Long Covid, scoperta la causa dei danni ai polmoni

Si alza il velo sui meccanismi che si nascondono dietro ai problemi polmonari che affliggono i pazienti con Long Covid. Sono l’infiammazione di basso grado e l’attivazione piastrinica le cause principali dei danni che il virus provoca ai polmoni. Una scoperta italiana, firmata dai ricercatori del Centro Cardiologico Monzino e dell’Università degli Studi di Milano. Il team è guidato da Marina Camera, responsabile dell’Unità di ricerca di Biologia cellulare e molecolare cardiovascolare del Monzino, nonché professore di Farmacologia all’Università Statale di Milano, e ha lavorato in collaborazione con i clinici del Centro Cardiologico Monzino e dell’Istituto Auxologico Italiano.

In particolare, i ricercatori hanno, individuato i meccanismi molecolari che stanno alla base dei disturbi polmonari nei pazienti che soffrono della sindrome Long Covid, aprendo la strada a una possibile terapia.

“Diversi studi sostengono l’ipotesi che il danno polmonare sui contagiati da Sars-CoV-2 sia causato dalla prolungata disfunzione endoteliale e dall’attivazione delle cellule immunitarie, con produzione di citochine che sostengono il processo infiammatorio – spiegano i ricercatori -. Tuttavia la fisiopatologia dei sintomi e le ragioni dello stato infiammatorio e della conseguente disfunzione polmonare non sono state del tutto chiarite”.

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Cosa dice lo studio

Anche se l’emergenza pandemica è terminata, il virus rimane e circola tra la popolazione. Gli effetti di lungo termine dell’infezione, il Long Covid appunto, hanno ancora un forte impatto negativo sulla qualità di vita di molti pazienti. Parliamo di sintomi diversi, i cui più preoccupanti sono riconducibili alla compromissione del parenchima polmonare e possono durare anche un anno dopo la fase acuta dell’infezione. Per questo la ricerca cardiovascolare internazionale si è concentrata sulle cause. Com’è avvenuto con lo studio italiano.

Il lavoro è stato pubblicato su Jacc Bts (Journal of american college of cardiology basic to translational science) e mette in evidenza cosa accade in questi pazienti, ossia che “il danno polmonare può essere causato da uno stato infiammatorio con attivazione delle piastrine che, legandosi ai leucociti, formano nel sangue degli etero-aggregati”. E questi etero-aggregati, entrando nel microcircolo polmonare, possono determinare un danno vascolare e alveolare favorendo la deposizione di tessuto fibrotico, che è responsabile dei principali sintomi riferiti dai pazienti con Long Covid, come dispnea, dolore toracico e astenia.

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Cosa è stato fatto

“Nell’era Covid, fra luglio e ottobre 2020, abbiamo reclutato al Centro Cardiologico Monzino e l’Istituto Auxologico Italiano 204 pazienti che avevano contratto il virus nei mesi precedenti – spiega Marta Brambilla, ricercatrice del centro Monzino e prima firma del lavoro -. Escludendo chi soffriva di gravi malattie pregresse o stava assumendo una terapia anticoagulante, abbiamo identificato 34 pazienti con sintomi di Long Covid che sono stati quindi confrontati con altrettante persone che non presentavano sintomi dopo l’infezione. A questi è stato effettuato un prelievo di sangue per la valutazione dello stato di attivazione delle piastrine. I dati ottenuti hanno chiaramente indicato come negli sintomatici il danno polmonare evidenziato dagli esami Tac sia significativamente associato a un fenotipo piastrinico pro-infiammatorio”.

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L’impatto cardiovascolare

La ricerca pubblicata su JACC va a completare gli studi sull’impatto cardiovascolare del Covid. “In primo luogo abbiamo identificato nel profilo procoagulante piastrinico il meccanismo responsabile delle complicanze trombotiche nei pazienti con infezione acuta da Covid – sottolinea Camera -. E abbiamo anche evidenziato che i quattro vaccini utilizzati durante la pandemia, pur inducendo un transiente stato infiammatorio tipico della stimolazione immunitaria, non favoriscono l’attivazione piastrinica, e dunque non aumentano il rischio trombotico nella popolazione generale”. “Questo ultimo lavoro – conclude – evidenzia non solo i meccanismi fisiopatologici, ma anche i biomarcatori utili per personalizzare la terapia farmacologica nella gestione della sindrome Long Covid”

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I farmaci da usare

Gli esperimenti in vitro effettuati con il plasma dei pazienti presi in esame, hanno aiutato a comprendere come intervenire. In sostanza lo studio suggerisce che i farmaci antinfiammatori e antiaggreganti, come la comune aspirina, sono in grado di contrastare questi processi e rappresentino dunque una potenziale opzione terapeutica.

“I nostri studi hanno identificato un ruolo centrale, che nessuno aveva ancora considerato, sia dell’infiammazione cronica di basso grado che delle piastrine – dice Camera -. Livelli anche di poco superiori ai limiti di normalità di proteina C reattiva e di interleuchina 6 possono infatti sinergizzare e sostenere l’attivazione delle piastrine. Gli aggregati che esse formano con i leucociti potrebbero dunque spiegare la disfunzione polmonare promuovendo deposizione di tessuto fibrotico che compromette la funzionalità polmonare”.

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