Come sta Babbo Natale: ecco la sua cartella clinica
Rubizzo. In chiaro sovrappeso, con una evidente obesità addominale. E costretto a viaggiare, almeno una volta l’anno. Con un jet-lag che lo costringe ad alterare le abitudini del sonno. Ma non basta. I trasferimenti avvengono al freddo, con ulteriore stress per il cuore per la vasocostrizione indotta dalle basse temperature. Insomma.
Il rischio cardiovascolare
Se qualcuno provasse a scrivere la cartella clinica di Babbo Natale, probabilmente troverebbe un quadro a rischio cardiovascolare. “Parlerei di rischio molto elevato, considerando che incarna la figura tipica del soggetto che deve prestare maggior attenzione agli eventi come infarti ed ictus – commenta sorridendo Giuseppe Musumeci, direttore della Cardiologia dell’Ospedale Mauriziano di Torino. Ci troviamo di fronte ad una persona di media età, tendente verso l’anziano, con un Indice di Massa Corporea superiore a quello consigliato cui probabilmente si aggiungono un aumento della glicemia e dei valori di colesterolo. Già queste può far pensare ad un rischio cardiovascolare più elevato e alla presenza di una sindrome cardiometabolica”. Ma non basta. occorre considerare anche il freddo e lo stress, legato ai “turni” massacranti ed occasionali di un lavoro estremamente impegnativo, notturno e con la necessità di saltare numerosi fusi orari per consegnare i doni ai bimbi di tutto il mondo.
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Stress e Jet lag
Biscotti e latte, consumati per tutto il tragitto, sono alla base dell’alimentazione di Santa Claus nella notte di Natale. E non ci sono dubbi che, volando tutta la notte e al freddo, lo stress per il fisico debba essere sicuramente importante. Proprio il Jet lag, in questo senso, rappresenta un fattore di rischio per il cuore e non solo. Se il corpo rimane sveglio quando invece dovrebbe riposare, rispettando i suoi ritmi, e soprattutto se si mangia di notte, alteriamo i ritmi dell’organismo. Così, l’equilibrio dell’orologio biologico si altera. La secrezione di ormoni si modifica, la circolazione si modifica, la digestione si fa impegnativa. E così il viaggio di Babbo Natale diventa una sorta di “tour” a rischio.
L’ormone dello stress
Alcuni problemi si esauriscono in poco tempo. Ma se il buon nonnino va incontro ad una sindrome da “Frequent Flyer” crescono gli ormoni dello stress e si rischia anche di avere qualche acciacco alle capacità cognitive. Lo dimostra una ricerca apparsa qualche tempo fa su Journal of Neuroscience: chi viaggia spesso, saltabeccando tra fusi orari diversi, tende a presentare valori più elevati di cortisolo nella saliva. E questo, si sa, è l’ormone dello stress, con impatti evidenti su cuore e circolazione: favorisce l’ipertensione e tende a far aumentare la frequenza cardiaca. Inoltre, come se non bastasse, nel tempo le alterazioni dei ritmi sonno-veglia possono anche comportare una mancata sincronizzazione dell’orologio biologico e dei geni che lo regolano, con conseguenti ripercussioni sul benessere.
I fattori di rischio si sommano
Continuiamo in questo percorso di fantasia. Di fronte ad una condizione che mette a rischio con un’alimentazione non propriamente sana, ritmi di lavoro snervanti con la necessità di consegnare quasi due miliardi e mezzo di doni facendo il conto solo di bambini e ragazzi, alterazioni del ritmo sonno-veglia e magari anche un umore non proprio allegro (sapere che in molti non credano che tu esista può aprire la porta alla depressione) come può un vecchietto già di per sé a rischio continuare a svolgere il proprio lavoro senza accusare soste? Forse la buona sorte non basta, considerando anche l’overdose di cibo che attende Babbo Natale nella notte della sua impresa. Ed allora? Allora proviamo a sviluppare qualche ipotesi ardita sul suo profilo genetico, che probabilmente lo difende da tanti rischi che potrebbero pesare molto sui suoi coetanei nella vita di ogni giorno.
Il miracolo del colibrì
Che c’azzecca il vecchietto vestito di rosso con l’uccello più piccolo al mondo? Proviamo a fare un’ipotesi di benessere che parte da una combinazione genetica davvero unica. Anche se può sembrare strano, infatti, ad aiutarlo potrebbe essere la condivisione con tratti del DNA del colibrì, che rendono il metabolismo del piccolo uccello molto veloce, tra i più rapidi al mondo. Il piccolo animale ogni giorno deve praticamente mangiare in cibo l’equivalente del suo peso. E c’è da scommettere che Babbo Natale, almeno nel periodo di stress più intenso, faccia qualcosa di simile. Come il colibrì infatti ha uno stile di vita frenetico, a dispetto dell’età e della stazza.
Il genoma del colibrì
E forse deve la sua fortuna al gene chiamato FBP2, individuato nel genoma del colibrì. Infine, sempre considerando i geni, c‘è da pensare che la predisposizione porti Babbo Natale a trovarsi meglio nelle ore notturne. Insomma potrebbe essere un soggetto che ha l’orologio del ritmo circadiano simile a quello dei gufi. Va a dormire tardi. Come tanti lavoratori. “Se vediamo i fattori di rischio, Babbo Natale andrebbe attentamente seguito per preservarlo da infarti ed ictus che rappresentano con tutte le malattie cardiovascolari la principale causa di morte – conclude Musumeci. Attività fisica regolare, alimentazione sana, controllo del peso e valutazione ripetuta dei fattori di rischio (compresi anche quelli psicologici) sono le armi per proteggerlo”. E per continuare a far sognare tutti noi!
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