Montagna d’estate, dal cuore alle punture d’insetto come evitare i rischi
Punture di insetti fastidiosi, morsi di vipera, attacchi di cuore, colpi di calore, mal di altitudine, cadute, disidratazione. Sono tanti e sempre più frequenti i pericoli in agguato quando si va in vacanza in montagna. Ecco come ridurre al minimo i rischi.
L’abbigliamento giusto
Innanzitutto, come raccomanda l’Istituto Superiore di Sanità, l’abbigliamento è la base. Se si va per boschi o prati o monti, meglio indossare pantaloni lunghi, scarpe chiuse, camicia a maniche lunghe e un cappellino: sono da preferire i colori chiari per individuare subito eventuali corpi estranei. Vestirsi a strati è sempre buona regola anche in estate, poiché la prevenzione resta la miglior cura per evitare brutte sorprese: le punture di insetti come api, vespe o calabroni possono essere infatti pericolose.
Per non parlare dei morsi delle vipere e delle zecche, sempre più frequenti anche in quota, cosa impensabile fino a un decennio fa come sottolineano le più esperte Guide Alpine.
Attenzione alle vipere
Per il dottor Maurizio Soave, responsabile del centro antiveleni (Cav) del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCC, le creature più temibili restano le vipere. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno tra l’1,8 e i 2,7 milioni di persone vengano morse da serpenti velenosi, con fino a 138.000 morti e 400.000 amputazioni e disabilità permanenti. “Il rischio peggiore è il morso di vipera che può essere velenoso. Quindi non mettere mani dentro ambienti e anfratti in cui questi serpenti velenosi possono nascondersi, tipo il fogliame… Meglio indossare calosce alte”.
Cosa fare in caso di morso di vipera
E, se si viene morsi, non agitarsi è la prima regola, raccomanda Soave. “Occorre mantenere la calma: il veleno della vipera più ci si agita, più corre veloce nelle zone centrali. Se si è stati colpiti a una mano: lavare la ferita per disinfettarla e fare un bendaggio non stretto, che va dal gomito alla mano per ritardare il flusso del veleno e chiamare tempestivamente i soccorsi”.
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Il Centro antiveleni, poi, è sempre a disposizione: “Quando si ha il dubbio che l’evento possa essere pericoloso, soprattutto se riguarda un bambino, il Cav ha proprio lo scopo di informare la popolazione, oltre che i medici e le strutture ospedaliere”, assicura il dottore.
Punture di api e calabroni: attenzione ai bambini!
Secondo Maurizio Soave i repellenti servono a poco. “Ci sono prodotti che allontanano le zanzare, ma non so quanto siano efficaci anche per le api e i calabroni. Le punture d’ape e calabrone sono diverse. La prima punge una sola volta, mentre il secondo può farlo più volte. Per avere ripercussioni sistemiche occorrono più api o anche un solo calabrone”.
Se la vittima è un bimbo? “È chiaro che per un bambino le punture di quattro api possono creare problemi, come dolore forte, rigonfiamento e difficoltà nei movimenti. Le api, pungendo, lasciano l’aculeo che va rimosso con l’aiuto di pinzette o carte di credito per far pressione sul punto interessato: se l’aculeo resta dentro è una continua iniezione di veleno nella cute”, chiosa il dottore.
E per evitare il rischio infezione bastano poche regole, assicura l’esperto. “La ferita può infettarsi e occorre sempre lavarla con acqua e disinfettarla bene: mettere del ghiaccio se possibile. E poi valutare con il proprio medico l’eventuale terapia antibiotica. No al fai da te”.
Api e calabroni: consigli per chi è allergico
Il Centro antiveleni consiglia di evitare gli ambienti con alveari e stare lontani dalla campagna in settembre e ottobre quando le api e i calabroni sono più presenti. “Se punti si rischia lo shock anafilattico: occorre portare con sé il cortisone se si sa di essere allergici. Come prevenzione per desensibilizzarsi dalla puntura di api, il soggetto allergico può andare in ospedale prima di partire per un viaggio: ci sono tecniche con inoculo di veleno d’api a piccole dosi che funzionano. Comunque, consiglio sempre di tenere nello zaino un kit di emergenza con antistaminici e cortisonici. Sempre su indicazione del medico di famiglia”, aggiunge il dottor Soave.
Il morso del ragno violino
Lo scorso anno ci sono stati diversi casi di punture del famigerato Ragno violino, ricorda il responsabile del centro antiveleni del Policlinico Gemelli, che invita però a non fare allarmismi. “Invito le persone a tranquillizzarsi, perché il morso è innocuo nella maggioranza dei casi e in soggetti non allergici non dà reazioni sistemiche con abbassamento di pressione. Può creare bolle e vesciche e nulla di più. Si cura con una terapia antibiotica. Il problema? È la lesione che evolve in infezione e che può dare febbre, soprattutto in soggetti con diabete o immunodepressi. Nel caso di lesioni più estese, meglio ricorrere al medico di famiglia”.
Morso da zecca e infezioni
Con la bella stagione le zecche, sempre più diffuse anche a quote più alte (si trovano anche a 2000 metri, complici i cambiamenti climatici), abbandonano lo stato di quiescenza invernale alla ricerca di un ospite da parassitare. In primavera e in estate è più frequente imbattersi nel “morso da zecca”.
