Scoperto agente che rende proteine da liquide a solide: aiuterà a capire Alzheimer e Parkinson
Capire come si formano gli aggregati di proteine potrebbe contribuire allo sviluppo di trattamenti contro le malattie dovute ad accumuli di proteine, come le condizioni neurodegenerative. A compiere un significativo passo in questa direzione uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati della Rutgers University-New Brunswick.
Capire perché le proteine si solidificano
Il team, guidato da Zheng Shi e Huan Wang, ha esaminato microscopiche masse di proteine presenti nelle cellule umane, per capire quali processi portino alla loro solidificazione. Alcune condizioni neurodegenerative, come la malattia di Alzheimer o il Parkinson, sono associate all’accumulo di proteine nel cervello, che assumono una consistenza simile al miele. Capire i processi che portano alla formazione di questi depositi potrebbe facilitare l’individuazione di trattamenti efficaci.
Il meccanismo del Parkinson
Nell’ambito dell’indagine, i ricercatori hanno identificato i fattori che innescano la transizione da liquido a solido. Nei pazienti affetti da Parkinson, le cellule cerebrali che producono dopamina, una sostanza chimica cerebrale cruciale per il controllo del movimento, muoiono. La malattia progredisce nel tempo, con un peggioramento dei sintomi dovuto alla perdita di ulteriori neuroni. L’alfa-sinucleina svolge un ruolo fondamentale nel morbo di Parkinson, poiché la proteina si ripiega in modo anomalo e si aggrega, formando forme patologiche chiamate corpi di Lewy, che sono tossici per i neuroni.
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Una scoperta che getta le basi per altri indagini
Grazie a una serie di strumenti di modellazione, gli autori hanno misurato le proprietà di questi aggregati. Gli scienziati hanno creato delle micropipette per misurare con precisione piccoli volumi di liquidi. La tecnica sfrutta l’effetto capillare, un fenomeno fisico in cui il liquido sale o scende spontaneamente in uno spazio ristretto, come un sottile tubo di vetro. Gli studiosi hanno inserito le micropipette nei condensati, perforandoli ed estraendo il materiale liquido o solido all’interno. Controllando la pressione e osservando come i condensati si deformano e fluiscono all’interno della micropipetta, i ricercatori hanno misurato proprietà importanti come la viscosità e la tensione superficiale. I risultati, commentano gli esperti, rappresentano la base per future indagini.
“L’obiettivo finale – concludono gli autori – è continuare a misurare e comprendere meglio le proprietà dei condensati nelle cellule viventi e le loro implicazioni per le malattie. Ciò apre nuove strade alla ricerca sulle fasi iniziali delle malattie neurodegenerative e sul loro trattamento”.
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