Retinite pigmentosa: si può rallentare la perdita della vista?

Ricevere una diagnosi di retinite pigmentosa può essere un momento destabilizzante, non solo per chi ne è affetto, ma anche per i familiari che assistono all’evoluzione della malattia. Ciò che rende la retinite pigmentosa particolarmente difficile da affrontare è l’assenza, ad oggi, di una cura definitiva. Ma questo non significa che non ci sia nulla da fare. La diagnosi precoce, il monitoraggio regolare con esami specifici e il supporto di centri specializzati permettono di accedere a terapie di supporto, soluzioni farmacologiche mirate per le complicanze e, in alcuni casi selezionati, a trattamenti innovativi come la terapia genica.

Nella rubrica di oggi, diamo voce alla richiesta di una lettrice che si interroga sul futuro del padre, chiedendo se esistano opzioni utili per rallentare il decorso o migliorare la qualità visiva. La risposta del professor Stanislao Rizzo, direttore della UOC di Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs e professore ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma, offre un quadro aggiornato e realistico, ma anche aperto alla speranza concreta che la scienza sta lentamente portando.

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Domanda. Buongiorno, mio padre soffre di retinite pigmentosa ha fatto tutti i controlli ed esami più il test del Dna. Ad oggi nessuno ha una cura o un possibile intervento per questo problema. Volevo avere qualche informazione in più e chiederle se ha qualcosa da consigliarmi per rallentare o migliorare la vista.

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Risposta. La retinite pigmentosa (RP) è una degenerazione lentamente progressiva e bilaterale della retina e dell’epitelio pigmentato retinico, causata da varie mutazioni genetiche. I primi sintomi possono comparire già in età giovanile e sono la difficoltà a vedere in ambienti poco illuminati (cecità notturna) e il restringimento graduale del campo visivo periferico. Con il tempo possono presentarsi anche alterazioni nella percezione dei colori, visione centrale sfocata o lampi luminosi. La progressione è tuttavia molto variabile da persona a persona, con differenze anche all’interno della stessa famiglia. Per la diagnosi, oltre alla valutazione dell’acuità visiva e all’esame del fundus oculi, si utilizzano test più specifici come la fluorangiografia, l’esame del campo visivo, la tomografia a coerenza ottica (OCT) e soprattutto l’elettroretinogramma (ERG), che misura l’attività elettrica dei fotorecettori, che nelle persone affette da RP risulta fortemente ridotto o assente.

Purtroppo, non esiste una cura definitiva per la retinite pigmentosa. Tuttavia, negli ultimi anni la ricerca ha fatto progressi importanti. Alcuni integratori, come la vitamina A (in dosi controllate, sotto sorveglianza epatica), la luteina e zeaxantina (antiossidanti) e gli acidi grassi omega-3 possono contribuire a rallentare la degenerazione retinica.

Nei pazienti che sviluppano edema maculare cistoide, si possono usare inibitori dell’anidrasi carbonica, come acetazolamide o dorzolamide, o corticosteroidi intravitreali per migliorare leggermente la vista.

Una delle novità più promettenti è tuttavia rappresentata dalla terapia genica. Un farmaco chiamato voretigene neparvovec-rzyl è oggi disponibile per alcuni pazienti con una specifica mutazione genetica (biallelica RPE65). Questo farmaco viene iniettato chirurgicamente sotto la retina e può restituire in alcuni casi una visione utile alla mobilità quotidiana, specialmente nei giovani con cellule retiniche ancora vitali.

Per i pazienti con visione gravemente compromessa, sono in fase avanzata di sperimentazione anche impianti retinici elettronici (come chip sottoretinici o epiretinici), che possono fornire una minima percezione visiva.

Infine, non bisogna trascurare il fondamentale ruolo della riabilitazione visiva, degli ausili elettronici, delle app con intelligenza artificiale e dell’assistenza psicologica. Anche in assenza di una cura definitiva, un supporto adeguato può fare la differenza nella qualità della vita.

Il consiglio più importante pertanto è quello di affidarsi a un centro specializzato in malattie retiniche ereditarie, dove un team multidisciplinare potrà guidare il paziente e la sua famiglia nel percorso più aggiornato e personalizzato possibile.

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