E-cig e prodotti a tabacco riscaldato: danno dipendenza e smettere è più difficile
La nuova frontiera della lotta al fumo non è più quella delle sigarette tradizionali, perché è ormai chiaro a tutti quanto faccia male il fumo di sigaretta, che è regolamentato in modo abbastanza stringente in tutto il mondo. La nuova frontiera sono, invece, tutti quei prodotti che danno dipendenza come le sigarette, che fanno male anche se in modi diversi, e che le industrie del tabacco hanno abilmente venduto come alternative meno dannose, addirittura come un modo per ridurre il danno e la dipendenza dalle sigarette tradizionali. Ma svapare e-cigarette, succhiare nicotina in bocca o usare i dispositivi a tabacco riscaldato come Iqos e Glo, le principali sul mercato, fa male e crea dipendenza, sostengono gli studi realmente indipendenti (non quelli dietro il quale si nascondono le Big Tobacco), quelli che hanno difficoltà a trovare i quattrini per andare avanti e che lo fanno nonostante le pressioni delle industrie. Lo sottolinea con veemenza il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, dal palco del World Congress on Tobacco Control, che si è svolto di recente a Dublino, organizzato da The Union (Unione internazionale contro la tubercolosi e le malattie polmonari), con il supporto di Bloomberg Philanthropies.
Più tasse sulle sigarette: la ricetta Oms contro il tabagismo
Quella al fumo è una guerra senza esclusione di colpi: contro le sigarette tradizionali hanno funzionato l’aumento del prezzo di vendita e delle tasse, entrambe considerate le misure più efficaci, l’Australia vende un pacchetto di sigarette a 30 dollari e la Finlandia ha portato le tasse al 90%. Ma non solo: ci sono le immagini più che eloquenti sui pacchetti di sigarette, le restrizioni di vendita e i divieti di consumo che si estendono anche agli spazi all’aperto. E l’industria che solo fino a qualche decennio fa contestava la pericolosità del fumo con pubblicità in cui i medici fumavano e preferivano una marca all’altra, adesso sono alla frenetica ricerca di prodotti nuovi, che diano dipendenza in modo da creare nuovi dipendenti, preferibilmente giovani, per assicurarsi qualche decennio di tranquillità.
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E lo fa con i nuovi prodotti elettronici, che in molti Paesi non sono ancora regolamentati mentre l’Irlanda è stata tra i primi a farlo, e che in alcuni, come anche il nostro, non vengono riconosciuti come prodotti contenenti tabacco, anche se Glo e Iqos contengono foglie di tabacco, e quindi hanno un potente sconto fiscale. Ma soprattutto cercando di prendere all’amo giovani e giovanissimi con i social media e aggiungendo aromi nei loro prodotti (aromi alla frutta, alla menta, alle spezie) che danno senso di piacevolezza e prendono all’amo i giovani consumatori, proprio come i pesci. Un amo che li terrà legati quanto più a lungo possibile.
Tabacco, svapo sotto accusa. Oms: “Un cavallo di Troia che crea dipendenza nei giovani”
Sono tanti gli elementi del contrattacco dell’industria, dal finanziamento più o meno occulto di studi scientifici, talvolta attraverso prestigiose università, che raccontino la favola della riduzione del danno, dei dispositivi elettronici che aiutano a smettere di fumare sigarette tradizionali mentre semmai è vero il contrario, che si candidano a essere un deterrente contro le sigarette tradizionali, che fanno meno male perché non c’è combustione. Nascondendo che uno dei primi effetti è creare maggiore dipendenza, cosa che rende ancora più difficile smettere tout court. E la cosa ci riguarda molto da vicino perché l’Italia è seconda per svapatori solo al Giappone, insieme a Sud Corea e Polonia.
Il cavallo di Troia per arrivare ai giovani
A Dublino era presente una folta delegazione di studiosi dell’università britannica di Bath, che vanta un centro di ricerca indipendente sul tabacco e varie pubblicazioni anche sui nuovi dispositivi oltre che sull’influenza negativa delle industrie sulla produzione scientifica dedicata e sull’attività di pressione verso gli studi indipendenti. Sophie Braznell, dell’università britannica, ha parlato in una sessione specifica e affollata proprio dei nuovi dispositivi. Affrontando temi importanti, come la regolamentazione dei nuovi prodotti, la consistenza degli studi scientifici, la difficoltà se si vuole smettere. Cominciamo proprio dal fatto che in alcuni Paesi, come l’Italia, questi dispositivi non sono assimilati al tabacco e quindi sfuggono alla legge Sirchia, che invece è molto stringente. “Un cavallo di Troia”, ha definito queste nuove formulazioni Douglas Bettcher, Senior Advisor del direttore generale dell’Oms. Lo sono davvero? “Le Iqos e le Glo in realtà utilizzano le foglie di tabacco, e infatti si definiscono dispositivi a tabacco riscaldato, e non si utilizza il termine vaping, che si usa invece per le e-cigarette che sono invece device con un liquido. Quindi a tutti gli effetti sono prodotti contenenti tabacco. Il concetto di danno minore, con il quale le industrie del tabacco cercano di fare marketing, non ha alcun senso, perché un danno è comunque un danno. Se cado da un palazzo di 10 piani o da uno di due il risultato è lo stesso. Quello che dobbiamo dire, invece, è che mentre per le e-cig, arrivate sul mercato nel 2003, ci sono già delle evidenze scientifiche incontestabili, per i dispositivi a tabacco riscaldato, arrivati nel 2014, e la città test per Iqos è stata proprio Milano, di evidenze non ce ne sono ancora. Ma quelle che ci sono non ci fanno concludere per un minor danno: alcuni biomarker sono migliori rispetto alle sigarette tradizionali. Ma altri no. E inoltre non sappiamo cosa succede nel lungo termine. Chi fuma il tabacco riscaldato, per esempio, ha una pressione più bassa rispetto a chi fuma le sigarette tradizionali, cosa che in sé è buona. Ma più passa il tempo più le due linee si avvicinano e anzi ci chiediamo se quella dei fumatori di tabacco riscaldato possa anche andare oltre”.
