Testa e cuore in gara: il mental coaching aiuta i ragazzi a gestire le emozioni

“Quale sarà la mia soddisfazione? Non mi serve la prossima gara per essere soddisfatta di te, tu per me sei una soddisfazione ogni giorno”. Un biglietto della mamma nella tasca dell’accappatoio e il piccolo sportivo entra con meno ansia in piscina. Traccia di un percorso di mental coaching. Un approccio che è diventato sempre più popolare da quando grandi campioni come Marcell Jacobs, Jannik Sinner e Federica Brignone hanno cominciato a parlarne pubblicamente, raccontando che nello staff c’è una figura dedicata a questo supporto. Esperti in grado di aiutarli a migliorare le perfomance, perché alcune volte la testa può davvero fare la differenza.

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Come si doma l’avversario nella nostra mente

La respirazione consapevole prima di una corsa, il numero sempre uguale di rimbalzi prima di un servizio di tennis, la visualizzazione del circuito che il pilota sta per affrontare sono indizi di questo percorso, sempre personalizzato, che parte dalla mente per migliorare le prestazioni in campo. Forte della convinzione che possiamo sviluppare le nostre abilità e potenziare le nostre capacità, allenando il cervello. Domando l’avversario che è nella nostra mente, a volte più forte di quello che c’è dall’altra parte della rete.

Come? Gestendo le emozioni, mettendo a punto le motivazioni, lavorando sulla concentrazione. Un allenamento mentale che può indirizzare i ragazzi nell’affrontare performance sportive, scacciando stress e ansia eccessiva, facendo il meglio che possono in una partita o in una gara con la consapevolezza che vincere non è lo scopo della loro vita e che in campo si va prima di tutto per divertirsi. Quello che si impara può poi tornare utile, per esempio, per affrontare un’interrogazione a scuola.

“Ci sono ragazzi che si sentono sopraffatti anche in allenamento”, racconta Diego Ronzi, mental coach, preparatore atletico e atleta. Si parte da domande e dall’ascolto attivo, perché acquisiscano nuove consapevolezze e convinzioni; contemporaneamente si usano tecniche per fornire loro strumenti pratici. I temi più ricorrenti tra i ragazzi? “La scarsa fiducia in sé; l’ansia da prestazione; il confronto con gli altri. Anche la motivazione: molti la identificano con il risultato, la legano all’aver giocato più o meno bene e invece – aggiunge Ronzi – dovrebbero essere contenti per il fatto di esserci stati, di essersi impegnati e divertiti”.

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Dalla visualizzazione al dialogo interiore: le tecniche

Si arriva, per chi fa agonistica, alla messa a punto di routine cui ricorrere in allenamento, prima della gara, in alcuni sport anche durante. La gestione di una respirazione consapevole. La visualizzazione, che consiste nell’immaginare e vivere una sensazione (per esempio il tennista che immagina il servizio). Il dialogo interiore che sorvoli sui giudizi e sia positivo e centrato sul presente. L’ancoraggio, vale a dire abbinare attraverso la visualizzazione un gesto fisico a uno stato emotivo positivo fuori dalla gara.

C’è chi si tocca tre volte la testa prima di partire, chi si abbraccia le spalle, chi simula un saluto. Sembrano riti scaramantici, non lo sono. Sono tutte tecniche che, secondo una revisione pubblicata sulla rivista Sports Medicine, aiutano a ridurre l’ansia da prestazione e anche a migliorare la concentrazione.

“In un atleta che compete non si possono distinguere componente fisica e mentale. È un tutt’uno. Pensiamo alla fatica e al dolore negli sport di resistenza e combattimento”, dice Claudio Robazza, psicologo dello sport e professore di Metodi e didattiche delle attività motorie all’Università di Chieti-Pescara. “Mentre gli atleti hanno la competizione come primo obiettivo e, dunque, l’esprimersi al meglio in termini di prestazione, con i giovani si tratta di sviluppare le loro abilità potenziali”, aggiunge.

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Cosa (non) dire ai ragazzi prima di una gara

In questo percorso conta molto l’ambiente. Dunque, anche i genitori. Che non sempre usano le parole giuste con i figli. Che cosa non dire? “Vai in campo per vincere”. Bastano, in fondo, poche parole come “Divertiti!” prima della gara. E poi, quando è finita, chiedere: “Ti sei divertito?”. Semplicemente.

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