La medicina non basta, il problema è che non si vogliono più figli

Se i numeri non mentono e – sapendoli leggere – raccontano non solo del passato ma di una prospettiva per il vicino futuro, allora i dati provvisori presentati al congresso Eshre sull’Embriologia e la Medicina della Riproduzione in corso a Parigi, al di là di un bilancio negativo – meno 176.830 cicli nel 2022 rispetto all’anno precedente, anno però in cui l’effetto Covid si è fatto sentire anche nella procreazione assistita – raccontano però di una tendenza verso cicli che evitano sempre più le gravidanze gemellari e di un mondo, quello della Medicina della riproduzione, che ricorre spesso a donazione di ovociti, che utilizza di più i test genetici preimpianto, che fa registrare un maggior numero di interventi per preservare la fertilità maschile e femminile. Con tassi di gravidanza che restano stabili nonostante la diminuzione dei cicli. E questo vuol dire che le tecniche si sono affinate.

Caldo estremo, fa male (anche) se si cerca di fare un figlio

I numeri provvisori della procreazione assistita pubblicati da Eshre rivelano nel 2022 un totale di 960.347cicli di trattamento in 1371 centri di 39 Paesi contro i 1.137.177 trattamenti del 2021, con una riduzione quindi del 15.6%. Il minor numero di cicli non si è tradotto in un minor tasso di gravidanze e questo perché diminuiscono i trasferimenti di due embrioni e aumentano quelli di singolo embrione, considerato il goal dagli specialisti anche per minori rischi per la gravidanza e per la salute di mamma e bambino.

Dalla donazione di ovociti alla preservazione della fertilità

Più alti i numeri dei cicli con Icsi (365.905 cicli), tecnica in cui un singolo spermatozoo viene iniettato in un ovocita, più bassi quelli della fertilizzazione in vitro (137.148 trattamenti), in cui si mettono insieme in provetta spermatozoi ed ovociti senza ulteriori interventi esterni. E poi ci sono i transfer di embrioni congelati (365.905), i 41.138 cicli con donazione di ovociti e 92.677 test di preimpianto genetico. E sono stati 30.758 gli interventi in 14 Paesi per preservare la fertilità tra congelamento di ovociti, tessuto ovarico, spermatozoi e tessuto testicolare.

Procreazione assistita, più aborti e meno nascite se il papà è over 45

I risultati

Il tasso di gravidanza rimane abbastanza stabile: per la Ivf il tasso di gravidanza per transfer era del 33.5% nel 2021 e del 32.7% nel 2022. Per la Icsi 33,5% contro 32.5% del 2021. In particolare l’Eshre stressa il fatto che continua ad aumentare il transfer di embrione singolo, cresciuto dal 60.5% del 2021 al 62.6% del 2022, con un aumento di gravidanze singole cresciute dal 90.4 al 91.5%, mentre le nascite gemellari sono scese dal 9.5% all’8.4%, con le nascite triple stabili allo 0.1%.

Cambiata l’idea di genitorialità

“Quello che ci raccontano i numeri Eshre è senza dubbio positivo dal punto di vista clinico – commenta Alberto Vaiarelli, ginecologo e coordinatore scientifico del centro Genera di Roma – i trattamenti diventano sempre più sicuri, efficaci, e personalizzati. Ma c’è un dato che non possiamo ignorare, soprattutto in Italia: sta cambiando radicalmente l’idea stessa di genitorialità, e il desiderio di avere figli è in forte calo. Il calo dei cicli registrato nel 2022 non è solo una questione organizzativa o economica: in parte la riduzione dei trattamenti può essere legata a riorganizzazioni post-Covid, ma in Italia sta emergendo un problema strutturale: le coppie arrivano sempre più tardi a confrontarsi con la fertilità, e in molti casi, semplicemente, non ci arrivano mai. Si dilata il tempo della progettazione familiare, si tende a rinviare, e in tanti casi il desiderio stesso di genitorialità viene meno”.

Serve un’alleanza per la natalità

Non solo non ci sono sostegni concreti, ma manca “un racconto culturale della genitorialità come scelta desiderabile. E questo vale ancora di più per le giovani generazioni”. Anche la crescita delle pratiche di preservazione della fertilità – oltre 30.000 nel 2022 – è da leggere da un lato come tutela della propria fertilità futura, “dall’altro come idea di posticipare la genitorialità in un contesto sociale che continua a non dare tempi, tutele e prospettive per costruire davvero una famiglia. Abbiamo bisogno di un’alleanza tra medicina, istituzioni e società per riportare al centro il tema della natalità, senza ipocrisie né moralismi, ma partendo da un dato di realtà: se non si vuole più diventare genitori, la medicina non basta”.

Il ragionamento di Pellicer

Ma Antonio Pellicer, presidente e fondatore di Ivi, fa un ragionamento aggiuntivo: “La prima cosa di cui tenere conto – spiega – è che è calato il numero di donne e uomini in età riproduttiva, sono di meno le persone tra 20 e 40 anni insomma. L’altra considerazione è che per raggiungere l’obiettivo di avere un figlio servono meno cicli perché siamo diventati più bravi, poi la volontà di fare figli c’è ancora ma magari ci si ferma a due, talvolta a uno. Questo non cambia il fatto che è diverso il nostro modo di vivere, che c’è un concetto diverso di famiglia e allora la cosa importante non è tanto il non volere figli, scelta legittima, ma il fatto che chi li vuole sia aiutato con politiche di welfare e di defiscalizzazione, e non con bonus una tantum che servono a poco. E anche con aiuti per accedere alle tecniche di Pma: oggi il 10% dei bambini spagnoli e il 5% di quelli italiani nasce grazie alla medicina della riproduzione. Dicono che è poco? In Spagna si dice che ogni pietra fa parete”.

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