Tumore alla prostata: arrivano nuove terapie e la diagnosi precoce
Berlino. Ogni giorno, migliaia di uomini devono affrontare una diagnosi di tumore alla prostata. Un verdetto che costringe a rivedere priorità, relazioni e scelte di vita. Il carcinoma della prostata non è solo una statistica – anche se parliamo di oltre 1,5 milioni di nuovi casi ogni anno nel mondo – ma un’esperienza che coinvolge corpi, menti, famiglie. E che, nonostante i progressi della medicina, continua a rappresentare una sfida clinica e umana di primo piano. Il tema è stato al centro di un incontro per la stampa organizzato da Bayer a Berlino in vista del congresso 2025 della European Society for Medical Oncology (Esmo), in programma dal 17 al 21 ottobre.
Dieta e fumo incidono sul rischio di sviluppare tumore alla prostata
Una malattia diffusa, ancora troppo sottovalutata
Il carcinoma della prostata è il secondo tumore più frequente negli uomini e la quinta causa di morte oncologica maschile a livello globale. Secondo le stime, nel solo 2022 circa 397.000 uomini sono morti a causa di questa patologia. E i numeri sono destinati a crescere: si prevede che i nuovi casi annuali passeranno da 1,4 milioni nel 2020 a quasi 3 milioni nel 2040. Questa tendenza evidenzia un’urgenza: migliorare diagnosi, trattamenti e qualità della vita dei pazienti in ogni fase della malattia.
Alla base l’importanza della condivisione del processo decisionale nel percorso oncologico: “Dal punto di vista del paziente – ha spiegato Erik Briers, presidente di Europa Uomo, la coalizione europea dei pazienti affetti dal tumore della prostata – il percorso nel carcinoma della prostata è molto personale e la capacità di prendere decisioni informate riguardo alle proprie cure è fondamentale. L’obiettivo di Europa Uomo è garantire che gli uomini si sentano responsabilizzati, ben informati e attivamente coinvolti in ogni fase della pianificazione del trattamento, abbracciando veramente il processo decisionale condiviso come fondamento di un’assistenza compassionevole”.
Terapie innovative: l’esempio di darolutamide
In questo contesto, la ricerca scientifica punta a soluzioni più efficaci, meglio tollerate e personalizzate. Darolutamide è un esempio concreto: un farmaco innovativo per il trattamento del carcinoma della prostata in diverse fasi, incluso quello metastatico ormonosensibile (mHSPC) e resistente alla castrazione non metastatico (nmCRPC). Diversi studi clinici hanno dimostrato risultati significativi.
In particolare, nello studio “Arasens” la “tripletta” con darolutamide, Adt (terapia di deprivazione androgenica), docetaxel è stata dimostrata una riduzione del rischio di morte del 32% nei pazienti mHSPC, mentre nello studio “Aranote” la “doppietta” con darolutamide e Adt ha mostrato una riduzione del 46% del rischio di progressione della malattia o morte nei pazienti mHSPC. Il tutto con una tollerabilità paragonabile al placebo e un impatto positivo sulla qualità della vita.
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Scelte terapeutiche che si adattano al paziente
Uno degli aspetti più rilevanti di darolutamide è la possibilità di adattare il trattamento alle condizioni e preferenze individuali: con o senza chemioterapia, a seconda delle necessità cliniche. Inoltre, grazie alla sua struttura chimica, il farmaco presenta un basso rischio di effetti collaterali neurologici, un vantaggio importante soprattutto nei trattamenti di lungo periodo. Le evidenze del mondo reale, come confermato dallo studio “Dear”, supportano ulteriormente la sua efficacia e la sua buona tollerabilità nella pratica clinica quotidiana.
“Da oncologi, l’obiettivo è ottimizzare i risultati per i pazienti attraverso la cura basata sulle evidenze”, dichiara Pedro Barata, MD, Director, Clinical Genitourinary Medical Oncology Research Program, UH Seidman Cancer Center. “Darolutamide ha un ruolo definito nella gestione del tumore della prostata nei vari stadi di malattia, con un profilo differenziato che consente di semplificarne la gestione, con effetti positivi sulla vita dei pazienti”.
Non solo farmaci: il ruolo chiave dell’imaging
Innovazione significa anche diagnosi più accurate e meno invasive. La risonanza magnetica (MRI) della prostata sta diventando uno strumento sempre più centrale nella diagnosi precoce, con un utilizzo in aumento e risultati promettenti. Lo studio “Prokomb”, supportato da Bayer, ha mostrato che l’uso della MRI prima della biopsia può aiutare a evitare esami inutili e individuare i tumori clinicamente rilevanti in modo più mirato. Questo approccio potrebbe segnare un cambiamento importante nella gestione iniziale della malattia, con benefici tangibili per i pazienti. “I risultati dello studio – ha spiegato Bernd Hamm, MD, Department of Radiology, Medical Director Luisen MRT, Charité Berlin – supportano un cambio di paradigma: nel caso in cui si sospetti un tumore della prostata, la MRI può costituire il primo step. Se la MRI mostra anomalie, può essere effettuata la biopsia. Se la MRI è normale, la biopsia non è necessaria, e il paziente può evitare una procedura invasiva e potenzialmente dannosa”.
I ricercatori stanno lavorando anche ad un nuovo mezzo di contrasto a basso dosaggio di gadolinio per l’imaging di risonanza magnetica, il gadoquatrane. Le autorità sanitarie in Giappone, Stati Uniti, Unione Europea, Cina e altri Paesi stanno attualmente valutando le richieste di immissione in commercio di gadoquatrane. Un basso dosaggio di gadolinio può essere favorevole, soprattutto per i pazienti con malattie croniche come il cancro che devono sottoporsi a numerosi esami di risonanza magnetica nel corso della loro vita.
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Terapie radioattive mirate e la medicina di precisione
Oltre alle terapie ormonali, la ricerca sta lavorando su soluzioni ancora più mirate. Il radio-223 dicloruro è l’unica terapia alfa attualmente approvata che migliora la sopravvivenza nei pazienti con metastasi ossee da carcinoma prostatico resistente alla castrazione. I nuovi studi clinici in corso – tra cui “Peace 3”, “DoRa” e “Radiant” – puntano ad ampliare ulteriormente l’utilizzo di questa strategia terapeutica. La ricerca non si ferma. Bayer è impegnata anche nello sviluppo di un nuovo mezzo di contrasto a basso dosaggio di gadolinio, pensato per pazienti che devono sottoporsi a numerose MRI nel corso della loro vita. Un’ulteriore dimostrazione di come ogni dettaglio, anche apparentemente tecnico, possa fare la differenza nella vita di chi affronta una malattia oncologica.
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