La pelle sotto attacco per il cambiamento climatico e lo smog
Fa troppo caldo o freddo. Non solo il cambiamento climatico, con temperature fuori controllo, ma anche le città sotto l’effetto dello smog rappresentano un problema per la nostra salute. A essere minacciata anche la pelle, l’organo più grande del corpo umano con una estensione di circa 170 – 200 cmq e un peso di circa 16% del peso totale dell’organismo. A lanciare l’allarme gli esperti della Sidemast (Società Italiana di Dermatologia e Malattie Sessualmente Trasmesse). Aspettando il Congresso Nazionale Sidemast Special Edition 2025, organizzato nell’ambito del XIV International Congress of Dermatology, a Roma dal 18 giugno, ricordando quanto l’aumento delle temperature, l’inquinamento e gli eventi climatici estremi stiano compromettendo la salute dell’epidermide.
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Tumori cutanei e invecchiamento
Il riscaldamento globale e i danni da radiazioni ultraviolette aumentano il rischio di scottature, invecchiamento precoce dell’epidermide e tumori cutanei. La diminuzione dello strato di ozono è un fattore aggravante: si stima che ogni calo dell’1% dello spessore dell’ozono comporti un incremento dell’1-2% dei melanomi, fino al 4,6% dei carcinomi squamocellulari e del 2,7% dei carcinomi basocellulari.
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“Le radiazioni ultraviolette sono un noto fattore di rischio per i tumori della pelle e la loro intensificazione a causa del cambiamento climatico può aggravare ulteriormente questo problema – spiega Annunziata Dattola, professore associato di Dermatologia all’Università Sapienza di Roma e segretario generale dell’Icd (International Congress of Dermatology) – .Inoltre, l’impatto dell’inquinamento atmosferico non si limita all’apparato respiratorio. La pelle è costantemente esposta all’ambiente e risente in modo diretto dell’aumento di particolato e altre sostanze tossiche, che compromettono la barriera cutanea e favoriscono condizioni come acne, eczema e infiammazioni croniche. L’incidenza delle malattie cutanee infiammatorie e infettive aumenta in modo significativo dopo eventi meteorologici estremi come inondazioni e ondate di calore”.
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L’inquinamento
Negli ultimi anni sono aumentati gli studi che segnalano un collegamento tra cambiamenti climatici, inquinamento e incremento della dermatite atopica. Anche se si tratta spesso di ricerche realizzate in Corea, uno dei paesi con un elevato tasso di inquinamento al mondo dovuto alle alte concentrazioni di polveri sottili, il doppio rispetto ai livelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il fenomeno riguarda tutti i paesi.
L’aumento dell’inquinamento atmosferico, dovuto soprattutto all’incremento dei veicoli a motore e all’uso del carbone per la produzione di energia elettrica, coinvolge la salute già prima della nascita. L’esposizione delle future mamme agli agenti inquinanti favorisce, infatti, i rischi di sviluppo di questa malattia entro i primi sei mesi di vita del neonato. Inoltre, dopo gli incendi di boschi, numerosi durante l’estate, l’inquinamento dell’aria provoca molti casi di dermatite atopica in tutte le fasce d’età.
Questo disturbo infiammatorio dell’epidermide condiziona la qualità di vita del paziente e le sue relazioni sociali. Negli adulti si manifesta con secchezza, arrossamento, escoriazioni, ispessimento della pelle. La patologia scatena un prurito che può essere intenso e interferire con il sonno, le attività quotidiane, lo studio e le capacità lavorative.
Dermatite atopica e psoriasi
Il clima cambia e la pelle è sempre più sotto attacco. In seguito alle inondazioni, sempre più diffuse anche in Italia, i casi di dermatite atopica segnalati nei ricoveri d’emergenza sono aumentati del 14-31% (dati Sidemast). L’aumento dell’umidità e delle precipitazioni in alcune regioni sta anche favorendo la proliferazione di muffe e acari della polvere, con un aggravamento di dermatiti atopiche e altre condizioni allergiche della pelle. Inoltre è stato registrato un incremento del 20-40% delle esacerbazioni della dermatite atopica e della psoriasi nelle aree urbane.
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Orticaria e dermatiti allergiche
Le condizioni che mettono a rischio la salute dell’epidermide sembrano non finire. Temperature sempre più alte e concentrazioni elevate di CO? stimolano la crescita di piante allergeniche, aumentando la presenza di pollini nell’aria. Un rischio concreto per chi è predisposto alle allergie cutanee, con manifestazioni come orticaria e dermatiti allergiche.
“Le condizioni climatiche mutevoli possono influenzare la distribuzione geografica di allergeni e patogeni, rendendo le persone più vulnerabili a nuove forme di allergie e infezioni cutanee – aggiunge Dattola – basti pensare che l’aumento dell’umidità relativa e delle precipitazioni in alcune regioni sta anche favorendo la proliferazione di muffe e acari della polvere, con conseguente aggravamento di dermatiti atopiche e altre condizioni allergiche della pelle”.
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L’acqua
Inoltre, il freddo estremo può provocare danni alla pelle: in Cina è stato osservato un aumento del 160% delle visite per dermatite atopica quando la temperatura scende sotto lo zero rispetto alla media ottimale di 22°C.
Un’altra minaccia è la difficoltà di accesso, in varie aree, all’acqua. “Senza accesso ad acqua pulita e sicura – conclude Dattola – le persone sono più vulnerabili alle infezioni cutanee. L’acqua contaminata può contenere batteri patogeni e sostanze chimiche nocive che possono alterare il microbioma cutaneo predisponendo la pelle a irritazioni, infezioni fungine e infiammazioni croniche”.
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“Serve un approccio integrato per affrontare il problema di queste patologie”, ricordano gli esperti della Sidemast. Gli effetti del cambiamento climatico sull’epidermide “sono molteplici – conclude il presidente Sidemast Giuseppe Argenziano -. Promuovere l’educazione sulla cura della pelle in un’epoca di cambiamenti climatici è essenziale per prevenire i rischi e, al contempo, è fondamentale che la ricerca prosegua nell’analisi degli effetti ambientali sulla salute della pelle”.
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