Dieta carnivora bocciata: dannosa per arterie, microbiota e tumori
Quando scorriamo i social, l’algoritmo ci propone sempre più video in cui un influencer muscoloso addenta un fegato crudo e giura di non aver mai avuto tanta energia. Ma la moda della dieta carnivora non si ferma al mondo digitale: sempre più spesso leggiamo articoli su quotidiani o riviste che raccontano storie di rinascita grazie a questo regime estremo, e anche la televisione ospita con crescente frequenza testimonianze di chi dice di aver risolto problemi di salute semplicemente eliminando tutti i cibi che non fossero di origine animale.
Un messaggio salutistico infondato
Il messaggio è chiaro: Mangia solo carne e sarai magro, forte, libero da infiammazioni.
Ma che cos’è davvero la carnivore diet? Significa nutrirsi soltanto di carne (rossa, bianca, frattaglie, pesce) e derivati grassi come burro, lardo, formaggi stagionati, lasciando fuori dal piatto verdure, cereali, legumi e perfino l’olio d’oliva. Un regime che elimina interi gruppi alimentari e, proprio per questo, regala risultati fulminei – la bilancia scende, la pancia si sgonfia – dando l’impressione di un miracolo metabolico. Peccato che la scienza racconti un’altra storia.
Carni rosse e lavorate, adesso mettono a rischio (anche) il cervello
Fin dagli anni Sessanta sappiamo che l’assunzione regolare di grassi saturi – abbondanti in carni rosse e lavorate – aumenta il colesterolo LDL e con esso il rischio di infarto e ictus. Uno studio prospettico pubblicato su JAMA Internal Medicine nell’ottobre?2024 ha seguito oltre 400?000 adulti statunitensi per 24?anni e dimostra che sostituire il 5?% dell’apporto energetico da grassi animali con grassi vegetali si associa a una riduzione della mortalità cardiovascolare fino al 30?%. Sul fronte oncologico, l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato le carni lavorate come “cancerogene certe” e le rosse come “probabilmente cancerogene”: un consumo quotidiano di 50?g di salumi incrementa il rischio di tumore del colon?retto del 18?%. Non va meglio con il diabete di tipo?2: nello studio EPIC?InterAct, che ha seguito 340?000 europei per dodici anni, chi consumava più carne rossa presentava un rischio superiore del 22?% rispetto ai consumatori moderati.
Consideriamo quello che manca: le fibre
A questi pericoli se ne aggiunge uno meno evidente ma altrettanto cruciale: la completa assenza – o quasi – di fibre, e qui vale la pena di sfatare un equivoco frequente. Quando discutiamo dei rischi di un regime alimentare non possiamo limitarci a puntare il dito su ciò che contiene in eccesso (grassi saturi, carni lavorate): dobbiamo valutare anche tutto ciò che scompare dal piatto. Una dieta che celebra bistecche e costine, per definizione, lascia pochissimo spazio a verdure, frutta, legumi e cereali integrali, cioè agli alimenti su cui si è evoluto il nostro microbiota.
Invecchiare sani: il segreto della dieta perfetta
I batteri intestinali vivono di fibre fermentabili e quando l’apporto scende sotto i 25–30?grammi giornalieri mutano rapidamente identità: si riducono i ceppi produttori di acidi grassi a corta catena – i nostri antinfiammatori naturali – e proliferano microrganismi pro?infiammatori. Il risultato è una disbiosi che aumenta la permeabilità intestinale, alza le citochine circolanti e peggiora il controllo glicemico. Uno studio pubblicato su Gut nel 2022 ha mostrato che bastano quattro settimane di dieta iperproteica e ipoglucidica per far crollare del 30?% la biodiversità batterica e tagliare del 40?% i livelli fecali di butirrato, l’”oro” metabolico del colon. Tornare a un’alimentazione ricca di fibre ripara solo in parte il danno, segno che l’eliminazione sistematica dei vegetali lascia cicatrici profonde sul nostro ecosistema interno.
