Tumore al seno: con i test genomici – 57% di spesa pubblica e meno chemio inutili
Una chemioterapia evitata non è solo un risparmio economico. È una donna che può continuare a lavorare, una madre che può stare accanto ai figli, una persona che può vivere la malattia con meno paura e più dignità. I test genomici, oggi, non servono solo a scegliere se fare o no la chemio: servono a restituire alle pazienti tempo, qualità di vita e consapevolezza. È questo il valore che emerge dai dati preliminari del primo studio di costo della patologia sul carcinoma mammario, condotto da Altems (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di Roma), che analizza l’impatto dell’utilizzo del test Oncotype DX nelle pazienti con tumore al seno ormonoresponsivo in stadio iniziale. I risultati parlano chiaro: meno chemioterapie inutili, meno spesa per il Servizio Sanitario Nazionale, meno peso per le famiglie e i caregiver.
Ridurre i costi sì, ma soprattutto ridurre il carico emotivo e fisico della malattia. È una rivoluzione silenziosa, ma potentissima, che viene raccontata oggi a Roma durante il convegno nazionale “Next Perspectives, Dalla costellazione dei sistemi sanitari regionali ad un nuovo scenario di applicazione dei test genomici in Italia”. L’evento, che vede la partecipazione di oltre 100 specialisti ed è promosso, tra gli altri, anche da Foce (ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi), rappresenta un’occasione per riflettere su come portare i test genomici fuori dalle nicchie di eccellenza e renderli accessibili a tutte le donne che possono beneficiarne.
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Un risparmio del 57% per il Ssn
Nel corso dell’evento, sono stati presentati i dati preliminari del primo studio di costo della patologia sul carcinoma mammario, condotto da Altems sull’utilizzo del test Oncotype DX. Dati che evidenziano come l’utilizzo dei test genomici nel percorso di cura per le pazienti con carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce, oltre ad evitare un numero consistente di chemioterapie inutili, porti ad una significativa riduzione dei costi a carico del Sistema Sanitario Nazionale, ma anche di quelli a carico della società e dei caregiver.
Nello specifico, si è verificato come l’utilizzo del test genomico comporti una riduzione della spesa sanitaria e sociale da 2.106 a 906 euro (-57%), includendo tutti i livelli di rischio clinico (alto, intermedio, basso), ovvero 1.200 euro di risparmio per singolo paziente. Per quanto riguarda i costi totali si è verificato come l’utilizzo del test genomico comporti una riduzione della spesa sanitaria e sociale da 53.517.836 a 23.044.420 euro con un risparmio di 30.473.416 euro.
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Test genomici nei Lea
Dunque, l’evidenza è palese: cosa manca per far sì che le pazienti possano usufruire di questi vantaggi? “I test genomici per il tumore del seno entreranno al più presto nei Livelli Essenziali di Assistenza che sono in corso di aggiornamento”, risponde Francesco Cognetti, presidente di Foce e Responsabile Scientifico dell’evento di Roma. “Così potranno finalmente trovare una reale applicazione nella pratica clinica quotidiana e soprattutto diventare disponibili per tutte le pazienti che potranno trarne beneficio. Si segnalano, infatti, ancora difficoltà nell’accesso a esami che potrebbero essere utili a circa 13mila donne ogni anno in Italia. Nel 2024 però non a tutte le pazienti è stato effettivamente prescritto il test all’inizio del percorso di cura e una parte consistente di queste pazienti, in Europa, dichiarano di non essere state sufficientemente informate sull’esistenza ed utilità di questi test. Come dimostra lo studio presentato oggi il test Oncotype DX è uno strumento non solo clinicamente molto efficace ma anche economicamente sostenibile. Si tratta di un esame che deve essere considerato come parte integrante della gestione del carcinoma mammario in stadio precoce e che contribuisce ad una migliore allocazione delle risorse sanitarie. Consente di ridurre significativamente i costi complessivi associati al trattamento grazie ad una gestione più mirata delle risorse e alla diminuzione delle terapie non necessarie”.
