Melanoma oculare: in Italia uno dei 15 centri al mondo dove si cura con i protoni

Evitare la chirurgia, per preservare l’occhio e in molti casi anche la vista, e migliorare così la qualità di vita dei pazienti. È questo l’approccio che guida l’utilizzo della radioterapia con protoni nel trattamento del melanoma oculare, un grave tumore che, in alternativa, richiede necessariamente la rimozione chirurgica dell’occhio. I centri attrezzati per questo tipo di protonterapia, però, sono pochissimi: appena 15 nel mondo. E fortunatamente, uno si trova in Italia: è il Centro Nazionale di Androterapia Oncologica (Cnao) di Pavia, dove dal 2016 ad oggi sono già stati trattati oltre 600 pazienti, con ottimi risultati, in linea con quelli che emergono dalla letteratura: a cinque anni il controllo locale della malattia (l’assenza, cioè, di metastasi) raggiunge infatti il 95%.

Un tumore raro, ma non troppo

“Il melanoma oculare è il tumore raro più frequente nell’adulto – spiega Maria Rosaria Fiore, medico radioterapista e referente di patologia al Cnao – Origina dai melanociti nel tratto uveale (coroide, corpo ciliare o iride). Colpisce soprattutto persone tra i 50 e i 70 anni, e sebbene possa manifestarsi in età più giovane, è raro che si presenti prima dei 30 anni. Si stima che, in Italia, siano circa 400 le nuove diagnosi all’anno”.

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In molti casi, la presenza del tumore si scopre nel corso di esami oculari di routine. In molti casi, infatti, la malattia è asintomatica, almeno nelle fasi iniziali. I sintomi visivi più comuni riferiti dai pazienti includono visione offuscata, percezione di lampi o scintille di luce, difetti del campo visivo, mosche volanti e, raramente, dolore oculare. La riduzione della capacità visiva si verifica soprattutto quando le dimensioni del tumore diventano consistenti oppure quando la malattia, seppure di piccole dimensioni, è adiacente al nervo o disco ottico, o ad aree responsabili della visione centrale.

La terapia

“Storicamente, il trattamento principale per il melanoma uveale era l’enucleazione, cioè la rimozione chirurgica dell’occhio – continua Fiore – Negli anni ’70 si è cominciato a mettere in discussione l’efficacia della chirurgia nel prevenire le metastasi, portando ad investigare approcci conservativi”. È così che il melanoma oculare è diventato l’apripista nell’utilizzo clinico della protonterapia. Nel 1975, negli Stati Uniti, fu trattato il primo paziente al mondo con questa particolare tecnica. E oggi sono numerosi gli studi in letteratura che dimostrano che non vi sono differenze in termini di controllo locale della malattia, cioè di sopravvivenza libera da progressione,e che la radioterapia con protoni permette di conservare l’occhio e, in numerosi casi, anche la funzionalità visiva.

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“La protonterapia – spiega Gianluca Vago, Presidente del Cnao e Direttore del Dipartimento di Oncologia e Onco-Ematologia dell’Università degli Studi di Milano – consente di ottimizzare la dose rilasciata nella sede tumorale e di limitare al massimo quella che raggiunge le strutture e i tessuti sani circostanti, minimizzando gli effetti collaterali a lungo termine. Il melanoma oculare, per la sua posizione delicata vicino a tessuti sensibili, è tra i tumori che possono trarre maggiori benefici dall’adroterapia. Quasi tutti i pazienti raggiungono il controllo di malattia, evitando così interventi chirurgici demolitivi. Al Cnao, dal 2016, curiamo i pazienti con melanoma oculare con questo approccio e siamo il centro di riferimento in Italia. Prima del 2016, i malati erano costretti ad andare all’estero per le cure, perché solo un numero molto limitato poteva accedere ai Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn a Catania, al momento non più operativo”.

Una tecnologia unica al mondo

Il Cnao non è solo il centro di riferimento italiano per la protonterapia del melanoma oculare. È anche il primo istituto che si è dotato di un fascio di protoni con scanning attivo, che è stato implementato proprio per trattare questa malattia, garantendo la possibilità di dirigere con efficienza e precisione il fascio di protoni sulla massa tumorale.

“Il trattamento oculare con protoni viene eseguito ancora oggi in tutto il mondo con tecnica passiva di distribuzione del fascio e in una sala dedicata esclusivamente al trattamento di quella specifica patologia – afferma Mario Ciocca, Responsabile dell’Unità di Fisica Medica di Cnao – Nel 2015 i fisici medici del Cnao hanno progettato e realizzato per la prima volta al mondo un adattamento della linea di fascio esistente, in modo da renderla idonea anche ai trattamenti oculari con pari qualità, in particolare abbinando allo scanning attivo del fascio un collimatore personalizzato. Questa strategia si è dimostrata vincente, al punto da rappresentare oggi una modalità di tendenza da parte di altri centri mondiali, al fine di rendere il trattamento oculare con protoni sempre più disponibile nella pratica clinica”.

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Un approccio multidisciplinare

La cura del melanoma oculare con protonterapia è un esempio di stretta collaborazione multidisciplinare tra vari professionisti, che includono l’oculista specialista in chirurgia oncologica, il radioterapista, il fisico medico e il bioingegnere. Il primo step della presa in carico del paziente parte nel centro di oftalmologia di riferimento, dove avviene la diagnosi clinica da parte di un oculista esperto.

“Alla Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano è attiva una struttura dedicata alla chirurgia oncologica oculare – spiega ad esempio Martina Angi, Direttrice della Chirurgia Oncologica Oculare dell’Int di Milano. “Seguiamo ogni fase, dalla diagnosi alle terapie sistemiche, passando per la chirurgia e la radioterapia, con un’attenzione particolare alla salvaguardia dell’organo e alla funzionalità visiva, oggi possibile anche grazie alla radioterapia con protoni.

Una volta confermata la presenza del tumore, gli specialisti dei centri di riferimento chirurgici installano chirurgicamente quattro clips in tantalio, piccolissimi bottoncini metallici che “marcano” il tumore, cioè delimitano l’area della malattia che dovrà poi essere irradiata con estrema precisione. Il paziente viene poi inviato a Cnao per la radioterapia con protoni, il cui piano di trattamento viene discusso multidisciplinarmente tra gli specialisti chirurghi e radioterapisti.

“Dopo l’intervento chirurgico, al Cnao sono eseguite tutte le procedure di preparazione al trattamento con protoni – conclude Fiore – Viene effettuata una Tac di centratura con maschera di immobilizzazione personalizzata con cui il paziente eseguirà il trattamento su una sedia dedicata, solidale con un sistema di fissazione dello sguardo. Per ridurre al minimo la dose alle strutture critiche, durante la pianificazione del trattamento viene stabilita una direzione ottimale dello sguardo, grazie ad un sistema ‘Eye Tracking System’ (Ets), posizionato utilizzando robot e sistemi di tracciamento ottico con cui si verifica l’accuratezza e la riproducibilità di posizione della luce di fissazione. Si tratta di una sofisticata tecnologia sviluppata in collaborazione con il Politecnico di Milano, che permette al paziente di orientare l’occhio nella direzione prefissata. Il trattamento si svolge in 4 giorni consecutivi, con un attento controllo della posizione dell’occhio durante l’irradiazione. Dopo il trattamento, il paziente prosegue il suo percorso di cura, con visite di controllo sia oculistiche che oncologiche”.

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