Zona zero, che cos’è la quasi inattività fisica che migliora la forma
Dalle faccende domestiche alle scale di casa, basta davvero poco – sia in termini di quantità che di intensità – per migliorare la propria forma fisica e la qualità della vita. La filosofia “zona zero” ritorna in auge e promette insospettabili benefici. “La zona zero è uno stato appena al di sopra dell’inattività totale, in cui il cuore non supera mai il 50% della sua frequenza massima”, spiega Simona Cerulli, fisiatra UOC traumatologia dello Sport e Chirurgia Articolare alla Fondazione Policlinico Gemelli di Roma. È essenzialmente la zona in cui si trascorre la maggior parte della propria vita semi-attiva: camminando lentamente, facendo un po’ di ordine o persino lavorando a una scrivania in piedi. Non dovrebbe sembrare affatto un esercizio fisico, ma potrebbe aiutare a vivere più a lungo, correre più velocemente o sentirsi meglio.
Attività a bassa intensità
La “zona zero” è dunque un modo accessibile per aumentare l’attività fisica quotidiana senza la necessità di allenamenti formali o attrezzature speciali. “E’ un tipo di lavoro che non richiede una grossa fatica, impegno o carichi – spiega Cerulli – non richiede neanche di trovare uno spazio-tempo impegnativo. L’allenamento a bassa intensità – continua – ci permette di stimolare la formazione di fibre a più alta resistenza”. Ma per capire perché questo tipo di attività è così utile, è importante sapere come il corpo produce energia. Dopo aver mangiato, i carboidrati si scompongono in glucosio, che viene immagazzinato nel fegato e nei muscoli come glicogeno. Quando ci si muove, i muscoli utilizzano questo glucosio come carburante. Uno studio del 2022 pubblicato sulla rivista Sports Medicine ha dimostrato che anche una camminata leggera dopo i pasti può “attenuare significativamente” i livelli di glucosio nel sangue rispetto al restare seduti. Questo riduce il rischio di insulino-resistenza e diabete di tipo 2.
Portare fuori il cane a digiuno
Il glucosio viene rilasciato anche in situazioni di stress. Gestire questo processo è uno dei motivi per cui camminare è associato a una riduzione dello stress, a un miglioramento dell’umore e a un senso generale di felicità. Un altro fattore chiave è che l’esercizio a bassa intensità utilizza una percentuale maggiore di grassi come carburante rispetto a quello ad alta intensità, che si affida al glucosio. Di conseguenza, camminare a lungo o a digiuno, per esempio portando fuori il cane prima di colazione, attinge alle riserve di grasso del corpo. Se l’obiettivo è la perdita di peso, il numero totale di calorie bruciate è importante, e l’allenamento ad alta intensità può essere più rapido. Tuttavia, se questo tipo di sforzo risulta sgradevole o provoca infortuni, potrebbe fare più male che bene.
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Per molte persone dunque la “zona zero” è il ponte tra una vita sedentaria e una sostenibile: riduce lo stress, favorisce la lucidità mentale, migliora la circolazione e la digestione, ed è un modo più piacevole e flessibile per mantenere la costanza nel tempo. In termini di longevità, un po’ di movimento quotidiano gioca un ruolo cruciale. Una revisione di studi pubblicata sulla rivista The Lancet nel 2022 ha rilevato che fare più passi al giorno, a qualsiasi velocità, è associato a un rischio progressivamente più basso di mortalità per tutte le cause, fino a un certo limite che varia a seconda dell’età. Un altro studio dell’American Cancer Society ha trovato che qualsiasi quantità di camminata, anche a un ritmo moderato e inferiore alle linee guida raccomandate, riduce il rischio di mortalità. La costanza, in questo caso, è fondamentale.
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Anche chi si allena regolarmente cinque o sei giorni a settimana può trarre enormi benefici dall’aggiungere movimento a bassa intensità. I dati sulle maratone mostrano che i corridori più veloci tendono a passare una quantità enorme di tempo in zone a bassa intensità rispetto ai loro colleghi più lenti. La teoria principale è che gli atleti d’élite si allenano molto di più in generale, e per evitare il burnout, una parte significativa del loro allenamento deve essere a bassa intensità. A livello molecolare, l’allenamento a bassissima intensità può innescare adattamenti specifici, come la rimodellazione della struttura cardiaca o lo sviluppo di fibre muscolari a contrazione lenta, più adatte alla resistenza.
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“Ci sono studi che hanno confrontato persone che si allenano e fanno 2mila passi al giorno con persone che si allenano allo stesso modo e ne fanno 5mila-7mila: il secondo gruppo ottiene adattamenti migliori”, spiega al The Guardian Brady Holmer, scienziato americano esperto di esercizio. “Spesso pensiamo che la cosa migliore sia fare l’allenamento e poi stare sul divano tutto il giorno, ma non è così. L’allenamento ad alta intensità è necessario per migliorare i tempi, ma l’allenamento in zona zero ha un ruolo di supporto”, aggiunge. Inoltre, il recupero attivo, anche se minimo, è noto per alleviare il dolore muscolare post-allenamento, migliorando il flusso sanguigno e l’apporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti danneggiati.
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“Tuttavia, seppure questa attività a bassa intensità sia benefica sotto molteplici punti di vista, sicuramente non può essere sostitutiva”, precisa Cerulli. “Anche un’attività minima prevede che poi si cresca per zona se si vuole migliorare un po’ l’effetto allenante”, aggiunge. Dalla “zona zero” si può facilmente passare alla “zona uno”, dove la frequenza cardiaca non supera il 60%. Si tratta di un tipo di attività appena impegnativa, utile per costruire le basi per sforzi più intensi. Con la “zona due” si continua con un ritmo rilassato ma si alza l’asticella della frequenza cardiaca, che non deve comunque superare il 70%. E’ un tipo di attività impegnativa, ma si può ancora parlare senza affanno. Qui si costruisce la resistenza.
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Passaggio di zona fino al tre
Con la “zona tre” lo sforzo è moderato: il ritmo al limite della sopportazione per uno sforzo prolungato. Utile, ma molti coach oggi preferiscono un mix di allenamento lento e intenso. La “zona quattro” è fatica intensa con frequenza cardiaca massima al di sotto del 90%. E’ un allenamento difficile, a intervalli o di soglia. Aumenta la capacità del corpo di gestire l’accumulo di acido lattico. Non si può sostenere a lungo. Con la “zona cinque” lo sforzo massimo: si raggiunge quando si sta dando il tutto per tutto. Il passaggio da “zona zero” a “zona cinque” è ampio e per gli esperti non necessario. Va bene anche tenersi bassi. Poco è meglio di nulla.
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