Un rischio è uguale se cadi dal decimo o dal secondo piano
Uno degli argomenti a favore che le industrie utilizzano da sempre è che non c’è la combustione della carta e questo è un vantaggio, ma è così vero? “Certo è meglio – continua la ricercatrice – ma vuol dire che ci sono meno composti chimici? Nelle sigarette tradizionali ce ne sono circa 7000 diversi, ma questi dispositivi hanno nuovi composti che possono essere altrettanto rischiosi, nelle e-cig per esempio c’è mercurio e ferro. Inoltre, non aiutano a smettere e anzi è molto più difficile smettere con questi nuovi prodotti, per più ragioni. Perché ci sono gli aromi, che per molti sono piacevoli, ma soprattutto perché la sigaretta tradizionale a un certo punto finisce mentre con questi prodotti, soprattutto la e-cig ma so che è allo studio una cosa simile con i prodotti a tabacco riscaldato, puoi fare un tiro ogni tanto per tutta la giornata, anche di nascosto, tanto che i ragazzi la nascondono persino a scuola. E questa continua assunzione di nicotina crea un legame difficilissimo da spezzare. Inoltre il mercato va avanti perché noi facciamo gli studi su questi nuovi dispositivi ma intanto si affacciano prodotti ancora più rischiosi come i pouch, bustine riempite con altissime dosi di nicotina che i ragazzini negli Usa e in Gran Bretagna mettono tra le gengive, sotto le labbra superiori: da noi ci sono già stati casi di tachicardia, svenimenti e ricoveri. Tra 5 anni parleremo di questa emergenza, ma intanto l’azienda che produce questi prodotti sponsorizza una partecipante alle gare di Formula 1”.
I consumatori duali italiani
Ma lì dove si parla di dipendenza da sostanze esiste poi quella fetta di consumatori che non si limita a un solo prodotto. “In Italia i cosiddetti dual users, cioè quelli che usano più di un prodotto, in questo caso e-cig e sigaretta tradizionale – sottolinea Silvano Gallus, Responsabile del Laboratorio di ricerca sugli stili di vita dell’Istituto Mario Negri – sono circa l’80%. E sappiamo che l’uso combinato è più dannoso, tra il 20 e il 40% in più rispetto a quello della sigaretta tradizionale e quadruplica il rischio di tumore al polmone: se nella sigaretta tradizionale il rischio rispetto al non fumatore è di 12 volte maggiore, nei duali arriva a 48, e sono i risultati di uno studio Usa su 5000 tumori al polmone e 27mila controlli. Sul tabacco riscaldato se mi chiede quanto è efficace Iqos nel ridurre il consumo di sigarette tradizionali la risposta è zero. Nella vita reale si è visto con una serie di studi, alcuni anche nostri, che è più difficile smettere se hai un consumo duale sigaretta e tabacco riscaldato e la ragione è che chi consuma tabacco riscaldato usa i dispositivi per ottenere nicotina dove non si può. Quindi Iqos non aiuta a smettere chi fuma sigarette ed è anzi un grande incentivo a cominciare, c’è un +6,3% di rischio maggiore di iniziare con le sigarette tradizionali, che diventano anche trasgressione”.
Non si smette, anzi si comincia
Gallus cita anche i dati europei sugli ex fumatori. “Il 50% degli ex fumatori che consumava Iqos avevano smesso di fumare prima di cominciare con Iqos e avevano ricominciato proprio con questo prodotto, oppure erano passati dalle e-cigarette. Insomma, come abbiamo concluso in un nostro studio che si trova facilmente su Pubmed sia le e-cigarette che i prodotti a tabacco riscaldato sono piuttosto predittori: le persone iniziano a fumare con questi prodotti o ricominciano, quindi servono studi molti ampi e prospettici per sostenere che si smette di fumare. Oggi le nostre scoperte non supportano questi prodotti per il controllo del tabacco”.
E l’Australia, che ha una delle legislazioni più severe in materia di tabacco, ha già vietato le e-cigarette, come anche altri Paesi peraltro, e ha deciso che si potranno utilizzare solo su prescrizione medica: se davvero il medico ritiene che possa essere prescritta nell’ambito di un programma di cessazione del fumo sarà lui a prescriverla. Obiettivo di tutti: tenere i giovani alla larga dal fumo di ogni tipo, per una generazione finalmente tobacco free.
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