“La luce nella crepa”, un corto dedicato ai 7 milioni di caregiver che vivono in Italia
È ispirato a una storia vera il corto “La luce nella crepa”, quella di una donna che si prende cura di una persona cara malata di cancro. O, meglio, quella di un rapporto familiare complicato, reso conflittuale dalla malattia. Perché quest’opera, presentata ieri come prima internazionale alla Mostra del Cinema di Venezia, è dedicata proprio ai caregiver. A dare il titolo, il famoso verso di Leonard Cohen, che esemplifica il senso della sceneggiatura.
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La storia dietro al corto
La storia si basa sull’esperienza di Annamaria Mancuso, paziente oncologica lei stessa, presidente dell’associazione di advocacy Salute Donna e che, soprattutto, ha conosciuto in prima persona l’esperienza dura, estenuante e invisibile del caregiver, assistendo per anni il fratello, anch’egli colpito dal tumore. Una lunga battaglia quotidiana – dice – “contro la burocrazia, la solitudine, il dolore. Con quel senso di impotenza e di smarrimento che sembra assorbire ogni forza residua, proprio quando ce ne sarebbe più bisogno per aiutare chi conta su di te”.
Per Annamaria Mancuso questo cortometraggio è una dedica all’amore verso una persona cara: un modo per restituire un senso al dolore”. Un incontro speciale ha segnato l’inizio di questo percorso: una volta immaginata la storia da raccontare, infatti, occorreva trovare la persona giusta per darle forma. Come Anselma Dell’Olio, che aveva diretto e sceneggiato un documentario dedicato a un personaggio amato dal fratello di Annamaria.

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“L’incontro con Annamaria è stato uno di quei momenti di sincronicità che sicuramente resterà segnato nella mia storia personale e professionale – racconta Dell’Olio – Il legame profondo che ha unito lei a suo fratello mi ha coinvolta e immersa in un mondo di emozioni e di impellenti necessità, che solo se vissuti in prima persona si possono comprendere appieno. Ho tentato, grazie ai bravissimi interpreti e alla troupe tecnica che avevano sposato la causa, di dare voce, forza e dignità al caregiver, raccontando questo cruciale ruolo in tutta la sua umanità, trasformandolo, attraverso l’arte del cinema che racconta la vita, in una presenza concreta, non marginale, ma protagonista di una narrazione profonda e autentica, quella che nasce dal dolore della malattia e poi dalla perdita, e prova a rinascere più vigorosa di prima”.
Ragione e sentimento
Nei panni della caregiver troviamo Luisa (interpretata da Chiara Caselli), che ha scelto di mettere in secondo piano se stessa per essere di supporto alla sorella Carla (interpretata da Valeria Milillo). Per avere una tregue dalla quotidianità, Luisa convince Carla a passare insieme una breve vacanza rilassante insieme, ma la malattia mette i bastoni tra le ruote e i giorni passati insieme alle terme sembrano esacerbare, anziché stemperare, conflitti e tensioni tra le due sorelle. Fino all’arrivo di una terza persona (interpretata da Francesco Foti) che rovescerà le prospettive.
I caratteri e le personalità diversissime delle due sorelle erano lampanti, scrive la regista nella presentazione dell’opera: “La prima, la caregiver, è la Ragione: combattiva, decisionista, super-competente, scioglitrice di nodi. L’ho chiamata Luisa, perché mi ricordava la moglie schietta e senza fronzoli di Guido in 8 ½. L’abbiamo vestita con abiti incolori, pratici e comodi. Per la sorella malata invece, aggraziata e molto femminile (Sentimento puro) sono state scelte mise curate, teatrali, con trucco e parrucco perfetti. A lei ho dato il nome Carla, come l’amante civetta e sensuale del protagonista del film felliniano. Non a caso l’unica figura maschile dirimente del film si chiama Guido”.
Guarda il corto
Ancora senza una legge i 7 milioni di caregiver in Italia
In Italia, ricorda Salute Donna, vivono circa 7 milioni di persone (dato Istat) che assistono un familiare malato o non autosufficiente, ma non esiste una norma nazionale che disciplini la materia e riconosca pienamente il ruolo dei caregiver. Il 55% assiste un genitore, seguito da un 16% che assiste il partner. Il 60-70% dei caregiver è rappresentato da donne.
“Si è in attesa di una Legge che dovrebbe introdurre specifiche tutele, sebbene un primo riconoscimento formale si sia avuto con la Legge 205/2017 e un modesto fondo dedicato nel 2020 per il sostegno del ruolo di cura e assistenza del caregiver familiare, con stanziamenti che però rimangono ancora insufficienti rispetto ai reali bisogni. Salute Donna continua a battersi per il riconoscimento giuridico, la tutela previdenziale e il supporto psicologico per chi ogni giorno svolge un lavoro di cura insostituibile”.
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Le aspettative delle associazioni
L’attività di caregiving – letteralmente ‘prendersi cura’ – comporta un notevole carico psicofisico che si traduce spesso in perdita o interruzione dell’attività lavorativa e produttiva, stress e burnout. I caregiver non vengono formati sebbene si trovino a confrontarsi con situazioni mediche, psicologiche e burocratiche complesse. L’unico riferimento normativo concreto è la Legge 104/1992 che prevede 3 giorni di permesso retribuito al mese. E la Legge 81/2017 che include alcune misure di flessibilità lavorativa.
“Sono attualmente in discussione diverse proposte di legge che puntano in primis a riconoscere formalmente il ruolo del caregiver, ma anche a prevedere l’introduzione di contributi previdenziali e accesso al pensionamento agevolato, garantire permessi flessibili e forme di telelavoro, estendere i Lea/ep includendo servizi specifici per i caregiver. Il cammino è in salita, ma con qualche spiraglio positivo, a causa delle gravi lacune normative e di supporto – scrive ancora Salute Donna – Le Associazioni Pazienti ripongono aspettative nella Politica e nelle Istituzioni, chiamate a dare risposte solide”.
Il film è stato presentato nella Venice Production Bridge, la sezione della Mostra dedicata alla presentazione e allo scambio di progetti inediti di film, cortometraggi, web series e work in progress, per favorire la loro promozione e il loro sviluppo. L’opera è stata curata da Pro Format Comunicazione e con la produzione esecutiva della MP Film di Nicola Liguori e Tommaso Ranchino, e realizzato con il contributo non condizionante di Daiichi Sankyo e AstraZeneca, in collaborazione con le Terme di Sirmione.
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