Maria Malatesta: “Vi racconto cosa significa vivere con la neurofibromatosi”
“Sono stata consapevole delle mia malattia fin da piccola. I miei genitori me ne hanno sempre parlato, come si fa con una bambina, cercando di non spaventarmi. D’altronde per me è sempre stato evidente che ero diversa dagli altri, che qualcosa non andava nella mia salute”. Maria Malatesta oggi ha 30 anni e da 28 convive con una malattia rara, la neurofibromatosi di tipo 1. La prima operazione chirurgica l’ha subita a 4 anni; la prima di una lunga serie, tipica del decorso di questa malattia.
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Nessuno sa che strada prenderà la malattia e dove verranno i tumori
La neurofibromatosi di tipo 1, indicata con l’acronimo Nf1, è una malattia che colpisce una persona ogni tremila, ed è caratterizzata dallo sviluppo di neurofibromi cutanei e sottocutanei multipli, formazioni che possono svilupparsi in molti organi diversi e possono provocare modificazioni dello scheletro, complicazioni oculari, neurologiche e oncologiche. Fra questi i neurofibromi plessiformi sono tumori della guaina dei nervi: vaste placche rilevate o cordoni disposti lungo il decorso dei nervi, spesso progressivi e invasivi.
“Nessuno di noi sa quale strada prenderà la sua malattia, i neurofibromi possono nascere ovunque nel corpo e l’unica arma che abbiamo è la prevenzione: eseguire controlli periodici per controllare se ci sono delle nuove formazioni e se quelle che si hanno sono cresciute”, racconta Malatesta che per eliminare dei neurofibromi ha subito due interventi alla colonna vertebrale e l’ultimo, nel 2016, al torace.

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Convivere con i segni della malattia e con l’incertezza
L’altra caratteristica della malattia, quella per cui il pediatra di Malatesta ha subito avuto il sospetto che si trattasse di Nf1, sono le piccole macchioline caffè e latte sulla pelle. “Sono stata fortunata perché il ritardo diagnostico per le malattie rare può arrivare fino a 7 anni, mentre io ho avuto la diagnosi in poco tempo e ho potuto essere controllata al meglio”, racconta. Ma anche la bambina più seguita e meglio controllata deve fare i conti con il disagio di dover sempre giustificare il proprio aspetto fisico, in parte difforme da quello della maggioranza, con le difficoltà dell’adolescenza, un’età critica anche senza macchie sulla pelle o “bubboni” sul corpo.
Mano mano che si cresce, poi, cresce anche la paura per il futuro. “Quando si è piccoli si vive nel presente, crescendo ci si interroga sul domani. So di avere un rischio di sviluppare tumori più alto della media e per questo so che mi devo tenere costantemente sotto controllo. Con la Nf1 bisogna essere sempre in allerta, perché è imprevedibile, ma ho fiducia nella medicina. Se penso ai passi avanti che sono stati fatti in questi anni sono fiduciosa per il futuro”, sottolinea Malatesta.
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Un peso doppio per le donne
L’essere donna aggiunge un peso all’essere una malata rara? “Sì, sotto diversi aspetti. Nel caso della mia malattia e dei segni che può dare sul corpo bisogna considerare la pressione sociale che ancora viene esercitata sulle donne rispetto al proprio aspetto fisico. C’è poi il momento in cui si deve pensare alla maternità, con i limiti che impone la malattia e la consapevolezza di essere in qualche modo più fragili della media. Ma poi ci sono anche le difficoltà delle donne che sono madri di una persona con malattia rara che spesso devono rinunciare a lavorare, alla loro carriera”, risponde Malatesta, che è presidente dell’associazione di pazienti Ananas. Per accendere i riflettori sulle difficoltà delle donne, Uniamo, la federazione delle associazioni di malati rari, ha promosso Women in Rare, un progetto di analisi e sensibilizzazione su questo tema. “Per le donne il peso da portare sulle spalle è davvero notevole ed è importante che l’impatto sulla loro qualità di vita, sia come pazienti che come caregiver, sia riconosciuto e alleviato da politiche sanitarie e sociali ad hoc”, conclude Malatesta.
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