Uno specchio per le allodole
I sostenitori della carnivora ribattono che il regime fa scendere trigliceridi e glicemia, e fa perdere centimetri di girovita in pochi giorni. Effetto vero, ma specchio per le allodole: tagliando bruscamente carboidrati e liquidi, le scorte di glicogeno si svuotano e si perde acqua, non grasso. Nel medio termine i parametri peggiorano. Uno studio canadese su Nature Cardiovascular Research ha osservato che diete chetogeniche – cugine strette della carnivora – accelerano la formazione di placche aterosclerotiche; un follow?up clinico su 200 “carnivori” statunitensi ha rilevato LDL superiori a 190?mg/dl nel 90?% dei partecipanti dopo sei mesi. Vale la pena ricordare, a questo punto, che i sostenitori della dieta carnivora spesso si vantano di analisi del sangue perfette dopo poche settimane o mesi.
Come capire se la dieta è giusta per noi: i 10 segnali che il corpo ci manda
Ma il nostro organismo ha una straordinaria capacità di compensare nel breve termine, e i meccanismi che portano all’insorgenza di un tumore o di una malattia cardiovascolare impiegano spesso anni o decenni per manifestarsi. Il colesterolo elevato, l’infiammazione cronica, la disbiosi intestinale: tutti questi processi si innescano lentamente, a volte in silenzio, senza dare segni clinici evidenti fino a quando il danno è già avvenuto. È il caso, ad esempio, delle placche aterosclerotiche, che possono accumularsi per decenni prima di provocare un infarto o un ictus, o delle mutazioni cellulari che, favorite da uno stato proinfiammatorio e da un eccesso di sostanze cancerogene, si trasformano in neoplasie dopo lunghi periodi di latenza.
Rischio doppio di eventi cardiovascolari
Pensare che sei mesi di esami “nella norma” garantiscano l’assenza di effetti negativi è un’illusione pericolosa. Effetto vero, ma specchio per le allodole: tagliando bruscamente carboidrati e liquidi, le scorte di glicogeno si svuotano e si perde acqua, non grasso. Nel medio termine i parametri peggiorano. Uno studio pubblicato su JACC Advances nel giugno 2024 ha osservato che diete low-carb ad alto contenuto di grassi (LCHF) – cugine strette della carnivora – sono associate a un marcato aumento del colesterolo LDL e dell’apolipoproteina B, e a un rischio quasi doppio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) rispetto a chi segue una dieta standard.
Una dieta animale fa male all’ambiente
Se il conto biologico è salato, quello etico e ambientale non è da meno. Per produrre un chilo di manzo servono in media 15.000 litri d’acqua e si emettono 60?kg di CO? equivalente a dieci volte più di un chilo di legumi. La FAO stima che l’allevamento generi il 14,5?% di tutte le emissioni climalteranti; spingere verso una dieta interamente animale significherebbe moltiplicare deforestazione e consumo di risorse. Anche il portafoglio ne risente: una settimana di bistecche di qualità può raddoppiare la spesa rispetto a un carrello ricco di vegetali freschi e cereali.
La dieta della salute planetaria
Eppure le prove su ciò che davvero allunga la vita vanno nella direzione opposta. I grandi studi prospettici – dall’Adventist Health Study al Nurses’ Health Study, passando per EPIC?Oxford – convergono nell’indicare che diete prevalentemente vegetali, ricche di legumi, cereali integrali, frutta secca e verdura, e con carne rossa relegata a un consumo occasionale, riducono la mortalità per tutte le cause fino al 30?%. L’EAT?Lancet Commission parla di “dieta della salute planetaria”: metà del piatto verdure e frutta, un quarto cereali integrali, il resto proteine soprattutto vegetali, con carne rossa massima 14?g al giorno. Sono le stesse linee guida che FAO e OMS raccomandano per coniugare salute umana e sostenibilità.
In sintesi, la dieta carnivora è affascinante perché promette risultati immediati e si ammanta di retorica ancestrale, ma è un abito che non veste il nostro metabolismo né quello della Terra. Il prezzo da pagare – arterie rigide, microbiota impoverito, rischio tumorale in ascesa e impronta ecologica fuori scala – è troppo alto per una moda passeggera. Meglio puntare su un’alimentazione varia, colorata e ricca di fibre: è lì che la scienza trova le prove più solide di una vita lunga e in buona salute.
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