Colesterolo LDL, un punteggio per decidere a chi servono cure mirate per prevenire infarto e ictus

“Cherchez la femme”, si diceva una volta nei libri gialli quando l’investigatore doveva trovare il movente di un atto delittuoso. Oggi, forse, qualcosa di simile si può dire anche in cardiologia, parlando del rischio di infarto e ictus correlato ad elevati valori di colesterolo “cattivo” o LDL. Se è importante fa calare più possibile i livelli del lipide nel sangue, infatti, occorre anche capire in quali soggetti bisogna scendere di più, anche oltre le indicazioni generali delle linee-guida. In questo senso, la “femme” da ricercare sarebbero le cellule dell’endotelio, la parete più interna dell’arteria. Perché si è visto che in alcuni casi funzionano in modo improprio, favorendo la formazione di placche e facilitando quindi la cascata di eventi che porta all’infarto.

Grazie a questa osservazione, presentata su Nature Medicine, gli esperti del Mass General Brigham di Boston coordinati da Nicholas Marston hanno sviluppato un punteggio di rischio poligenico che esamina i geni associati alla funzione delle cellule endoteliali, arrivando a definire chi tra diversi soggetti presenta un rischio di malattia coronarica con restringimento delle arterie più elevato. Magari a parità di livelli di colesterolo LDL.

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La chiave nei geni

Gli studiosi hanno messo in luce il ruolo di 35 polimorfismi a singolo nucleotide collegati sia alla funzione delle cellule dell’endotelio sia alla malattia coronarica. E sono così arrivati a definire uno score, ovvero un punteggio di rischio che hanno poi utilizzato per fare previsioni mentre seguivano i partecipanti in tre diverse popolazioni di studio.

L’analisi ha confermato che che gli individui con un rischio elevato di disfunzione endoteliale hanno tratto grandi benefici dalle terapie per abbassare l’LDL-colesterolo e che questo score, in qualche modo, potrebbe diventare uno strumento per definire quanto e come abbassare il colesterolo LDL nel singolo paziente.

“Abbiamo cercato di capire perché due pazienti con colesterolo alto in modo simile possano avere gradi molto diversi di malattia delle coronarie – spiega in una nota Marston. Il nostro lavoro suggerisce che la funzione endoteliale intatta può fornire protezione in alcuni pazienti, mentre in altri la disfunzione delle cellule dell’endotelio può aumentare la loro sensibilità alle concentrazioni di LDL-colesterolo e amplificare il rischio di eventi cardiovascolari. Di conseguenza, i pazienti sensibili all’LDL-Colesterolo hanno un beneficio molto maggiore dalle terapie aggressive per abbassare il colesterolo”.

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Verso un trattamento su misura

Grazie a questo punteggio si spera di poter definire caso per caso quando e come forzare con terapie ipocolesterolemizzanti più intense. Insomma: l’obiettivo è un trattamento su misura, con piani di prevenzione personalizzati.

L’aterosclerosi delle coronarie, ovvero l’accumulo di placca nelle arterie, si sviluppa quando il colesterolo lipoproteico a bassa densità (LDL-Colesterolo) entra nelle pareti dei vasi sanguigni attraverso cellule endoteliali disfunzionali, portando alla formazione di lesioni. capire quali cellule potrebbero più facilmente “aprire la porta” al colesterolo potrebbe risultare di grandissimo aiuto per approcci tarati sul singolo soggetto. Ricordando che in ogni caso, per il colesterolo LDL vale la regola che più basso è e meglio è. Per tutti. Ma anche e soprattutto per chi ha già avuto un infarto o un ictus o è comunque ad elevato rischio.

“In questo senso, la riduzione del Colesterolo LDL deve essere personalizzata in base al profilo di rischio cardiovascolare individuale – segnala Marino Scherillo, Direttore Cardiologia Interventistica UTIC presso l’Azienda Ospedaliera San Pio Benevento. Questo test potrebbe essere particolarmente utile per definire in quale paziente è opportuno raggiungere livelli molto bassi di colesterolo LDL (sotto i 40 milligrammi per decilitro) utilizzando precocemente farmaci innovativi quali PCSK9 Inibitori (alirocumab, evolocumab) o siRNA (inclisiran) per abbattere il rischio di infarto ed ictus”.

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