La puntura non è dolorosa (il parassita inocula nell’ospite una certa quantità di saliva che contiene principi anestetici) né di per sé pericolosa per l’uomo: i rischi dipendono dalla possibilità di infezioni trasmesse da questi animali che le veicolano da un ospite all’altro. Possono, infatti, trasmettere gli agenti patogeni responsabili della borreliosi di Lyme, l’ehrlichiosi, febbri varie, dell’encefalite virale (negli ultimi 30 anni il numero di casi di encefalite da zecca in Europa è cresciuto del 400 per cento) e la febbre emorragica Crimea-Congo.
Raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità
Oltre alle raccomandate precauzioni per ridurre la possibilità di venire in contatto con il parassita (vestirsi adeguatamente), l’ISS invita, alla fine dell’escursione, a ispezionare attentamente la propria pelle, soprattutto le parti molli e calde, come ginocchio, gomito, ascella, inguine, ma anche schiena, più appetibili per le zecche. Controllare sempre gli indumenti indossati, così da rimuovere prontamente eventuali intrusi.
In commercio, poi, esistono prodotti che scoraggiano l’attacco delle zecche a base di dietiloluamide e Icaridina o KBR3021.
Come rimuovere una zecca
Se ci si accorge di avere una zecca conficcata nella pelle? Intervenire prontamente per toglierla: bastano delle pinzette per ciglia e disinfettare. Attenzione a non schiacciare l’insetto, per impedire il rigurgito che aumenterebbe le possibilità di infezioni. Non toccare mai a mani nude la zecca: indossare guanti e poi lavarsi bene le mani. Assicurarsi, poi, che la zecca estratta sia integra e che non ne siano rimaste parti all’interno della pelle. Nel caso: intervenire con un ago sterile per rimuovere il restante.
L’ISS suggerisce anche di “conservare la zecca estratta in una boccetta di alcol al 70% per identificare, se necessario, gli eventuali agenti patogeni, in caso di sintomi e informare il medico sulla località di ritrovamento. Dopo la rimozione va fatta la profilassi antitetanica e se si notano aloni rossastri intorno alla puntura o se si ha febbre e mal di testa, dolori articolari, rivolgersi al medico curante.
Vietati i “rimedi della nonna”, tipo cospargere la zecca con alcol o olio o altre sostanze: non facilita l’estrazione e può addirittura spingere l’insetto a insinuarsi ancora più nell’ospite”.
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I rischi per il cuore in montagna
Un checkup cardiologico, completo di ecografia al cuore, monitoraggio della pressione arteriosa, esami del sangue con annesso controllo della tiroide. E per chi qualche problema di cuore lo ha o l’ha avuto, non dimenticare di mettere nello zaino il saturimetro, oltre al misuratore della pressione. Lo raccomanda il dottor Domenico Tuttolomondo, medico chirurgo e cardiologo dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore di Parma. Un attacco di cuore, o infarto miocardico, può colpire anche persone apparentemente in buona salute, soprattutto se non abituate a sforzi prolungati o se presentano fattori di rischio magari non diagnosticati.
Precauzioni per chi soffre di altitudine
Gradualità e moderazione sono le parole d’ordine del cardiologo. “La ridotta pressione atmosferica, la minore concentrazione di ossigeno, generalmente sopra i 2.500 metri, può creare problemi a chi ha sofferto di malattie cardiovascolari. Dunque, anche se ci si sente in piena forma è sempre meglio evitare altezze importanti e salire gradualmente di quota. A piccoli step”.
Niente vette sotto i 3 anni d’età
Vietate le salite ardite con neonati o bambini sotto i tre anni. “Niente quote alte per i più piccoli, perché sottoponiamo a sforzo inutile il loro cuore. Anche se non è mai un discorso di età, ma di stato del sistema cardiovascolare: a 90 e si ha buona fibra cardiovascolare si può salire in alto, pur se andando avanti con gli aumenta il rischio di malattie cardiovascolari”.
Ipertesi e cardiopatici in vetta? Si può seguendo alcune semplici regole. “Se la pressione è ben controllata non ci sono problemi. L’importante è fare un monitoraggio della pressione nei giorni precedenti e durante la vacanza ed evitare di arrivare in montagna senza aver fatto attività fisica prima, per non stressare il cuore: in montagna la frequenza cardiaca tende a essere più elevata, ecco perché è importante controllare la pressione arteriosa”.
Consigli per chi ha problemi di tiroide
Una buona idratazione è fondamentale. “Bere molta acqua è sempre importante per tenere il corpo idratato. Inoltre, consiglio la regola del fare un po’ meno: anche se allenati, meglio non strafare in montagna. Cosa che la gente normalmente disattende in vacanza”, assicura il dottor Domenico Tuttolomondo.
Oltre ai controlli di routine, che non guastano mai per quello che è il motore della nostra vita, prima di intraprendere escursioni impegnative: “Consiglio un check cardiologico con visita, elettrocardiogramma ed ecografia, tenere un diario pressorio giornaliero e esami del sangue. Un parametro d’analisi molto importante sono gli esami della tiroide, per capire se possiamo sopportare quel tipo di stress. I sintomi correlati alla disfunzione della tiroide sono subdoli, se ci fossero delle alterazioni metterebbero sotto sforzo il cuore, affaticandolo oltremodo”, aggiunge lo specialista del cuore.
Campanelli di allarme
Segnali importanti da non ignorare durante una passeggiata i ritmi del respiro e del cuore. Così Domenico Tuttolomondo: “L’affanno da sforzo, la sensazione di forte dolore al torace, il cuore che batte in modo irregolare, sono tutti segnali di un pericolo imminente. Meglio fermarsi a riprendere fiato, senza cercare di raggiungere la meta, mettersi al riposo tranquilli e allertare subito i soccorsi quando i sintomi sono significativi, senza perdere tempo”.
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