Dopo l’ictus, i neuroni “crea-connessioni” miglioreranno il recupero dei movimenti

Siamo solo all’inizio. Ma la strada è promettente, nell’ottica di ritrovare le connessioni che si possono perdere nel cervello dopo un ictus. Si punta ad agire su un particolare tipo di neuroni, chiamati parvalbuminici, così da generare un sofisticato ritmo cerebrale che in qualche modo favorisce la formazione di reti neuronali. Perché proprio queste oscillazioni ritmiche, definite “gamma”, si perderebbero in caso di ictus.

Uno degli obiettivi della riabilitazione su misura, soprattutto per fronteggiare deficit di movimento legati alla lesione cerebrale, è quindi recuperare queste reti visto che sia nell’animale da esperimento che nell’essere umano sarebbero alla base della rete di connessioni che si perdono dopo un ictus. Insomma riportare le oscillazioni gamma nel cervello appare fondamentale in chiave riabilitativa, sia nei topi che nell’uomo. E ora, oltre alla fisioterapia personalizzata, si spera di poter ottenere questo risultato anche con farmaci specifici. Addirittura uno di questi avrebbe riprodotto nell’animale gli effetti della riabilitazione: agendo sulle connessioni perdute dai neuroni parvalbuminici, ha condotto ad un significativo recupero del controllo del movimento dopo un ictus nel modello animale.

A dimostrarlo è uno studio condotto dagli esperti dell’Università della California di Los Angeles coordinati da S. Thomas Carmichael, pubblicato su Nature Communications.

Dopo l’ictus, una casa “su misura” può migliorare sopravvivenza e qualità della vita

Obiettivo, recupero delle funzioni

L’ictus rappresenta la principale causa di disabilità in età adulta anche perché è difficile ottenere una ripresa totale delle funzioni perdute in seguito alla lesione. La riabilitazione fisica è fondamentale, ma non sempre può portare ai risultati attesi. Per questo, in futuro, si punterà sempre di più in quella che lo stesso Carmichael definisce in una nota dell’ateneo medicina molecolare. “L’obiettivo è avere un medicinale che i pazienti colpiti da ictus possano assumere e che produca gli effetti della riabilitazione”, spiega l’esperto.

Per giungere a sviluppare potenziali ipotesi in questo senso, ovviamente occorre prima capire bene quanto e come la riabilitazione fisica possa agire, ed attraverso quali meccanismi. Così è nata l’attenzione sui neuroni parvalbuminici. Lavorando su modelli di ictus su topi da laboratorio e direttamente su pazienti con ictus, i ricercatori hanno identificato una perdita di connessioni cerebrali dovute all’ictus lontane dal sito della lesione vascolare. In pratica le cellule cerebrali che si trovano a una certa distanza dal sito dell’ictus arrivano a disconnettersi dagli altri neuroni. Di conseguenza, le reti cerebrali non riuscirebbero ad attivarsi in modo congruo e coordinato per definire movimento e andatura.

Ictus, più spazio alla riabilitazione su misura

Agire su neuroni specializzati

Più in particolare, gli studiosi hanno studiato il danno post-ictus nel neurone parvalbuminico. Questo tipo di neurone aiuta a generare un ritmo cerebrale, definito oscillazione gamma, che collega i neuroni insieme in modo che formino reti coordinate tese al movimento. Una riabilitazione di successo sia nei topi da laboratorio che negli esseri umani ha riportato le oscillazioni gamma nel cervello e, nel modello di topo, ha riparato le connessioni perse dei neuroni parvalbuminici.

Ma c’è di più. Si punta ad individuare medicinali che potrebbe favorire la produzione di oscillazioni gamma dopo l’ictus. Al momento si tratta di candidati che potrebbero agire specificamente per eccitare i neuroni parvalbuminici. Uno di questi candidati, definito DDL-920, e sviluppato nel laboratorio dello stesso ateneo da uno degli autori dello studio, John Varghese, ha prodotto un significativo recupero nel controllo del movimento nell’animale. Sia chiaro. È solo una speranza. Occorrono tempo e ricerche mirate per capire se davvero questa opzione potrà essere utile per i pazienti.

Dopo l’ictus, occhio al peso: se cala troppo aumentano i rischi di disabilità

Più spazio alla riabilitazione

Il recupero dopo l’evento acuto dipende ovviamente dalla rapidità dei soccorsi. Quindi la prima regole in caso di comparsa di segni e sintomi che fanno pensare all’ictus è chiamare i soccorsi. Ma anche nella riabilitazione è importante essere precoci per ottenere i migliori risultati.

In termini generali, stando a recenti statistiche, ogni anno in Italia quasi 185.000 persone vengono colpite da ictus. Circa 45.000 sopravvivono alla patologia con esiti gravemente invalidanti, ma solo una quota inferiore di malati viene sottoposto a un trattamento di recupero motorio, considerando anche la spasticità. Difficoltà di accesso alle cure e procedure non omogenee possono condurre a ritardi. Il fattore tempo può però fare la differenza ed è decisivo non solo nel momento acuto, ma anche in quella settimana che, a partire dalla diagnosi, è mediamente necessaria per il coinvolgimento dei reparti di riabilitazione.

L’ictus nei bambini: quanto è importante il terapista occupazionale per il recupero delle funzioni

Condividi questo contenuto: