); per il Covid è andata ancora peggio, con una copertura di appena il 4,47% nella popolazione over 60 nella campagna 2024-2025. Si sospetta che il trend sia simile anche per pneumococco ed herpes zoster, anche se la mancanza di un sistema strutturato di monitoraggio rende difficile una stima più precisa. Infine, ultimo ma non meno importante, il virus respiratorio sinciziale, raccomandato a livello europeo ma non in Italia.

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Scarsa percezione del rischio

Uno dei problemi, dicono gli esperti intervenuti all’incontro, è in un’insufficiente percezione del rischio: “Tra la popolazione anziana”, ha spiegato Michele Conversano, professore di igiene dell’Università degli studi di Firenze e presidente del comitato scientifico di HappyAgeing, “permane una scarsa percezione del rischio legato alle complicanze delle malattie infettive prevenibili con vaccini. È evidente che servono azioni mirate sia verso i medici che verso i cittadini anziani, per far comprendere la reale pericolosità di malattie come Covid-19, influenza, pneumococco, herpes zoster e anche l’RSV e le opportunità offerte dalla vaccinazione. Tuttavia, senza un sistema di monitoraggio efficace e con dati pubblicati tempestivamente, è difficile intervenire in modo mirato. Serve una strategia strutturata di chiamata attiva: a partire dai 65 anni o in presenza di patologie croniche, ogni cittadino dovrebbe essere raggiunto da una comunicazione chiara e coordinata. Solo così possiamo davvero proteggere la salute degli anziani e garantire un invecchiamento in buona salute”.

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L’ora degli interventi mirati

Oltre alla questione della percezione del rischio, un’altra criticità è legata all’insufficienza degli interventi da parte del legislatore: servono, dicono ancora gli esperti, un aggiornamento tempestivo del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale sulla base delle ultimi vaccinazioni, degli interventi volti a livellare le disomogeneità tra le regioni e modelli di governance più coordinati ed efficienti. E non solo: occorre promuovere una cultura della prevenzione come investimento, rafforzare l’accesso all’innovazione vaccinale e valorizzare i modelli virtuosi già in atto: il Lazio con la sua rete digitale di hub vaccinali, la Lombardia con il coinvolgimento dei medici di medicina generale e farmacie, e la Toscana con l’approccio integrato e istituzionale.

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Il problema dei costi

La mancata prevenzione è certamente un costo non solo sanitario, ma anche economico, che è stato quantificato con uno studio ad hoc, Altem Advisory: “Obiettivo dello studio di Altems Advisory è stato quantificare il costo della «mancata vaccinazione», in termini di minore salute e maggiori costi nei diversi contesti regionali individuati valorizzando le implicazioni economiche e sociali dell’ampliamento delle coperture vaccinali e delle modalità così come previsto dal Piano Nazionale per la Prevenzione Vaccinale 2023-2025”, ha spiegato Eugenio Di Brino, ricercatore dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari – ALTEMS, Universita? Cattolica del Sacro Cuore Roma. Parliamo di tanti, tanti soldi: “Abbiamo misurato il valore delle vaccinazioni ampliando il concetto stesso di valore introducendo una misurazione di impatto degli effetti della malattia evitabile da vaccinazione sul prodotto interno lordo (PIL) a causa dell’esaurimento di lavoro e capitale, e il valore economico che potremmo recuperare innalzando le coperture vaccinali l’abbiamo stimato pari in 10 miliardi di euro”.

Alla luce di tutto questo, la vaccinazione resta al momento il nostro strumento più formidabile per tutelare la salute individuale, quella collettiva e il sistema sanitario: “La vaccinazione non è solo un intervento per la salute individuale, ma per la salute collettiva. È uno strumento fondamentale di sanità pubblica che protegge l’intera comunità, in particolare le persone più fragili e anziane, che sono maggiormente esposte alle complicanze delle malattie infettive”, ha concluso Simona Ursino, presidente della Società Italiana di Igiene Medicina Preventiva e Sanità Pubblica della Regione Lazio e direttore sanitario della Asl Roma 4. “Garantire alti livelli di copertura vaccinale significa rafforzare la tenuta del nostro Sistema Sanitario e assicurarne la sostenibilità, soprattutto in un contesto di invecchiamento della popolazione”.

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