La scuola dovrebbe parlare anche di identità e orientamento sessuale
Parlare di identità non confonde. Aiuta a crescere con dolcezza. I bambini non si confondono davanti alle differenze. Si confondono quando noi adulti smettiamo di nominarle. Quando tacciamo per paura di sbagliare, o per timore di dire troppo. Ma è proprio quel silenzio a ferirli, a far nascere in loro la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato in ciò che provano.
L’identità nel tempo
L’identità, lo sappiamo, non nasce di colpo. Si costruisce piano, attraverso gesti, sguardi, linguaggi, legami. Ogni esperienza, ogni parola che un adulto sceglie o evita di dire diventa una piccola impronta nel modo in cui un bambino impara a riconoscersi. Perché l’identità è un dialogo continuo tra ciò che sentiamo dentro e ciò che il mondo ci rimanda. Le neuroscienze e la psicologia dello sviluppo oggi ci mostrano chiaramente che l’identità di genere e l’orientamento sessuale non sono improvvise apparizioni adolescenziali, ma parte di un cammino che comincia presto.
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Lo studio
Uno dei più importanti studi longitudinali internazionali, “Stability and Change in Gender Identity and Sexual Orientation across Childhood and Adolescence” (Society for Research in Child Development, 2025) , ha seguito migliaia di bambini e adolescenti nel tempo, mostrando che l’identità evolve in modo naturale, graduale, e che la variabilità è parte del processo di crescita, non un’anomalia.
Contesti educativi aperti
La ricerca mette in evidenza che i ragazzi crescono più sereni e con minore disagio psicologico quando vivono in contesti educativi aperti, accoglienti e capaci di dare parole ai loro vissuti. Eppure, nelle nostre scuole, di tutto questo si parla ancora troppo poco.
Le nuove indicazioni nazionali
Nella bozza delle nuove indicazioni nazionali 2025 non compare un riferimento esplicito all’identità o all’orientamento sessuale. E così, continuiamo a ridurre l’educazione sessuale al corpo, dimenticando l’anima. Ma la sessualità non è solo biologia: è relazione, emozione, consapevolezza. Spiegare “come funziona” senza aiutare a capire “chi siamo” significa parlare di note senza far ascoltare la musica.
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I giovani cercano risposte
I ragazzi di oggi cercano risposte, non perché siano più precoci, ma perché sono più soli. Vivono immersi in un mondo che parla continuamente di corpi ma quasi mai di emozioni, che mostra tutto ma spiega poco. E quando non trovano adulti disposti ad ascoltare, vanno a cercare altrove: nei social, nei video, nei modelli che trasformano l’intimità in consumo e l’identità in giudizio.
La parola giusta orienta
Chi lavora ogni giorno con gli adolescenti lo sa: la confusione non nasce dall’informazione, ma dal vuoto. La parola giusta non spaventa, orienta. E la conoscenza non accelera la crescita: la accompagna, la protegge, la rende più consapevole. Per questo serve un’educazione che unisca mente e cuore, corpo e rispetto. Che non insegni solo cosa fare, ma come sentirsi; che insegni la gentilezza del limite e la forza dell’empatia; che permetta ai ragazzi di scoprire se stessi senza sentirsi sbagliati.
La vera educazione sessuale
La vera educazione sessuale non parla di sesso. Parla di identità, di emozioni, di libertà interiore. È un cammino che si costruisce con la stessa cura con cui si regge una mano quando trema: con dolcezza, con attenzione, con rispetto. Perché parlare di identità non crea confusione. Crea fiducia. Crea pace. E aiuta ogni bambino, ogni ragazza, ogni giovane a guardarsi allo specchio e dire, senza paura: “Così come sono, vado bene”.
Giuseppe Lavenia, psicologo e psicoterapeuta, presidente Associazione Nazionale Dipendenze Tecnologiche, GAP e Cyberbullismo (Di.Te.), docente di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni Università Politecnica delle Marche
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