Benedetta Tobagi: “Anni ‘70, non solo piombo. Il decennio che ha cambiato l’Italia rivive a teatro”
Ha ragione Benedetta Tobagi, quando lamenta che sugli anni Settanta si ascoltano spesso cose fuori posto, “anche un sacco di boiate”, dice . “Se ne parla solo come gli Anni di Piombo, le bombe, le Br. E’ stato invece un decennio fecondo per la storia del nostro paese, di conquiste civili, di diritti, di riforme che hanno cambiato la società italiana. Ma quei fatti, quello slancio rischiano di rimanere sepolti. A noi stava a cuore passare, soprattutto alle nuove generazioni che – lo vedo lavorando con gli insegnati, sono molto curiose di quel decennio – gli aspetti più propositivi, vitali, che possano magari diventare fonte di ispirazione per nuove forme di impegno. Senza nascondere i contrasti, le complessità ne abbiamo fatto un racconto più ampio, e con il linguaggio del teatro”.
Lo spettacolo è Anni Settanta: terrore e diritti, un dialogo a tre tra Benedetta Tobagi, scrittrice, saggista, studiosa di quel periodo su cui ha scritto nel ‘23 il libro Segreti e lacune, Mario Calabresi, giornalista e scrittore, direttore di Chora Media dove è nato il progetto, Sara Poma, podcaster. Tutti e tre ragazzi dei Settanta, (Benedetta del ‘77, Calabresi del ‘70 e Poma del 76), in scena danno vita a una macchina del tempo, a cui partecipa come ospite Marco Damilano con una testimonianza sul caso Moro: si intersecano il punk e le 150 ore, il divorzio e lo statuto dei lavoratori, il femminismo, l’effetto emozionale alla Storia per ridisegnare la fisionomia di un decennio, nel bene e nel male, fondamentale per il Paese e per capire, magari, qualcosa più del domani.
Realizzato con un costante e paziente lavoro di ricucitura di archivi personali, giornali, libri, video, foto, fatti e memorie, mode e canzoni, lo spettacolo girerà l’Italia, a partire da Torino il 26 già sold out alle Ogr, e poi il 7 ottobre a Roma all’Olimpico, il 14 a Firenze, il 13 novembre a Bologna, il 17 a Napoli, il 24 e 25 a Brescia, il 26 a Verona, il 1 dicembre a Genova, il 4 al Lirico di Milano, il 5 a Parma il 10 a Reggio Emilia. “Ci interessava dare un quadro d’insieme di quel decennio-spiega Benedetta Tobagi – che tenesse insieme la dimensione politica, quella vitale dei diritti, dei movimenti, della partecipazione democratica, e non solo quella dei terrorismi. In quel decennio sono state sdoganate un sacco di cose e realizzate conquiste sociali importanti, compreso un modo di fare politica, con quella idea di attivismo, di partecipazione, che ha portato a vincere tante battaglie. Tutti temi che ci sembrava giusto rievocare”.
C’entrano in questo le storie personali. Gli anni Settanta si aprono idealmente con la morte di Luigi Calabresi, il padre di Mario, nel ‘72 per mano di Lotta Continua e si chiudono nell’80 con l’uccisione di Walter Tobagi, il padre di Benedetta, giornalista del Corriere della sera, per opera della Brigata XXVIII marzo. “Ne parleremo, sia Mario che io, anche in questa occasione – racconta – Io ho scelto una chiave che fosse molto fedele a chi era mio papà. Lo dico a un certo nello spettacolo: gli anni 70 sono per me la vita di mio padre, non la sua morte. E con molta emozione, anche bella, cerco di trasmettere chi era Walter Tobagi, un giornalista, un sindacalista, uno che credeva che dai problemi, dai traumi se ne esce tutti insieme. Certo, raccontarlo in scena è emotivamente un grande carico, ma la cosa bella è che in teatro, essere lì tutt’uno col pubblico, ti dà un gran ritorno di energia”.
Alla veste teatrale di Anni Settanta: terrore e diritti ci ha pensato il regista Bruno Fornasari: la sua idea è stata di ricreare una stanza che è a metà tra la postazione di un ricercatore e una piccola redazione, dove i tre protagonisti discutono, parlano tra loro e col pubblico, si palleggiano i pensieri mentre sullo sfondo passano immagini e video. “Un ‘dispositivo scenico brechtiano, che funziona perché noi non siamo attori e non pretendiamo di esserlo. Siamo in scena per come siamo, per come lavoriamo: con grande naturalezza e addirittura con le stesse interazioni divertenti di quando ci siamo trovati a scrivere e a pensare questo progetto… D’altra parte il lavoro di scrittura è stato intensivo, e ognuno di noi tre ha portato il proprio bagaglio: Mario ha una valanga di storie , Sara i suoi podcast, io i miei studi. Siamo dovuti arrivare a una sintesi, per equilibrare i momenti drammatici e gli alleggerimenti, per sciogliere le complessità politiche, per scegliere i brani musicali … Ma il teatro io lo amo, non solo perché ti obbliga a tutto questo lavoro di sintesi, ma perché essere insieme ogni sera ha un legame bellissimo proprio con questa dimensione collettiva degli anni Settanta. Ed è una sensazione veramente potente” .
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