Ictus e depressione: per sapere se rischiamo controlliamo (anche) i battiti notturni del cuore

Se mai vi capitasse di controllare i battiti di una persona sana nelle ore notturne, vi accorgereste che normalmente i ritmi circadiani portano prima a un calo della frequenza, per poi risvegliarsi in prossimità dell’alba. La mattina, poi, frequenza cardiaca e pressione tendono a “riaccendersi” progressivamente e a mantenersi mediamente più elevati per tutta la giornata.

Questo almeno è quanto accade in base alle regole della cronobiologia. Ma ci sono soggetti in cui queste variazioni notturne si sfumano, o magari diventano meno significative. Ci sono cioè persone in cui il ritmo cardiaco notturno può non modificarsi sostanzialmente da quello diurno, magari rimanendo accelerato anche durante il sonno. O altri soggetti che invece vedono un impercettibile, ma tangibile, rallentamento dei battiti.

Cosa potrebbe dire questo parametro in termini di salute? Secondo una ricerca presentata al congresso dell’European Academy of Neurology (EAN – Accademia Europea di Neurologia) probabilmente molto, arrivando a definire un potenziale maggior rischio di patologie cardiovascolari come l’ictus o di depressione. Il tutto, va detto, anche in persone che non hanno problemi di insonnia e riposano saporitamente, e per il tempo giusto, la notte.

Tre notti con quattro ore di sonno e il cuore rischia di più, anche da giovani

Cosa può dire la frequenza cardiaca

Lo studio, condotto presso il Dipartimento di Neurologia dell’Inselspital (Ospedale Universitario) di Berna, è stato coordinato da Irina Filchenko e ha preso in esame oltre 4.000 persone, per un periodo di osservazione di 13.217 anni-persona.

Sostanzialmente si è visto che la variabilità della frequenza cardiaca durante il sonno può essere un potenziale marcatore di rischio molto precoce per diverse patologie come ictus, depressione e deficit cognitivi. Si è visto infatti che i partecipanti alla ricerca che in seguito hanno sviluppato un ictus mostravano spesso una frequenza cardiaca notturna insolitamente alta e irregolare. Non solo: la tendenza ad avere una frequenza più elevata si è riscontrata anche in chi ha sviluppato disfunzioni del metabolismo, ormonali o altri problemi cardiovascolari. Al contrario, una sorta di bradicardia relativa la notte è risultata più comune in chi ha sviluppato depressione.

Insomma, bisogna fare attenzione. “La variabilità della frequenza è importante per il cervello e la salute generale perché riflette l’efficacia dell’organismo nell’autoregolarsi, principalmente attraverso l’attività del sistema nervoso autonomo – segnala in una nota per la stampa l’esperta. Questo sistema controlla processi inconsci vitali come la respirazione, la digestione e il tono muscolare, aiutando l’organismo a mantenere l’equilibrio e ad adattarsi alle richieste interne ed esterne”.

Insonni, volete ridurre il rischio d’infarto, ictus e aritmie? Dormite fino a tardi nel fine settimana

L’aiuto di dispositivi indossabili

Insomma, valutare la frequenza cardiaca notturna e le sue variazioni potrebbe rappresentare una sorta di “check” per il benessere dell’intero organismo, come un marcatore fisiologico precoce. E dare informazioni ben prima della comparsa di sintomi o di rilevazioni diagnostiche precoci, con un potenziale impatto sulla prevenzione personalizzata e l’intervento precoce per malattie come l’Alzheimer o l’ictus. Il tutto, va detto, a prescindere da qualità e quantità del sonno.

La qualità del sonno

“Alcuni partecipanti hanno avuto un sonno ‘normale’ secondo i criteri tradizionali, con una scarsa frammentazione del sonno e l’equilibrio previsto delle fasi del sonno – fa sapere l’esperta. Tuttavia, la variabilità della frequenza cardiaca V ha raccontato una storia diversa, evidenziando rischi che le metriche del sonno comuni non hanno rilevato. Questo suggerisce che dobbiamo ripensare il modo in cui definiamo e misuriamo il sonno ottimale”. In futuro, quindi, per definire il rischio soggettivo si potrebbe puntare anche su dispositivi indossabili, capaci di monitorare la frequenza cardiaca mentre riposiamo. L’importante è ricordare che il sonno è davvero fondamentale, e non solo per il riposo ma anche come “spazio” di analisi per definire la salute a lungo termine. Si tratta di un processo attivo e dinamico, che può dare informazioni preziose.

Buio di notte e (tanta) luce di giorno, così cala il rischio d’infarto (e non solo)

Studiare il sonno in prevenzione

“Le alterazioni della frequenza cardiaca notturna rappresentano un indicatore precoce di rischio per ictus, depressione e altre patologie – commenta Giovanni Esposito, cardiologo e presidente della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II di Napoli. Normalmente, durante il sonno, la frequenza cardiaca rallenta seguendo il ritmo circadiano, ma in alcune persone questo schema si altera spesso associato alla sindrome delle apnee notturne”. Nella ricerca, lo ripetiamo, il riscontro di frequenza cardiaca elevata o irregolare è stato associato a un rischio aumentato di ictus e disturbi metabolici, mentre un rallentamento marcato è più comune in chi sviluppa depressione. Ma soprattutto si prova che la variabilità notturna della frequenza cardiaca riflette l’efficacia del sistema nervoso autonomo nel regolare le funzioni vitali.

Una prevenzione personalizzata

“Anche in chi dorme bene, la sola frequenza cardiaca può rivelare segnali di rischio non identificabili mediante le analisi tradizionali del sonno – conclude l’esperto. Il monitoraggio del battito cardiaco attraverso i comuni dispositivi indossabili potrebbe diventare uno strumento utile per la “prevenzione personalizzata”, fornendo informazioni preziose sulla salute generale dell’individuo, ben prima della comparsa dei sintomi o peggio di eventi catastrofici”.

Dormire dopo un infarto aiuta a riparare il cuore

Condividi questo contenuto: