Cervello e odori, perché non possiamo fare a meno di annusare

Il trompe l’oeil fa scherzi e tesse inganni da tempi immemorabili, ma del trompe nez non se ne sente mai parlare: il neuroscienziato Hirac Gurden ha una spiegazione per questo paradosso. È il risultato dei suoi studi al Cnrs di Parigi, dove indaga come il cervello rappresenta gli odori, piacevoli e sgradevoli, e i legami tra l’olfatto e l’alimentazione. Il mondo – sostiene – lo annusiamo, prima ancora di viverlo. E con il cibo tocchiamo l’apice di questo approccio istintivo: lo assaggiamo con il naso, solo dopo con la bocca.

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Professore, qual è la scoperta più sorprendente di questo strano rapporto naso-cibo?

“Sto lavorando sulla connessione tra l’odore e il comportamento alimentare: con il mio team ho scoperto che gli odori dei cibi possono regolare l’energia interna del nostro metabolismo”.

In che modo?

“Quando prepariamo del cibo, e lo stiamo solo odorando, l’organismo lo sta già pre-processando: è un’evidenza inedita e interessante”.

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Quali informazioni ci dà il cibo e come ci condiziona?

“Ci prepara alla quantità di energia che contiene: l’aroma delle patatine non è lo stesso di quello delle verdure. È un’informazione che può avere molte conseguenze, per esempio sulla dieta da seguire”.

In pratica?

“Pensiamo all’impatto sui pazienti obesi. Questi dati ci permetteranno di capire meglio come percepiscono gli odori dei cibi. Forse, il tutto avviene in modo diverso rispetto a chi obeso non è”.

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Ognuno annusa a proprio modo?

“Non lo sappiamo ancora con certezza: è ciò che stiamo studiando”.

Che idea si è fatto?

“Penso che potrebbe esserci una sorta di distorsione della percezione in chi è obeso. Stimolare, quindi, il loro olfatto in modo corretto può aiutare a mantenere il controllo di ciò che mangiano”.

Noi abbiamo recettori olfattivi ovunque: è così?

“Sì. Nel 2004 è stato assegnato il Nobel a Linda Buck e Richard Axel per la scoperta dei geni che codificano i recettori olfattivi. All’epoca non sapevamo che erano diffusi in tutto il corpo. Eravamo concentrati solo sul naso. Ora, invece, sappiamo che ce ne sono anche nell’intestino e perfino negli spermatozoi: li utilizzano nel cammino verso l’uovo. E ne esistono sulle cellule cancerose: probabilmente vengono usati come antenne chimiche e contribuiscono a scatenarne l’accrescimento”.

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Nel suo libro ‘Sentire il mondo’ sostiene che sottovalutiamo l’olfatto: perché?

“È molto più importante rispetto agli altri sensi. Lo capiamo solo ora, dopo che è stato a lungo stigmatizzato, da Aristotele a Freud. L’olfatto spaventava i filosofi, perché pensavano che fosse il senso tipico degli animali. Lo collegavano alle emozioni, il che è vero, ma erano convinti che queste ultime ostacolassero l’attività intellettuale. In realtà, è vero il contrario: abbiamo bisogno dell’olfatto per avere una buona qualità di vita. L’esperienza del Covid ha dimostrato che, quando perdiamo il senso dell’odore, perdiamo la bellezza dell’esistenza”.

Che cosa si nasconde dietro questo legame?

“È legato al piacere, all’immaginario, alla memoria. Chi non ha l’olfatto soffre: sono le persone colpite dalla anosmia e sono tra quelle che più rischiano di sviluppare la depressione”.

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Qual è il rapporto con il cervello?

“Migliaia di network neuronali si attivano nel cervello quando percepiamo un odore. È un processo probabilmente collegato al fatto che il senso dell’olfatto è il più antico dei nostri sensi. Per molti motivi: primo, perché è importante per la nostra sicurezza. L’odore del fuoco ci spingeva a fuggire, così come quello che può sprigionarsi nelle nostre cucine. E serve per identificare quando un cibo è tossico. Poi, è necessario per assaporare i gusti e riconoscere il cibo che portiamo in bocca. È ciò che chiamiamo il sistema retrolfattivo. Quando mangiamo qualcosa, notiamo immediatamente che i recettori della lingua interagiscono con quelli del naso. L’esperienza gustativa e quella olfattiva sono complementari. Un esempio è quello dei sommelier: il vino si sente, prima di essere assaggiato”.

Annusiamo e siamo annusati: ognuno ha una firma odorosa?

“Il corpo rilascia molti odori, perché siamo vivi. Ogni cellula produce molecole diverse e alcune sono percepibili: ognuno, quindi, ha un segnale olfattivo. È un’identificazione precisa, come le impronte digitali. Nelle donne è diverso dagli uomini, perché non abbiamo gli stessi ormoni, e cambia da individuo a individuo, a seconda di ciò che mangiamo e dell’età”.

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È una realtà misurabile?

“Non ancora, ma adesso si sta lavorando ai nasi elettronici. A Parigi, all’Institut Curie, il centro per la ricerca del cancro, c’è un programma per allenare i cani a riconoscere l’odore di diversi tipi di cancro. Penso che tra un decennio avremo macchine in grado di eseguire questo tipo di analisi con specifici sensori per molte malattie. Diagnosticando la tubercolosi, per esempio”.

I suoi prossimi studi?

“Le informazioni che possiamo ottenere dal corpo. Un aspetto è la trasmissione emozionale dell’informazione: se ti senti felice oppure spaventato, il tuo odore cambia e chi ti sta vicino lo noterà. Possiamo mentire con le parole, ma i nostri odori comunicano la verità di noi stessi. Sempre”.

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