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A quali pazienti può essere d’aiuto il test genomico
Ogni anno in tutto il mondo si registrano oltre 2,3 milioni di nuovi casi di tumore al seno mentre in Italia interessa complessivamente più di 900mila donne. I test genomici sono esami molecolari in grado di analizzare l’espressione di un gruppo di geni allo scopo di fornire un profilo più specifico del singolo tumore. “Ci consentono di identificare, con maggiore precisione, le donne che possono davvero beneficiare della chemioterapia da quelle invece che non avrebbero vantaggi clinici”, prosegue Cognetti. “Il tumore del seno è di gran lunga il più diffuso e frequente nel nostro Paese dove solo lo scorso anno ha fatto registrare oltre 53.600 nuovi casi. Di questi circa il 70% presenta recettori ormonali positivi (HR+) e recettori del fattore di crescita epidermico umano 2 negativi (HER2-). È un sottogruppo di neoplasie a loro volta molto eterogenee e con i test genomici otteniamo informazioni più precise su quali donne sono a rischio incerto. Solo per quelle ad alto rischio la chemioterapia, in aggiunta all’ormonoterapia, diventa inevitabile per prevenire il rischio di recidiva di cancro dopo un primo trattamento chirurgico”.
Perché è importante evitare chemioterapie inutili
Da tempo i clinici sottolineano quanto sia importante evitare anche alle giovani donne chemioterapie inutili. “Sono farmaci che possono avere numerosi effetti collaterali sgraditi con conseguenze sulla funzione ovarica e, quindi, sulla fertilità femminile che invece va preservata il più possibile”, afferma Fabio Puglisi, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Irccs Centro di Riferimento Oncologico di Aviano e professore ordinario presso l’Università di Udine. “È fondamentale, a seguito di una diagnosi di carcinoma mammario, valutare l’espressione dei recettori ormonali, insieme ad altri fattori biologici che possano guidare la scelta terapeutica. Oggi, grazie ai test genomici, disponiamo di uno strumento molto accurato per definire l’opportunità di ricevere o di omettere la chemioterapia”.
Test genomici utili anche prima dell’intervento chirurgico
A supportare la necessità di estendere l’uso dei test genomici è anche Riccardo Masetti, direttore Uoc Chirurgia Senologica Fondazione Policlinico A. Gemelli Irccs di Roma: “In una malattia molto complessa e variabile, come il cancro del seno, sono ormai evidenti e indiscutibili i vantaggi clinici dei test genomici. Uno degli ultimi studi scientifici condotti ha evidenziato come l’esame possa essere svolto prima dell’intervento chirurgico. In questo caso si riducono notevolmente i tempi di avvio della terapia adiuvante con conseguenti benefici psico-fisici per la donna. La genomica è quindi un’arma che dobbiamo maggiormente sfruttare nella gestione del carcinoma mammario e nella personalizzazione dei trattamenti”.
Il ruolo delle Breast Unit
Tutto ciò ribadisce per l’ennesima volta un principio fondamentale dell’oncologia moderna che è la gestione multidisciplinare del malato. “Questa può avvenire solo all’interno di Breast Unit che siano in grado di assicurare i protocolli previsti dalle linee guida approvate dalla Conferenza Stato Regioni nel 2014 – sottolinea Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia. Le Breast Unit sono Centri di Senologia altamente specializzati, in cui le pazienti sono seguite da un’équipe multidisciplinare composta da radiologo, anatomo-patologo, chirurgo senologo e oncoplastico, radioterapista, oncologo, tecnici di radiologia, infermiere di senologia e data manager. Da anni Europa Donna Italia è attivamente impegnata perché sull’intero territorio nazionale questi centri rispettino tutti i requisiti previsti e includano, tra gli altri servizi, anche i test genomici. In quest’ottica, è importante che i test genomici siano inseriti al più presto nei LEA, così da offrire a tutti i cittadini le stesse possibilità di eccellenza”.
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