Il microbioma intestinale dirà (prima) chi è a rischio cuore da chemioterapia

Per sapere se una donna sarà a rischio maggiore di sviluppare scompenso cardiaco o altri effetti indesiderati in caso di chemioterapia per il tumore al seno, forse in futuro si dovrà procedere ad un semplice test che analizzi il microbioma intestinale. Perché la composizione quali-quantitativa della megalopoli di batteri (e non solo) che vivono nella parte finale del tubo digerente, potrebbe dire in anticipo chi potrebbe sviluppare effetti collaterali cardiaci legati alle cure. E magari proporre chi potrebbe limitare i rischi, magari assumendo specifici probiotici (ma siamo ancora nel mondo delle ipotesi!).

A dirlo, segnalando come la presenza di specifici batteri appaia correlata ad un profilo peggiore nei biomarcatori di danno cardiaco e a spiegare come una composizione ottimale di questa popolazione prima delle terapie farmacologiche possa risultare protettiva per il cuore femminile, è una ricerca presentata all’European Cardio-Oncology 2025, congresso scientifico della Società Europea di Cardiologia (ESC) di Firenze. Lo studio fa parte di un progetto più ampio finanziato dall’UE, chiamato CARDIOCARE.

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Le prime osservazioni

La ricerca, coordinata da Athos Antoniades, Responsabile Ricerca e Sviluppo di Stremble Ventures LTD, che sta guidando il progetto comprendente anche il sequenziamento del DNA del microbioma (ovvero della componente genetica dei batteri) intestinale, ha preso in esame 98 donne over-60 anni con diagnosi di tumore mammario. Le partecipanti sono state sottoposte a test per la ricerca di biomarcatori che indicano la salute cardiaca e il genoma dei loro batteri intestinali è stato sequenziato prima della chemioterapia. Inoltre le donne sono state sottoposte a ecocardiografie per valutare la funzionalità cardiaca, e a test sul sangue per ricercare biomarcatori noti per esporre le donne a un rischio maggiore di danno cardiaco durante il trattamento. Il sequenziamento genetico è stato utilizzato per profilare tutti i batteri intestinali delle pazienti prima che ricevessero il trattamento antitumorale. In questo senso, specifici batteri, chiamati Bacteroides sono risultati prevalenti nelle donne che presentavano alterazioni in specifici biomarcatori della salute cardiaca, come la deformazione longitudinale globale del ventricolo sinistro (o LVGLS, indicatore della funzione miocardica nei pazienti con insufficienza cardiaca), o i valori di NTproBNP e Troponina I, test che indicano una maggiore suscettibilità dei pazienti al danno cardiaco durante il trattamento oncologico. Il tutto, va detto, con una popolazione intestinale di batteri che ricalca quella che si osserva in caso di compenso cardiaco.

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Prospettive per il futuro

Sostanzialmente, la varietà del microbiota rappresenta un fattore importante nel benessere generale per l’individuo. Ma in questo specifico caso l’occhio degli esperti si è appunto concentrato sulla famiglia dei batteri sopracitati, ceppo molto comune e normalmente “sotto controllo” nell’ambito di una popolazione mista. Attenzione però: in caso di disregolazione della loro presenza questi batteri possono favorire processi negativi come l’infiammazione o addirittura infezioni in altre parti dell’organismo. In questo senso occorre davvero controllare quanto accade. Perché, come segnala Antoniades in una nota dell’ESC, si è osservata una chiara associazione tra alcuni specifici generi di batteri intestinali e biomarcatori cardiaci che suggeriscono che i pazienti con questa caratteristica invisibile sarebbero a maggior rischio di danni cardiaci durante la chemioterapia. “Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche, questo ci dà la speranza allettante che i probiotici su misura possano svolgere un ruolo nella protezione dei pazienti dagli effetti dannosi dei trattamenti contro il cancro in futuro – è il commento dell’esperto”.

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L’importanza della cardioncologia

La cardiotossicità può essere relativamente comune di molti trattamenti oncologici, inclusa la chemioterapia. Con il miglioramento dei trattamenti per questa forma tumorale (e non solo) occorre prestare sempre più attenzione ai potenziali effetti collaterali sul cuore. Ed è questo l’obiettivo della cardioncologia, come la scienza che fa sempre più attenzione a questi aspetti. Lo ricorda anche Alberto Paolo Barosi, Direttore dell’Unità di Cardiologia dell’INT (Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori) di Milano. “Negli ultimi dieci anni si è assistito a un’esplosione di interesse scientifico in questo ambito: basti pensare che si è passati da 7 articoli pubblicati nel 2010 a ben 371 nel 2020 su riviste internazionali specializzate, a conferma della crescente consapevolezza dei rischi cardiologici legati ai trattamenti oncologici” – spiega l’esperto. L’Italia è oggi seconda al mondo per contributi scientifici nel campo della cardio-oncologia”.

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