Giornata delle Malattie Rare, serve una legge per tutelare le famiglie

Il 29 febbraio è un giorno davvero particolare, che possiamo leggere sul calendario soltanto ogni 4 anni. E non è quindi un caso se proprio questo giorno, dal 2008, viene dedicato alle persone colpite dalle malattie più difficili da diagnosticare, molte delle quali sono ancora senza un nome: le malattie rare. In questa data – e in realtà in tutto il mese di febbraio – moltissime iniziative stanno accendendo un riflettore sui malati rari, sui loro bisogni e su quelli dei loro caregiver. Per ricordare che, insieme, tutte queste persone sono tutt’altro che rare.

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Oltre 2 milioni di malati rari

Per definizione, una patologia rara colpisce meno di 5 persone ogni 10mila. Esistono però oltre 6mila malattie rare, col risultato che in Italia sono circa 2 milioni le persone che vivono sulla propria pelle una condizione di “rarità”, che insorge per il 70% in età pediatrica. E secondo il Registro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità ogni anno vengono segnalati circa 19 mila nuovi casi. Malgrado l’estrema varietà di condizioni, le malattie rare hanno qualcosa in comune: molto spesso ci vogliono anni per arrivare a una diagnosi (se ci si riesce) e nella maggior parte dei casi non esiste una terapia risolutiva, costringendo a disabilità permanenti che possono degenerare nel tempo e che mettono di fronte alla necessità di assistenza continua, con i relativi costi.

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Il programma e la legge. Ancora da aggiornare

In anni di impegno per far uscire le malattie rare dall’ombra, sono state diverse le conquiste raggiunte con l’impegno di tantissime associazioni e società scientifiche. Nel 2023, per esempio, è stato approvato dalla Conferenza Stato-Regioni un nuovo Piano nazionale malattie rare, uno dei pochi programmi specifici presenti in Europa. Un Piano necessario per rispondere in modo concreto alle necessità dei pazienti e delle loro famiglie, che poggia su 9 pilastri fondamentali: prevenzione primaria, diagnosi, trattamenti farmacologici e non farmacologici, percorsi assistenziali, formazione e informazione, registri e sistemi di monitoraggio della Rete Nazionale delle Malattie Rare, senza dimenticare la ricerca scientifica.

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Inoltre, l’Italia si è dotata di una legge sullo screening neonatale tra le più estese nel Vecchio Continente. Tale legge (n.167 del 19 agosto 2016) vuole garantire la prevenzione delle malattie metaboliche ereditarie inserendo nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea) gli screening neonatali obbligatori. Ad oggi lo screening neonatale esteso comprende 49 malattie, anche se le associazioni segnalano che non sempre i centri nascita sono in grado di offrire il servizio per tutti i nuovi nati, e denunciano disparità territoriali importanti. La legge dovrebbe essere aggiornata periodicamente per inserire le patologie per le quali, grazie agli avanzamenti scientifici, siano disponibili prove di vantaggi nella diagnosi precoce o terapie efficaci. E però: l’ultimo aggiornamento, con l’inserimento di 10 ulteriori condizioni tra cui l’atrofia muscolare spinale (Sma), sarebbe dovuto avvenire entro giugno 2021, ma non c’è ancora un documento valido per tutto il territorio nazionale. Alcune Regioni, per questo motivo, si sono mosse in autonomia per offrire il servizio sul proprio territorio.

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Servono tutele per i caregiver

Tuttavia c’è ancora tanto da fare. “Stiamo lavorando sull’equità di accesso ad alcuni trattamenti in fascia C (cioè a carico totale del paziente, nda) e ad alcuni integratori alimentari, sulla garanzia di assistenza a domicilio e di interventi riabilitativi che oggi sono in sostanza a carico del paziente e della famiglia, sull’implementazione di servizi di teleassistenza e telemedicina per favorire sia il contatto dei pazienti con i centri di cura specialistici più lontani dalla zona di residenza sia il trasferimento di competenze nei centri più piccoli ma vicini ai pazienti sul territorio” – ha detto a Salute Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo – Federazione Italiana Malattie Rare. “Tra le urgenze, poi, c’è di sicuro la stesura e l’approvazione di una legge a tutela dei caregiver, a cui da quest’anno sta lavorando un tavolo tecnico ministeriale. È ancora tutto in divenire, ma ci sono molti punti al vaglio, dalle proposte sulla tutela previdenziale, sui contributi versati, alla facilitazione dello smart working”. L’inizio dei lavori è un segnale positivo perché si arrivi a procedure concrete in grado di tutelare i diritti, sostenere i bisogni e alleviare il senso di solitudine provato da chi si occupa delle persone con una malattia rara. Un impegno che spesso richiede di ridimensionare ogni altro aspetto della propria vita in funzione delle esigenze della persona malata e che può compromettere il lavoro, le relazioni sociali, a volte persino la vita di coppia e le attenzioni verso gli altri membri della famiglia.

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Una giornata per i rare sibling, fratelli e sorelle dei malati rari

Un altro tema caro a tutti coloro che operano nell’ambito delle malattie rare, infatti, è quello dei cosiddetti “rare sibling”, i fratelli e le sorelle delle persone con una malattia rara. Si stima che in Italia siano circa mezzo milione, il 5% della popolazione sotto i 16 anni. Come è stato sottolineato anche al convegno “Malattie rare, tumori rari e famiglia: come sostenere caregiver e rare sibling”, tenutosi nei giorni scorsi a Roma alla Camera dei Deputati e promosso dalla Senatrice Paola Binetti, accade spesso che la maggior parte delle attenzioni ricadano sul figlio che necessita di maggiori cure.

Il rischio è che gli altri figli si sentano invisibili, non sostenuti nei loro percorsi di vita, iper-responsabilizzati nei confronti della famiglia e allo stesso tempo isolati dal contesto sociale. Per questo, cinque anni fa l’Osservatorio Malattie Rare – Omar ha realizzato il progetto Rare Sibling, che ha permesso di raccogliere testimonianze, creare una rete di ascolto, supporto e scambio e avviare indagini per avere un quadro più preciso della situazione. Prossimo obiettivo: istituire la Giornata Nazionale dei Rare Sibling.

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