Ictus, farmaci o bisturi? Ecco la prevenzione su misura se c’è stenosi della carotide

Diciamolo. Passata una certa età, che magari fissiamo arbitrariamente intorno ai fatidici 65 anni, trovare persone con i vasi non intaccati dall’aterosclerosi è davvero difficile. E se questo processo interessa le arterie carotidi, quelle che portano anteriormente il sangue verso il cervello, ovviamente sale il rischio di ictus. Le stime dicono che la formazione di placche all’interno di questi vasi possa essere responsabile di circa un quinto degli eventi ischemici cerebrali. Capire caso per caso come comportarsi, scegliendo il trattamento più indicato, non è semplice. Ma in futuro, come riporta una ricerca apparsa su Lancet Neurology, calcolando un semplice “score” si potrà identificare chi corre i maggiori rischio di andare incontro ad un ictus in presenza di aterosclerosi delle carotidi che ostruisce il flusso di sangue ed ossigeno verso il cervello. Evitando magari il ricorso ad interventi chirurgici o posizionamento di stent per mantenere dilatato il vaso che si occlude e quindi prendendo la via del trattamento farmacologico.

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Il valore del punteggio CAR

Lo studio è stato condotto da esperti dell’University College di Londra, dell’Amsterdam University Medical Centre e dell’Università di Basilea. Ed ha voluto valutare l’utilità del sistema di punteggio CAR (sigla che sta per Carotid Artery Risk) messo a punto dagli studiosi londinesi insieme con i ricercatori dell’Università di Oxford. L’obiettivo di questo punteggio, che prende in considerazione diversi parametri, è identificare i pazienti che possono essere trattati efficacemente con una combinazione di farmaci e cambiamenti dello stile di vita personalizzati in base ai loro fattori di rischio individuali, ovvero puntare su quella che viene definita terapia medica ottimizzata. Il tutto, per evitare il ricorso a trattamenti più o meno invasivi per favorire la circolazione del sangue nelle carotidi, con annessi possibili rischi. In una nota l’autore principale dell’indagine Martin Brown ricorda come “sebbene siano necessari ulteriori studi e follow-up per confermare questi risultati, raccomandiamo di utilizzare il punteggio CAR per identificare i pazienti con restringimento carotideo che possono essere gestiti con la sola terapia medica ottimizzata. Questo approccio enfatizza la valutazione personalizzata e il trattamento intensivo dei fattori di rischio vascolari, risparmiando potenzialmente a molti pazienti il ??disagio e i rischi di un intervento chirurgico carotideo o di un impianto di stent”.

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Cosa emerge dalla ricerca

La ricerca ha valutato l’efficacia del punteggio CAR testandolo in uno studio clinico randomizzato che ha coinvolto 428 pazienti in 30 centri nel Regno Unito, in Europa e in Canada. Tutti i pazienti coinvolti nello studio avevano più di 18 anni e presentavano un restringimento significativo delle arterie carotidi, individuato prima che causasse sintomi o dopo aver causato un ictus con esiti poco invalidanti. I pazienti con sintomi sono stati selezionati utilizzando il punteggio CAR – che tiene conto di fattori come la percentuale di restringimento dell’arteria carotide e la storia del paziente oltre ad eventuali predisposizioni – per determinare chi presentava un rischio di ictus basso o intermedio nei successivi cinque anni e poteva essere incluso nello studio. I pazienti con un punteggio elevato non erano idonei allo studio e veniva loro raccomandato un intervento chirurgico immediato o un impianto di stent. I pazienti sono stati quindi divisi in due gruppi, uno dei quali riceveva solo la terapia medica ottimizzata, mentre l’altro gruppo riceveva sia la terapia medica ottimizzata che un ulteriore intervento chirurgico carotideo o un impianto di stent.

La terapia medica ottimizzata ha compreso alimentazione a basso contenuto di colesterolo, farmaci ipocolesterolemizzanti mirati, un trattamento antipertensivo, una terapia antitrombotica per la prevenzione della formazione o dello sviluppo di coaguli oltre ad un percorso di regolari controlli. Nel breve termine, cioè nei primi due anni, i pazienti dello studio trattati con la sola terapia medica ottimizzata hanno presentato tassi molto bassi di ictus e infarto. Soprattutto si è visto che chi si è sottoposto ad un intervento chirurgico o a un impianto di stent non ha riscontrato benefici significativi, ovviamente considerando i rischi legati alle procedure.

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Verso terapie su misura

Lo score CAR, insomma, può diventare una sorta di guida per trattamenti studiati caso per caso. La scelta tra farmaci, chirurgia, interventistica o associazione di questi approcci va sempre personalizzata, anche perché le stenosi delle arterie carotidi non sono tutte uguali.

“Ci sono quelle asintomatiche, riscontrate nel corso di esami ecoDoppler effettuati per screening e quelle sintomatiche, che possono essere osservate dopo la comparsa di sintomi neurologici come perdita di forza a un braccio o gamba, perdita di vista da un occhio, disturbi del linguaggio – commenta Massimo Del Sette, direttore della Neurologia presso il Policlinico San Martino Irccs di Genova. Queste ultime comportano un rischio di ictus molto più elevato delle stenosi asintomatiche. Per tenere sotto controllo la situazione abbiamo a disposizione molti farmaci in grado di ridurre il rischio di ictus associato a stenosi delle arterie carotidi. In particolare, è ormai noto che in tali condizioni occorre mantenere i valori di colesterolo LDL almeno sotto a 70 milligrammi per decilitro se non c’è stato un ictus. Il rischio di intervento (posizionamento di stent o chirurgia) negli ultimi anni si è molto ridotto ma occorre comunque effettuare una selezione accurata dei pazienti da avviare a questo percorso, che comunque si somma alla terapia con farmaci oltre che ad eventuali modifiche dello stile di vita”.

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