Malattie rare: per il 95% dei pazienti non esiste ancora una cura

Ogni giorno, milioni di persone affrontano sfide silenziose. Malattie rare che trasformano la vita in un percorso incerto e spesso solitario. Più di due milioni di persone in Italia vivono questa realtà, fatta di attese, diagnosi difficili e cure spesso inesistenti. Una lunga e intensa maratona durata tutto il mese con oltre 60 eventi che culminano il 28 febbraio per la Giornata delle Malattie Rare. Ma non si tratta solo di una data sul calendario. È il momento in cui si accendono i riflettori su queste storie invisibili. La campagna #Uniamoleforze, iniziata a fine gennaio presso il Ministero della Salute, ha attraversato il Paese, raccogliendo testimonianze e istanze di chi affronta queste sfide ogni giorno. Il viaggio si è concluso a Roma, all’Istituto Luigi Sturzo, con un convegno che segna non solo la fine di un percorso, ma l’inizio di nuove speranze.

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Oltre la diagnosi: la ricerca come sorgente di speranza

Le malattie rare sono enigmi complessi. Annalisa Scopinaro, presidente di Uniamo, ha ricordato che su 8.000 malattie rare conosciute, solo per circa 450 esiste una cura. Per le altre, resta la riabilitazione o poco più. In molti casi, non ci sarà mai una cura specifica. La ricerca diventa così un’ancora di speranza. Non solo quella mirata ai farmaci, ma anche quella comportamentale, tecnologica, sulla storia naturale delle malattie e sulla robotica applicata. Ogni progresso rappresenta una possibilità di vivere meglio e più a lungo. “In continuità con gli altri anni – spiega Scopinaro – affrontiamo le tematiche relative alla ricerca, che rappresenta la speranza per i pazienti e le loro famiglie di vedere migliorata la loro qualità di vita. È quindi necessario sostenere tutti i tipi di Ricerca, non solo quella finalizzata alla produzione di farmaci: comportamentale, sulla storia naturale, sull’efficacia delle riabilitazioni, sulla robotica per lo sviluppo di ausili, alla Digital Health fino a quella organizzativa; sono tutte ugualmente importanti”.

Storie di vita, non di numeri

Dietro ogni diagnosi rara c’è una storia fatta di sogni, timori e determinazione. C’è una madre che cerca risposte, un giovane che lotta per costruire un futuro, un anziano che affronta l’isolamento. “Obiettivo della ricerca – dichiara Marco Sessa, presidente A.I.S.A.C. – Associazione per l’Informazione e lo Studio dell’Acondroplasia e Vicepresidente Uniamo – è il benessere delle persone con malattia rara. Quando si parla di Ricerca si deve intenderla a 360 gradi, non solo quella terapeutica. Rendere il sistema più efficiente aiuta a raggiungere questo obiettivo, agevolando nuovi studi senza necessariamente aumentare i costi”.

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Un futuro da scrivere insieme

La ricerca di nuove terapie, però, resta cruciale come ribadisce Barbara D’Alessio, presidente Fondazione Lega Italiana Ricerca Huntington (LIRH) e Segretario Uniamo: “Tra le varie forme di ricerca per le malattie rare, tutte importanti, quella terapeutica svolge comunque un ruolo chiave perché offre la speranza della possibilità di rendere trattabili, se non completamente guaribili, condizioni sintomatiche disabilitanti. È necessario valorizzare le competenze e le collaborazioni strategiche tra mondo profit e non profit”.

In cerca di cure

Purtroppo, attualmente soltanto il 5% delle malattie rare ha una cura. Fabrizio Farnetani, vicepresidente di Mitocon Insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali e Consigliere Uniamo, evidenzia quanto ci sia ancora da fare. “I target che erano prefissati a livello europeo sono purtroppo ancora lontani e anche le previsioni della legge 175/2021 (Testo Unico delle Malattie Rare) e del Piano nazionale per le Malattie rare 2023-2026 in tema di ricerca sono ancora in gran parte da attuare come rilevato dall’ultimo Rapporto MonitoRare. Le persone con malattia rara e le loro Associazioni sentono fortemente l’esigenza di accelerare il corso della ricerca e offrono il loro supporto ad ogni livello per raggiungere degli obiettivi tangibili che migliorino la loro qualità della vita”.

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Lo Screening neonatale esteso

Tra i ‘temi caldi’ quello dello Screening neonatale esteso che permette l’identificazione precoce e la presa in carico tempestiva del piccolo, con la diversità dei pannelli seguiti dai centri di riferimento delle varie regioni, non ha solo implicazioni clinico-assistenziali e organizzative, ma anche etiche che la Società Italiana di Neonatologia (Sin), insieme ad Uniamo, Federazione Italiana Malattie Rare e SIMGePeD – Società Italiana Malattie Genetiche Pediatriche e Disabilità Congenite, ribadisce con forza, in occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare. “Ad oggi, oltre alle 49 patologie obbligatorie per tutte le Regioni, lo screening per la SMA risulta attivo in 13 Regioni e in altre 5 è in programma l’avvio di progetti sperimentali. Per le malattie da accumulo lisosomiale lo screening è effettuato in 5 regioni e non per tutte le patologie. Infine, lo screening per l’immunodeficienza combinata grave (SCID) è ad oggi effettuato in 6 Regioni”, spiega Annalisa Scopinaro. “Il fatto che l’ampliamento del pannello screening debba essere approvato con i decreti Lea rende praticamente impossibile garantire un aggiornamento al passo con le nuove terapie. Alcune Regioni attivano progetti sperimentali, creando di fatto disuguaglianze fra cittadini dello stesso Stato. Occorre che il Governo, come previsto dalla legge, aggiorni i Lea con cadenza annuale”.

#Uniamoleforze: perché nessuno resti indietro

In questo mese speciale, migliaia di voci si sono unite per affermare che ogni storia conta. La ricerca è la chiave per aprire nuove possibilità, ma il contributo di tutti è essenziale: istituzioni, cittadini, scienziati e famiglie. Il coraggio vero è affrontare l’incertezza ogni giorno. Nessuno dovrebbe farlo da solo.

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