Tre notti con quattro ore di sonno e il cuore rischia di più, anche da giovani
Basta poco. Anche nei giovani, e non solo in chi è avanti con gli anni. Appena tre notti di sonno insufficiente, con quattro ore di riposo, possono cambiare in peggio alcuni parametri dell’infiammazione, rispetto a quanto rilevato dopo tre notti di sonno normale. Visto che le proteine in questione possono, se aumentate, essere associate a maggior rischio di malattie coronariche (e quindi infarto) e scompenso cardiaco, ecco che bisogna fare attenzione. E molta. Perché il classico weekend di fuoco, con un’alterazione del ritmo sonno-veglia anche per sole tre notti, può creare un piccolo sconquasso che, se ripetuto, non fa certo bene a cuore ed arterie. A segnalare questa situazione è una ricerca apparsa su Biomarker Research, coordinata da Jonathan Cedernaes, dell’Università di Uppsala.
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Studiate persone sane
L’analisi ha preso in esame 16 giovani uomini, sani e di peso normale. Tutti avevano normali abitudini del sonno, senza insonnia o disturbi di altro tipo. Lo studio si è realizzato in un centro specializzato in cui i pasti e i livelli di attività sono stati rigorosamente controllati in due sessioni. Nella prima, i partecipanti hanno dormito per un numero di ore normale per tre notti consecutive, mentre nell’altra sessione hanno dormito solo circa quattro ore a notte. Nelle due rilevazioni sono stati prelevati campioni di sangue al mattino e alla sera, e dopo un esercizio fisico ad alta intensità della durata di 30 minuti.
Analizzando i valori di quasi 90 proteine diverse ?nel sangue si è visto un incremento significativo di quelle associate ad aumento dell’infiammazione se e quando i partecipanti hanno dormito appunto solo quattro ore. In chi ha riposato normalmente, queste variazioni non sono state osservate. Per la cronaca, molte di queste proteine ??sono già state collegate a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari come insufficienza cardiaca e coronaropatia. Il dato, insomma, va oltre le rilevazioni già disponibili. “È importante sottolineare l’importanza del sonno per la salute cardiovascolare anche in età precoce – segnala in una nota Cedernaes”.

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Oltre i classici fattori di rischio
“Sicuramente penalizzare il ruolo di fisiologico tampone e “reset” del sonno comporta conseguenze molto nocive per tutto l’organismo ed in particolare per il sistema nervoso ed il sistema cardiocircolatorio – commenta Massimo Volpe, Presidente della Siprec (Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare) in occasione della V edizione della Giornata Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare del 13 maggio. Lo stato di attivazione del sistema simpatico che determina tachicardia, vasocostrizione e aumento del consumo di ossigeno cardiaco ha rappresentato classicamente il “link” tra privazione del sonno e rischio cardiovascolare, costituendo una componente non irrilevante del cosiddetto rischio residuo, cioè quello non spiegato dai fattori di rischio maggiori”. Ma attenzione: anche il nostro sistema immunitario, e con esso anche le risposte infiammatorie, hanno bisogno di recuperare e di non essere continuamente sollecitati. Per questo riposare bene è basilare. “Come ormai sappiamo, la componente immuno-infiammatoria partecipa allo sviluppo ed alle complicazioni acute della malattia aterosclerotica – conclude l’esperto. In questa ottica, i dati di questo studio che collegano riduzione del sonno, attivazione di biomarcatori infiammatori e fitness cardiovascolare appaiono di notevole interesse e meritevoli di ulteriori ricerche”.
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Quanto vale la prevenzione
Il parametro sonno, con la necessità di un riposo ottimale e senza restrizioni alla permanenza a letto, diventa quindi un altro, fondamentale indice per ridurre il rischio di infarto e ictus. A ricordare il valore di giocare d’anticipo sulle malattie sono i dati messi a disposizione dal Global Cardiovascular Risk Consortium, apparsi su New England Journal of Medicine. Secondo la ricerca i cinque principali fattori di rischio (ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, fumo e obesità) sarebbero responsabili di oltre il 50% degli eventi aterosclerotici. In uno studio su 2,1 milioni di individui in 133 coorti, la presenza di tutti e cinque i fattori nel corso della vita spiega un aumento di rischio del 24% nelle donne e del 38% nei maschi; al contrario, chi ne è privo guadagna circa 13,3 anni di vita in salute (donne) e 10,6 (uomini), con un picco di +14,5 e +11,8 anni di sopravvivenza legato al controllo di pressione e fumo tra i 55 e i 60 anni. Il tutto, mentre le malattie cardiovascolari provocano in Italia circa 140mila decessi l’anno, il 30,8% del totale: 33,4% nelle donne e 28,1% negli uomini. Le spese per la sanità legate a queste patologie hanno un impatto pesantissimo sul sistema sanitario e superano i 41 miliardi di euro ogni anno, rappresentando il 15% della spesa sanitaria.
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