Quando il vaccino (forse) fa male: il caso Chikungunya

Come notavo in un mio articolo su Salute del 3 maggio dello scorso anno, i vaccini sono farmaci e come tutti i farmaci hanno effetti collaterali. Chi li nega o ne sminuisce artatamente il peso, contrariamente a quello che magari immagina, non rende un buon servigio alla pratica vaccinale. Non parlarne per tema che poi la gente rifiuti la vaccinazione è sbagliato: con l’eccezione dei pochi ed irragionevoli anti-vaccinisti per principio, la gente si vaccina quando necessario riconoscendo come il beneficio che ne ricaviamo come singoli e come comunità sia sempre largamente superiore ai pochi rischi che ne corriamo. Il rifiuto di un vaccino è invece certo, e può estendersi alla intera pratica vaccinale, nel caso venga fuori un effetto collaterale grave di cui nessuno prima aveva parlato.

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Per la mia lunga storia di ricercatore sull’immunità contro le malattie infettive e sui vaccini, ed anche come controllore, per vari anni all’Istituto Superiore di Sanità (ISS), della loro sicurezza, e nella logica di quanto detto sopra, voglio qui parlare di alcuni gravi effetti collaterali di un nuovo vaccino con la speranza di offrire un chiarimento a chi fosse particolarmente preoccupato di quanto accaduto

Che cos’è la Chikungunya

Si tratta del vaccino contro il virus Chikungunya. Questo nome dirà poco ai molti ma credo che almeno gli abitanti di alcuni paesini della Romagna, del Lazio, la Capitale compresa, si ricorderanno di quanto hanno sofferto per due epidemie causate da questo virus considerato, per molto tempo, solo “esotico”. È un parente prossimo di quello che causa la Dengue, la cosiddetta “febbre spacca ossa” per la gravità della sintomatologia osteo-articolare. Nel caso del Chikungunya, la malattia è generalmente meno grave della Dengue ma è, comunque per alcuni soggetti, molto lunga, dolorosa (in particolare a livello articolare) e debilitante. In rari casi, in presenza di severe compromissioni organiche, può anche esitare in decesso.

Il virus infetta con la zanzara

Il virus ci infetta tramite la puntura di un ospite intermedio, la zanzara tigre (Aedes albopictus) o anche, in altre aree del globo, la Aedes aegipty , la stessa che trasmette i virus che provocano Dengue e Febbre gialla. In collaborazione coi colleghi della Regione Emilia-Romagna, noi riportammo nel 2007 sull’epidemia di Chikungunya in Italia, la prima mai occorsa in un Paese temperato, testimoniando ormai il legame fra il virus, la zanzara tigre, la globalizzazione ed i cambiamenti climatici nelle zone temperate (vedi Lancet, 2007 Dec 1;370(9602):1840-6). Negli ultimi anni, piccole epidemie locali ed importazione di casi dall’India e da alcuni Paesi africani hanno colpito altri Paesi Europei e gli Stati Uniti.

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Ormai la malattia è presente, con casi importati e più o meno estesi outbreaks epidemici, in tutti o quasi i continenti , non è più un problema solo dei Paesi africani ed asiatici anche se in questi, in particolare nelle Isole Francesi della “La Reunion”, nell’Oceano Indiano, le epidemie da Chikungunya appaiono particolarmente esplosive, con decine di migliaia di casi. Una di esse è ancora lì in corso, ed a questa farò quindi riferimento parlando del vaccino.

Non ci sono farmaci specifici

Non disponiamo di farmaci antivirali attivi contro questo (e tanti altri) virus e perciò la formulazione e produzione di un vaccino efficace è stata giustamente considerata prioritaria. Quello sviluppato recentemente dalla Valneva, chiamato Ixchiq, costituito da virus attenuato, è stato approvato dall’EMA e da FDA per uso umano circa un anno fa. L’approvazione si è basata sulla buona produzione di anticorpi anti-virus in alcune migliaia di soggetti adulti giovani, anticorpi chiaramente protettivi in sperimentazioni pre-cliniche, un assunto che è sembrato ragionevole fare pur in assenza di sperimentazione clinica dimostrativa della capacità del vaccino di conferire protezione contro la malattia.

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In questi giorni, tuttavia, l’uso del’Ixchiq è stato sospeso nei soggetti con età superiore ai 65 anni dopo l’emergenza di gravi effetti collaterali e l’apparente associazione fra la morte di due soggetti anziani e l’estesa vaccinazione per il controllo dell’epidemia in corso a La Reunion.

Chiariamo subito che 1. lo stop alla vaccinazione è da considerarsi temporaneo in attesa di uno studio approfondito che dimostri il reale ruolo della vaccinazione nel causare il decesso dei due soggetti. La responsabilità del vaccino resta possibile ma non ancora certa; 2. quelli attenuati sono ottimi vaccini, i più vicini alla migliore possibile vaccinazione, quella “naturale” che consegue alla guarigione dalla malattia (vedi il caso di altri vaccini attenuati, fra cui quello del morbillo). Hanno però un problema: l’attenuazione indebolisce il virus, ma non azzera la sua capacità di causare malattia. In un soggetto immunologicamente sano, il virus attenuato può causare al massimo una forma assai “tenue” della malattia, limitata ad un po’ di febbre. Se però, per qualche patologia concomitante ma talvolta anche per la sola età avanzata ( senectus ipsa morbus est) il soggetto vaccinato ha un deficit di risposta immunitaria, il vaccino che, ripeto, contiene un virus ancora vivo, può causare la malattia contro cui dovrebbe invece proteggere o comunque aggravare il decorso di una patologia concomitante.

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I due soggetti deceduti a La Reunion dopo la vaccinazione erano entrambi piuttosto anziani e alquanto debilitati da altri malanni. C’è da dire, ahimè, che sono proprio questi i soggetti maggiormente suscettibili ad un Chikungunya clinicamente pesante e che beneficerebbero della vaccinazione! Noto, infine, che fra gli effetti collaterali frequenti della vaccinazione con Ixchiq sono segnalati alcuni quali neutropenia e linfopenia che inducono a pensare che il vaccino possa causare in alcuni soggetti una iniziale fase di magari lieve immunosoppressione.

Ma adesso cosa fare?

Mentre aspettiamo le decisioni degli Enti regolatori, ora a La Reunion si interrogano: ma se non facciamo il vaccino ai pazienti che peggio reggono la malattia da Chikungunya, come ne usciamo? È veramente così sicuro in tutti gli altri che continuano a farlo? È giusto affidarsi solo ai livelli anticorpali nel decidere di andare avanti con la vaccinazione di massa sia pur localizzata in un’area definita? In altre parole, sono i livelli di anticorpi anti-Chikungunya veri surrogati di protezione clinica e possono supplire all’assenza di studi diretti di detta protezione?

Un vaccino diverso per gli anziani

In questo, potranno portare un po’ di luce le richieste fatte alla Valneva dagli Organi Regolatori di proseguire nelle sperimentazioni cliniche? Le domande sono tante ma di certo, l’opportunità se non la necessità di mettere a punto un vaccino diverso da quello attuale per immunizzare gli anziani è da considerare. E nel frattempo che fare: il miglior possibile e ragionevole uso di antidolorifici ed antinfiammatori nei pazienti che ne hanno indicazione clinica nonché usare tutto l’armamentario di protezione fisica dalle punture della zanzara tigre!

Membro dell’American Academy of Microbiology. Autore del libro “Dialogo sui vaccini” (Altravista)

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