Alessandro Borghi: “Il mio western da buttero sullo sfondo della Storia”
Testa o croce?, diretto da Matteo Zoppis e Alessio Rigo de Righi, arriva nelle sale italiane il 2 ottobre distribuito da 01. Dopo l’esperienza di Re Granchio, i due registi confermano il loro sguardo fuori dagli schemi scegliendo di misurarsi con un genere che appartiene alla tradizione americana ma che qui si radica nel paesaggio italiano, strizzando l’occhio allo spaghetti western migliore.
Il film rilegge il mito dell’Ovest americano attraverso gli occhi di un’Italia rurale e ancora segnata dal passaggio all’età moderna. I butteri si confrontano con l’arrivo di Buffalo Bill e del suo Wild West Show, simbolo di uno spettacolo che trasforma i fatti in leggenda, la realtà in racconto manipolato. Santino, in questo gioco di specchi, diventa un personaggio sospeso: può essere visto come eroe o come fuorilegge, vittima o idolo popolare. “Non possiede una vera libertà – ci aveva spiegato Alessandro Borghi, che abbiamo intervistato a Cannes – dipende sempre da come viene raccontato. E questa è la parte più affascinante del film: mostra come la storia si deforma nel momento stesso in cui viene narrata”.
Alessandro Borghi: “Altro che Clint Eastwood, il mio cowboy è un perfetto stupido”
Il percorso di Santino passa anche dal rapporto con Rosa (Nadia Tereszkiewicz), altrettanto protagonista – e molto femminista – della storia. E’ una giovane donna che prova a emanciparsi da un contesto dominato dagli uomini. Il loro è un rapporto fragile, costruito dai registi guardando a riferimenti alti a film indimenticabili. «Abbiamo pensato a Follia d’amore con Kim Basinger e Sam Shepard – ricorda Borghi – e a Bonnie e Clyde. È da lì che è nata la relazione tra Santino e Rosa, una coppia che non corrisponde al modello del western classico, ma che mette al centro la vulnerabilità”.
Sul set Borghi si è calato completamente nel mondo dei butteri: “Non salivo su un cavallo da quindici anni, ma mi sono buttato. Mi piace rischiare. Avrei fatto ancora di più, ma avevano paura che potessi farmi male. È stato un viaggio bellissimo, in un film raro che unisce polvere, cavalli e rodei a un linguaggio cinematografico originale e contemporaneo”.
Il ritorno di Borghi in un ruolo così fisico e insieme fragile segna una nuova tappa di una carriera già segnata da personaggi forti e diversissimi: da Stefano Cucchi in Sulla mia pelle alla creatura solitaria di Le otto montagne. “Con Zoppis e Rigo de Righi avevo già trovato una visione che appartiene a qualcosa di antico e quindi di nuovo. Quando mi hanno parlato di questo film, non ero ancora padre. Nel frattempo è cambiato tutto: oggi la paternità mi ha dato nuove priorità e in Santino ho riversato anche questa mia fase di vita”.
La nostalgia e la perdita attraversano il film come sotterraneo filo conduttore. “Negli ultimi anni ho perso persone che amavo molto. – ha raccontato Borghi – Non ero pronto, non l’ho ancora elaborato del tutto. Ogni volta che sento qualcuno parlare bene di loro, mi fa felice. Forse anche per questo ho sentito che Santino, con tutta la sua goffaggine, era il personaggio giusto da attraversare adesso”.
Condividi questo contenuto: