I benefici della bicicletta: pedalare ogni giorno riduce il rischio di Alzheimer e demenza
Andare in bicicletta non è solo un modo sostenibile per spostarsi. È anche un potente strumento di prevenzione neurologica. A dirlo è un nuovo studio pubblicato di recente su JAMA Network Open, che ha seguito oltre 479.000 adulti britannici per più di 13 anni. Il risultato? Chi sceglie la bicicletta – anche in combinazione con altri mezzi – ha un rischio sensibilmente più basso di sviluppare qualsiasi tipo di demenza, inclusi l’Alzheimer e le forme precoci.
I benefici non dipendono solo dallo sforzo fisico: pedalare attiva numerose funzioni cognitive, migliora la circolazione cerebrale, stimola l’ippocampo e riduce lo stress. La bicicletta diventa così una vera e propria terapia preventiva accessibile a tutti.
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I risultati dello studio
Lo studio ha classificato i partecipanti in base al mezzo di spostamento prevalente (escluso il tragitto casa-lavoro): solo auto o mezzi pubblici; cammino; cammino combinato con altri mezzi, bicicletta, anche in combinazione.
I ricercatori hanno osservato che chi andava in bicicletta aveva un rischio più basso di Alzheimer, un ippocampo più grande e una protezione nei portatori del gene APOE ?4, noto per aumentare il rischio di demenza. Curiosamente, chi camminava senza alternare altre forme di movimento attivo non mostrava benefici, e nel caso dell’Alzheimer si osservava addirittura un lieve aumento del rischio.
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Su due ruote l’ippocampo diventa più attivo
Ma dal punto di vista medico, quali meccanismi potrebbero spiegare questo effetto protettivo sul cervello? “I meccanismi alla base di questo effetto protettivo sono molteplici”, risponde Antonio Angelucci, specialista in Medicina dello Sport e medico della Squadra Nazionale della Federazione Ciclistica Italiana (Fic). “Dall’aumento del flusso sanguigno al cervello alla stimolazione della neuroplasticità, passando per la riduzione dell’infiammazione sistemica e il miglioramento dell’umore. Tutti fattori noti per avere un impatto sul rischio di demenza”.
Inoltre, come conferma lo studio, l’attività ciclistica ha un effetto diretto sull’ippocampo, l’area cerebrale che regola memoria e apprendimento e che tende a ridursi con l’età. Nei ciclisti regolari, è risultato più grande e attivo. Il ciclismo è un’attività aerobica che richiede coordinazione e orientamento e pertanto stimoli le funzioni cognitive e la memoria.
“L’uso regolare della bicicletta – prosegue il medico della Federciclismo – stimolerebbe la neuroplasticità ovvero la capacità del cervello di modificare le proprie funzioni sulla base degli stimoli ricevuti svolgendo le funzioni anche di aree cerebrali danneggiate”.
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Camminare non basta
Uno dei dati più sorprendenti dello studio è che camminare non produce gli stessi benefici. “Quello che attualmente conosciamo in materia di invecchiamento cerebrale precoce e di demenza – sottolinea Angelucci – è che tutte le attività di stimolazione cognitiva complessa migliorano il decorso della malattia e, se iniziate precocemente, ne rallentano l’insorgenza e preservano maggiormente le capacità cognitive del soggetto. L’uso della bicicletta attiva funzioni cerebrali superiori, come quella dell’equilibrio e della coordinazione neuromotoria, e prevede un impegno cognitivo e una stimolazione sensoriale completamente diversa rispetto alla marcia. Ricordiamo che impariamo a camminare praticamente da soli, mentre per imparare ad andare in bicicletta all’inizio, abbiamo bisogno di un adulto che ci insegni”.
Perché la bici è così efficace?
I ricercatori ipotizzano che la bicicletta funzioni quasi come un esercizio cognitivo in movimento: stimola funzioni esecutive, memoria spaziale, attenzione e integrazione sensoriale. E nel frattempo riduce lo stress, migliora l’umore e favorisce il sonno. Un mix ideale per proteggere il cervello. Secondo Angelucci, il vero nodo è l’impegno mentale richiesto da certe attività: “Tutti gli studi mostrano che la demenza è più frequente e più aggressiva nei soggetti meno stimolati dal punto di vista cognitivo. In questo senso, l’articolo appena pubblicato non fa che rafforzare quanto già sapevamo: il tipo di attività motoria incide profondamente sulla salute cerebrale”.
Muoversi solo in vacanza non basta
In estate molte persone riscoprono la bicicletta, soprattutto in vacanza. Ma quanto incide un’attività fisica discontinua? “L’attività fisica fa sempre bene – risponde Angelucci – ma per avere effetti reali, anche sul cervello, deve essere svolta con regolarità, intensità e durata sufficienti. Due sedute settimanali di almeno 45-60 minuti sono il minimo. Lo studio ha osservato persone che usavano la bici tutti i giorni per spostarsi, non solo per fare sport in vacanza. È su questa costanza che si costruisce la prevenzione”.
Non solo palestra: la prevenzione passa dalla strada
Il messaggio finale dello studio è chiaro: bastano gesti semplici, ripetuti nel tempo. Usare la bici per fare la spesa, incontrare amici o muoversi in città può diventare una strategia concreta e sostenibile di prevenzione. Come conclude il dottor Angelucci: “Promuovere l’uso della bicicletta negli spostamenti urbani – ovviamente in sicurezza – non è solo una misura ambientale, ma un vero investimento in salute pubblica. La bicicletta fa bene al corpo e al cervello”.
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